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Memorie della mia vita. - Andato a
Roma, la necessità di conviver cogli uomini, di
versarmi al di fuori, di agire, di vivere esternamente, mi rese stupido, inetto,
morto internamente. Divenni affatto privo e incapace di azione e di vita
interna, senza perciò divenir più atto all'esterna. Io era allora incapace di
conciliar l'una vita coll'altra; tanto incapace, che io giudicava questa
riunione impossibile, e mi credeva che gli altri uomini, i quali io vedeva atti
a vivere esternamente, non provassero più vita interna di quella ch'io provava
allora, e che i più non l'avessero mai conosciuta. La sola esperienza propria ha
potuto poi disingannarmi su questo articolo. Ma quello stato fu forse il più
penoso e il più mortificante che io abbia passato nella mia vita; perch'io,
divenuto così inetto all'interno {come} all'esterno,
perdetti quasi affatto ogni opinione di me medesimo, ed ogni speranza di
riuscita nel mondo e di far frutto alcuno nella mia vita. (1. Dic.
1828.).