[935,2] 7. Neppur questo è tutto. Ma dentro i confini di un
medesimo ed unico dialetto, non v'è città, il cui linguaggio non differisca più
o meno, da quello medesimo della città più immediatamente vicina. Non differisca
dico, nel tuono {e inflessione e modulazione} della
pronunzia, nella inflessione {e modificazione} diversa
delle
936 parole, e in alcune parole, frasi, maniere,
intieramente sue proprie e particolari. Questo si vede nelle città di
Toscana (tanto che il Varchi vuole perciò che la lingua scritta italiana, non solo
non si chiami italiana, ma neppur toscana, bensì fiorentina), si vede nelle
altre città di qualunque provincia italiana, e dappertutto. Di più in ciascuna
città, il linguaggio cittadinesco è diverso dal campestre. Di più senza uscire
dalla città medesima, è noto che nella stessa firenze si
parla più di un dialetto, secondo la diversità delle contrade: (e di ciò pure
il Varchi) Così che una lingua non arriva ad
essere strettamente conforme e comune, neppure ad una stessa città, s'ella è più
che tanto estesa, e popolata. E così credo che avverrà pure in
Parigi ec. {{V. p. 1301.
fine.}}