[2804,1] Si sa che negli antichi drammi aveva gran parte il
coro. Del qual uso molto si è detto a favore e contro. {Vedi
il Viaggio d'Anacarsi
cap. 70.} Il dramma moderno l'ha sbandito, e bene
stava di sbandirlo a tutto ciò ch'è moderno. Io considero quest'uso come parte
di quel vago, di quell'indefinito ch'è la principal cagione dello charme dell'antica poesia e bella letteratura.
L'individuo è sempre cosa piccola, spesso brutta, spesso disprezzabile. Il bello
e il grande ha bisogno dell'indefinito, e questo {indefinito} non si poteva introdurre sulla scena, se non
introducendovi la moltitudine. Tutto quello che vien dalla moltitudine è
rispettabile, bench'ella sia composta d'individui tutti disprezzabili. Il
pubblico,
2805 il popolo, l'antichità, gli antenati, la
posterità: nomi grandi e belli, perchè rappresentano un'idea indefinita.
Analizziamo questo pubblico, questa posterità. Uomini la più parte da nulla,
tutti pieni di difetti. Le massime di giustizia, di virtù, di eroismo, di
compassione, d'amor patrio sonavano negli antichi drammi sulle bocche del coro,
cioè di una moltitudine indefinita, e spesso innominata, giacchè il poeta non
dichiarava in alcun modo di quali persone s'intendesse composto il suo coro.
Esse erano espresse in versi lirici, questi si cantavano, ed erano accompagnati
dalla musica degl'istrumenti. Tutte queste circostanze, che noi possiamo
condannare quanto ci piace come contrarie alla verisimiglianza, come assurde,
ec. quale altra impressione potevano produrre, se non un'impressione vaga e
indeterminata, e quindi tutta {grande,} tutta bella,
tutta poetica? Quelle massime non erano poste in bocca di un individuo, che le
recitasse in tuono ordinario e naturale.
2806 Per
grande e perfetto che il poeta avesse finto questo individuo, la idea medesima
d'individuo è troppo determinata e ristretta, per produrre una sensazione o
concezione indeterminata ed immensa. Queste qualità contrastano con quelle, e
quelle avrebbero direttamente impedita questa concezione, non che potessero
produrla. Gli uditori avrebbero conosciuto il nome, le azioni, le qualità, le
avventure di quell'individuo. Egli sarebbe stato sempre quel tal Teseo, quel tal Edipo, re di Tebe, uccisore
del padre, marito della madre, e cose simili. La nazione intera, la stessa
posterità compariva sulla scena. Ella non parlava come ciascuno de' mortali che
rappresentavano l'azione: ella s'esprimeva in versi lirici e pieni di poesia. Il
suono della sua voce non era quello degl'individui umani: egli era una musica
un'armonia. Negl'intervalli della rappresentazione questo attore ignoto,
innominato, questa moltitudine di mortali, prendeva a far delle profonde o
sublimi riflessioni
2807 sugli avvenimenti ch'erano
passati o dovevano passare sotto gli occhi dello spettatore, piangeva le miserie
dell'umanità, sospirava, malediceva il vizio, eseguiva la vendetta
dell'innocenza e della virtù, la sola vendetta che sia loro concessa in questo
mondo, cioè l'esecrare che fa il pubblico e la posterità gli oppressori delle
medesime; esaltava l'eroismo, rendeva merito di lodi ai benefattori degli
uomini, al sangue dato per la patria. (V. Oraz.
art. poet. v. 193-201.) Questo era
quasi lo stesso che legare sulla scena il mondo reale col mondo ideale e morale,
come essi sono legati nella vita: e legarli drammaticamente, cioè recando questo
legame sotto i sensi dello spettatore, secondo l'uffizio e il costume del poeta
drammatico, e quanto è possibile al dramma di rappresentare quello che è. Questo era personificare le immaginazioni del poeta,
e i sentimenti degli uditori e della nazione a cui lo spettacolo si
rappresentava. Gli avvenimenti erano
2808 rappresentati
dagl'individui; i sentimenti, le riflessioni, le passioni, gli effetti ch'essi
producevano o dovevano produrre nelle persone poste fuori di essi avvenimenti
erano rappresentati dalla moltitudine, da una specie di essere ideale. Questo
s'incaricava di raccogliere ed esprimere l'utilità che si cava dall'esempio di
quelli avvenimenti. E per certo modo gli uditori venivano ad udire gli stessi
sentimenti che la rappresentazione ispirava loro, rappresentati altresì sulla
scena, e si vedevano quasi trasportati essi medesimi sul palco a fare la loro
parte; o imitati {{dal coro,}} non meno che si fossero
gli eroi imitati e rappresentati dagli attori individui. Anche quando il coro
prendeva parte diretta all'azione, questo fare agir nel dramma la moltitudine,
era più poetico, e doveva produrre maggiore e più vivo effetto, che {il} divider tutta l'azione fra pochi individui, come noi
facciamo.