[914,2] Ma la libertà ed uguaglianza dell'uomo gli è {bensì} naturale nello stato primitivo; ma non conviene
nè si compatisce, massime nella sua stretta nazione, collo stato di società, per
le ragioni sopraddette. Restava dunque, che richiedendosi nella società che
l'uomo serva all'uomo, e questo opponendosi alla uguaglianza, l'uomo di una tal
società fosse servito da uomini di un'altra, {o di più
altre} società o nazioni, ovvero da una parte di quella medesima
società, posta fuori de' diritti, de' vantaggi, {delle
proprietà,} della uguaglianza, della libertà di questa, insomma
considerata come estranea alla
915 nazione, e quasi come
un'altra razza e natura di uomini dipendente, subalterna, e subordinata alla
razza libera e uguale. Ecco l'uso della schiavitù interna ne' popoli liberi e
uguali; uso tanto più inerente alla costituzione di un popolo, quanto egli è più
intollerante della propria servitù, come si è veduto negli antichi. In questo
modo la disuguaglianza in quel {tal} popolo libero
veniva ad esser minore che fosse possibile, essendo le fatiche giornaliere, i
servigi bassi, che avrebbero degradata l'uguaglianza dell'uomo libero, la
coltura della terra ec. destinata agli schiavi: e l'uomo libero, chiunque si
fosse, e per povero che fosse, restando padrone di se, per non essere obbligato
ai quotidiani servigi mercenarii, che vengono necessariamente a togliere in
sostanza la sua indipendenza e libertà; e non partecipando quasi, in benefizio
comune della società, se non della cura delle cose pubbliche, e del suo proprio
governo, {della conservazione o accrescimento della patria
col mezzo della guerra ec.} colle sole differenze che nascevano dal
merito individuale ec.