[774,1] Diranno che la lingua, benchè per lo mezzo, e l'ardire
e libertà degli scrittori, è giunta però a quella perfezione, la quale non possa
oltrepassare senza guastarsi. Vi giunse, cred'io, nè più nè meno in quel punto
in cui finì di pubblicarsi l'ultimo Vocabolario della Crusca,
giacchè in questo o certo nei precedenti, sono riportate moltissime parole
coll'autorità di scrittori ancora viventi e scriventi. Anzi il Buonarroti scrisse la Fiera
appostatamente per somministrar parole al Vocabolario. L'ultimo tomo
dunque di questo, e quell'anno, quel mese, quel giorno in cui fu pubblicato
chiuse per sempre le fonti della lingua italiana, {state} aperte da cinque secoli. Ma lasciando le burle, do e non
concedo che la lingua italiana, sia stata già
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portata dagli scrittori a quella somma perfezione a cui possa pervenire in
ordine a tutte le altre qualità, (errore manifestissimo, ma lasciamolo passare).
Nella ricchezza, copia, e varietà nego che veruna lingua del mondo, o attuale o
possibile, possa mai essere perfetta finchè non muore. E ciò nasce che le cose
ancora vivono sempre, e si modificano sempre novellamente, e si moltiplicano le
conosciute: ora una lingua non è mai perfettamente ricca, anzi perfettamente
fornita del necessario, finch'ella non può esprimere perfettamente, e
convenientemente tutte le cose, e tutte le possibili modificazioni delle cose di
questo mondo. Sicchè una lingua non avrà più mestieri di accrescimento, allora
solo quando o essa o il mondo sarà finito.