[439,2] Queste credenze ingenite, primitive e naturali, non
sono altro se non quello che si chiama istinto, idee innate ec. Gli animali ne
hanno: non si contrasta: ma non perciò non son liberi: se non fossero liberi
sarebbono macchine pure: l'istinto non è altro che quello che ho detto, cioè
credenze ingenite. Queste non tolgono la libertà, perchè non fanno altro che
determinare la volontà, e non già
forzare macchinalmente gli organi: nello stesso modo
440
che una credenza qualunque, o ingenita o acquistata, non toglie la libertà o la
scelta all'uomo. Che il ragionamento necessario per iscegliere sia determinato
da principii naturali ed innati, o da principii acquistati colla cognizione, da
principii veri, o da principii falsi ma creduti naturalmente veri; questo è
indifferente alla libertà, com'è indifferente alla felicità {relativa che ne dipende,} il vero o il falso assoluto. E il
ragionamento della scelta, è ragionamento nello stessissimo modo, da qualunque
principio parta. Sicchè i bruti hanno istinto e insieme libertà piena. L'uomo
dunque che aveva libertà piena, aveva ancora ed ha tuttavia istinto. Considerate
l'uomo naturale, il fanciullo ec. e vedrete quante sieno le sue azioni
determinate da principii ingeniti, sieno principii di sola credenza, sieno anche
di vera cognizione delle cose come sono. P. e. il bambino, applicategli le
labbra alla mammella, ne succhia il latte senza maestro. Ma è cosa già
osservata, e quanto naturale ad accadere, tanto perciò appunto difficile ad
esser notata dai più, e tuttavia degnissima d'esser sempre meglio osservata, che
la forza dell'istinto, scema in proporzione che crescono le altre forze
determinatrici dell'uomo, cioè la ragione e la cognizione; e così
441 in proporzione che l'uomo si allontana dalla natura,
per la società, l'alterazione o sostituzione di altri mezzi {a quelli} che la natura ci aveva dato per gli stessi fini ec. ec. E
come l'uomo perde la felicità naturale, così pure, anzi precedentemente, perde
la forza attuale dell'istinto, e dei
mezzi ingeniti di ottener questa felicità. Perciò è un vero acciecamento il dire
che il bruto ha dalla natura tutta quella istruzione che gli bisogna per
esistere: l'uomo no: e dedurne ch'egli dunque ha bisogno di ammaestramento, di
società ec. insomma ch'egli esce imperfetto dalle mani della natura, e conviene
che si perfezioni da se. Anche l'uomo aveva naturalmente tutto il necessario; se
ora non sente più d'averlo, viene che l'ha perduto; ha perduto la perfezione
volendosi perfezionare, e quindi alterandosi e guastandosi. Osserviamo l'uomo
primitivo, il bambino, e proporzionatamente l'ignorante, e vedremo quanto essi
{o}
sappiano di quello che noi abbiamo scoperto; o credano di quello che noi non crediamo più, ma dovevamo
credere, e avrebbe servito ai nostri bisogni veramente, ed era l'istrumento che ci conveniva, e che
442 la natura ci avea posto in mano; e sebben falso in
assoluto, era vero in relativo, e pienamente sufficiente al suo fine, cioè
insomma, alla nostra esistenza perfetta secondo la nostra particolare essenza, e
quindi alla nostra felicità.