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§. 202. Queste loro squisitezze erano favorite dalla dottrina, che la lingua
letteraria d'Italia fioriva tutta quanta nella
loro città. Lasciamo che ove fosse vera s'oppone di tanto alle dottrine
di Dante, che non sarebbe mai da
applicarla ad alcuna delle opere sue. Ma avrebb'essa potuto applicarsi
se non da critici ch'avessero udito recitare i versi di Dante a' suoi giorni. L'occhio
umano, paziente, fedelissimo organo, è agente più libero e più
intelligente degli altri, perchè vive più aderente alla memoria; ma non
per tanto non può fare che passino cent'anni e che le penne tutte quante
non si divezzino dalle forme correnti dell'alfabeto. Così ogni età n'usa
di distinte e sue proprie; onde per chiunque ne faccia pratica bastano
ad accertarlo del secolo d'ogni scrittura. Ma sono divarj permanenti
nelle carte; arrivano a' posteri; e si lasciano raffrontare dall'occhio.
Non così l'orecchio; capricciosissimo, perchè raccoglie involontario,
istantaneo e di necessità tutti i suoni; e gli organi della voce gli
sono connessi, cooperanti passivi, e meccanici imitatori; e però niun
uomo cresce muto se non perchè nasce sordissimo. Di quanto dunque più
preste e più varie e più impercettibili che la scrittura non saranno le
alterazioni della pronunzia? Ma si rimutano senza che mai lascino, non
pure le forme delineate, come ne' vocaboli scritti, ma nè una lontana
reminiscenza. Or chi mai fra' posteri potrà rintracciarle se non con
l'orecchio? e dove le troverà egli?
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Ridomandandole all'aria, che se le porta? o al tempo che torna a
ingombrare l'orecchio di nuovi suoni? Allagheri, com'ei scrivevalo, e poscia Aligieri, Alleghieri, Allighieri, era lungo o breve nella penultima?
or è Alighieri; ma in
Verona s'è fatto sdrucciolo, Aligeri. Certo se gli arcavoli risuscitassero
in qualunque città penerebbero ad intendere i loro
nepoti.
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