[764,1] E infatti che differenza troveremo fra la lingua
italiana viva, e le morte, ammesso questo pazzo principio? Che libertà che
facoltà avremo noi nello scrivere la lingua nostra presente, più di quello che
nell'adoprare la greca e latina che sono antiche ed altrui? {+e le cui fonti sono disseccate e chiuse da gran tempo,
restando solo quel tanto ch'elle versarono mentre furono aperte, e quelle
lingue vissero.} Anzi io tengo per fermo che quegli scrittori italiani
i quali nel cinquecento maneggiarono la lingua latina in maniera da far quasi
dubbio se ella fosse loro artifiziale o naturale, furono assai meno
superstiziosi di quello che molti vorrebbero che fossimo noi trattando la lingua
nostra. E noi medesimi oggidì (parlo degli scienziati o letterati di tutta
europa) derivando, come facciamo spessissimo,
765 dal greco le parole che ci occorrono per li nostri
usi presenti, e per novità di cose ignotissime ai parlatori di quella lingua,
non formiamo voci parimente ignote all'antica lingua greca? Ci facciamo scrupolo
se non sono registrate nel Lessico, o se non hanno per se l'autorità degli
antichi scrittori? Non innuoviamo noi in una lingua morta, stranierissima, e al
tutto fuori d'ogni nostro diritto? Il che, sebbene si facesse con {buon} giudizio, e coi dovuti rispetti all'indole di
quella lingua (al che per verità pochi hanno l'occhio nella formazione di tali
voci), a ogni modo vi si potrebbe sofisticar sopra, e dire che la eredità che ci
è pervenuta delle antiche lingue, è come di beni infruttiferi, dai quali non si
può nè ricavare nè pretendere altro servigio che dell'usarli identicamente. Ma
la nostra lingua {propria} è un'eredità, un capitale
fruttifero, che abbiamo ricevuto da' nostri maggiori, i quali come l'hanno fatto
fruttare, così ce l'
766 hanno trasmesso perchè
facessimo altrettanto, e non mica perchè lo seppellissimo come il talento del
Vangelo, ne abbandonassimo affatto la coltivazione, credessimo di custodirlo, e
difenderlo, quando gli avessimo impedito ogni prodotto, la vegetazione, il
prolificare; lo considerassimo e ce ne servissimo come di un capitale morto
ec.
Libertà nelle lingue. Libertà nell'adoperare la propria
lingua.europa