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[641,1]  Ogni volta che qualunque disciplina o cognizione, o speculazione umana, ma specialmente la filosofia, e la metafisica che considera i principii e gli elementi delle cose, i quali poco o nulla cadono nel sermone e nell'uso comune, {le intimità, i secreti, le parti delle cose rimote e segregate dai sensi e dal pensiero dei più;} ogni volta, dico, che questa ha ricevuto qualche incremento, o preso qualche nuovo sentiero, o cercata o trovata qualche novità, è stata necessaria, ed effettivamente adoperata la novità delle parole in qualunque lingua. Lascio la latina che prima di Lucrezio e Cic. era affatto impotente nelle materie filosofiche, e che tuttavolta aveva, come abbiamo noi nella francese, il sussidio e la miniera di una lingua sorella, ricchissima in questo genere, come negli altri. La novità della filosofia di Platone, domandava la novità delle parole in quella medesima  642 lingua greca, si[sì] ricca per ogni capo, e segnatamente nelle materie filosofiche tanto familiari alla grecia da lunghissimo tempo. E Platone inventava nuove parole; e tali, che in quella stessa lingua, così pieghevole, e trattabile; così non solamente ricca, ma feconda; così avvezza alle novità delle parole; così facile così suscettibile così spontaneamente adattabile alla formazione di nuove voci, riuscivano strane, assurde e ridicole ai volgari, al comune, alla gente che considera l'effetto, cioè la novità della voce, e non pesa la cagione, cioè la novità delle cose, e delle speculazioni. Come τραπεζότης che noi possiamo dire mensalità, e κυαθότης calicità. (non c'è di meglio per esprimere in italiano questa parola: così mi sono accertato.) V. il Laerz. (in Diog. {Cyn.} l. 6. segm. 53.) e il Menag. se ha nulla, e potrai anche riportare quel fatto che il Laerz. riferisce in proposito. {Tanto le astrazioni ec. sono lontane dall'uso comune.} E queste e altre tali parole le formava Platone, certo non più lodato per la sapienza di quello che fosse per la {purità ed} eleganza della favella Attica, e dello stile, e per tutti i pregi della eloquenza,  643 {della elocuzione,} e del bello scrivere e dire. (10. Feb. 1821.).