Navigation Settings

Manuscript Annotations:
interlinear {...}
inline {{...}}
attached +{...}
footnote #{...}
unattached {...}
Editorial Annotations:

Correction Normalization

[4386,1]  §. 203. ed ult. Ma perciò che i Fiorentini di padre in figlio continuarono a ingoiare vocali o rincalzarle raddoppiando consonanti, l'Accademia ideò che quel vezzo fosse nato a un parto co' loro vocaboli. (Avvertim. della Lingua, vol. 2. p. 129 - 160. ed. Mil. de' Classici. * Nota.) Pur è sempre accidente più tardo; anzi comune ed inevitabile a ogni lingua parlata: e tutti i popoli con l'andare degli anni per affrettare e battere la pronunzia scemano modulazioni, perchè sono molli e più lunghe; e le articolazioni riescono vibrate insieme e spedite. De' Greci è detto; e più numero tuttavia di vocali scrivono gli Inglesi, e pare che parlino quasi non avessero che alfabeto di consonanti: ma chi ne' loro poeti antichi leggesse all'uso moderno, non troverebbe versi nè rime. Nè credo che altri possa additare poesia di gente veruna ove i fondatori della lingua scritta non si siano dilettati di melodia; e che non vi dominassero le vocali; e che poi non si diminuissero digradando. Anche nella prosodia latina, che era meno primitiva e tolta di pianta da' Greci, e in idioma più forte di consonanti finali, regge l'osservazione; ed anche nelle reliquie di Ennio pochissime, pur le battute de' ventiquattro tempi dell'esametro  4387 su le vocali per via d'iato sono moltissime; e spesse in Lucilio; e parecchie in Lucrezio; non rare in Catullo; non più di sette, che io me ne ricordi, in Virgilio; e una sola in Orazio, nè forse una in Ovidio. Or quante, se pur taluna è da trovarne in Lucano e gli altri tutti congegnatori intemperanti di consonanze, fino allo strepitosissimo Claudiano? Ben diresti che la divina commedia sia stata verseggiata studiosamente a vocali. Ma che le modulazioni non prevalessero alle articolazioni de' versi, avveniva più presto in Italia che altrove; perchè il Petrarca aveva temprato l'orecchio alla prosodia Provenzale sonora di finali tronche più che la Siciliana che a Dante veniva fluida di melodia. La lingua nondimeno per que' suoi fondatori fu scritta, nè mai parlata; e quindi i libri non avendo compiaciuto alle successive pronunzie, gli organi della voce hanno da stare obbedientissimi all'occhio. Il danno della parola dissonante dalla scrittura nelle lingue popolari e letterarie ad un tempo * (cioè la francese l'inglese ec.), è minore della sciagura che toccò alla Italiana, destinata anzi all'arte degli scrittori, che alla mente della nazione * (vuol dire, scritta e non parlata, nè scritta pel popolo). A questo i tempi, quando mai la facciano parlata da un popolo, provvederanno. Per ora il potersi scrivere così che ogni segno alfabetico sia elemento essenziale del senso e del suono in ogni vocabolo, rimane pur quasi vantaggio su le altre sino da' giorni di Dante. Onde mi proverò di rapprossimarla alla prosodia di tutte le poesie primitive, e alla ortografia che dove le lingue vivono scritte, ma non parlate,  4388 si rimane letteraria, permanente nelle apparenze, e svincolata de' suoni accidentali e mutabili d'età in età nelle lingue popolari * (francese inglese ec.), e ne' dialetti municipali. Forse così la lezione della divina commedia, perdendo i vezzi di Fiorentina ritornerà schietta e Italiana. * Fine del Discorso. (Firenze. Domenica. 21. Sett. 1828.). {{V. p. 4487.}}