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[466,2]  È cosa notata e famosa presso gli antichi (non credo però gli antichissimi, ma più secoli dopo Senofonte) che Senofonte non premise nessun preambolo alla Κύρου ἀναβάσει, sebbene dal secondo libro in poi, premetta libro per libro, il Laerzio dice un proemio, ma veramente un epilogo o riassunto brevissimo delle cose dette prima. V. il Laerz. in Xenoph. Luciano, de scribenda histor. ec. E Luciano dice che molti per imitarlo non ponevano alcun proemio alle loro istorie. Ed aggiunge: {οὐκ εἰδότες ὡς} δυνάμει * (potentiâ) τινὰ προοίμιά ἐστι λεληϑότα τοὺς πολλούς * . Io qui non vedo maraviglia nessuna. Esaminate bene quell'opera: non è una storia, ma un Diario o Giornale {(si può dire, e per la massima parte militare)} di quella Spedizione. Infatti procede giorno per giorno, segnando le marce, contando le parasanghe ec. ec. infatti l'opera si chiude con una lista effettiva {o somma} dei giorni, spazi percorsi, nazioni ec. lista indipendente dal resto, per la sintassi. E di queste enumerazioni ne  467 sono sparse per tutta l'opera. Non doveva dunque avere un proemio, non essendo propriamente in forma d'opera, ma di Commentario o Memoriale, ossiano ricordi, e materiali. Chi si vuol far maraviglia di Senofonte, perchè non se la fa di Cesare? Il quale comincia i suoi Commentari de bello G.[Gallico] e C.[Civili] ex abrupto, appunto come Senofonte. E questo perchè non erano Storia ma commentari. Nè pone alcun preambolo a nessuno de' libri in cui sono divisi. Così Irzio. Eccetto {una specie di} avvertimento indirizzato a Balbo e premesso al lib. 8. de b. G. (il quale era necessario non per l'opera in se, ma per la circostanza, ch'egli n'era il continuatore) nè quel libro, nè quello de b. Alexandrino, nè quello de b. Africano, nè quello d'autore incerto de b. Hispaniensi non hanno alcun preambolo, ed entrano subito in materia.