Necessità di nascondere i propri difetti e sventure; impossibilità di trovarne compassione.
Necessity of hiding one's defects and misfortunes; impossibility of finding compassion for them.
1673,1 2401,3 2485,1[1673,1] L'uomo inesperto del mondo, come il giovane ec.
sopravvenuto da qualche disgrazia o corporale o qualunque, {dov'egli non abbia alcuna colpa,} non pensa neppure che ciò debba
essere agli altri, oggetto di riso sul suo conto, di fuggirlo, di spregiarlo,
1674 di odiarlo, di schernirlo. Anzi se egli
concepisce verun pensiero intorno agli altri, relativamente alla sua disgrazia,
non se ne promette altro che compassione, ed anche premura, o almen desiderio di
giovarlo; insomma non li considera se non come oggetti di consolazione e di
speranza per lui; tanto che talvolta arriva per questa parte a godere in certo
modo della sua sventura. Tale è il dettame della natura. Quanto è diverso il
fatto! Anche le persone le più sperimentate, ne' primi momenti di una disgrazia,
sono soggette a cadere in questo errore, e in questa speranza, almeno confusa e
lontana. Non par possibile all'uomo che una sventura non meritata gli debba
nuocere presso i suoi simili, nell'opinione, nell'affetto, ec. ma egli tien per
fermissimo tutto l'opposto; e s'egli è inesperto non si guarda di nascondere
agli altri (potendo) la sua disgrazia; anzi talvolta cerca di manifestarla:
laddove la principale arte di vivere consiste ordinariamente nel non confessar
mai di esser
1675 disgraziato, o di avere alcuno
svantaggio rispetto agli altri ec.
[2401,3] Non è da far mai pompa della propria infelicità. La
sola fortuna fa fortuna tra gli uomini, e la sventura non fu mai fortunata; nè
si può far traffico, e ritrarre utilità dalla miseria, quando ella sia vera.
Nessuno fu mai più stimato o più gradito per esser più infelice degli altri. E
però allo sventurato, volendo esser bene accolto ed accetto, o
2402 farsi tenere in pregio, non solamente conviene
dissimulare le proprie disgrazie, ma fingersi del numero de' fortunati,
pretendere a questo titolo, combatter la fama o chiunque glie lo neghi, e
mettere ogni studio per ingannar gli altri in questo punto. (23. Aprile.
1822.). {{V. p. 2415.}}
{{2485.}}
[2485,1]
{Alla p. 2402.} Qualunque
inferiorità o svantaggio abbia un uomo o rispetto agli altri, o rispetto a
qualcuno in particolare, l'unico rimedio è dissimularlo arditamente,
costantemente e ostinatamente. E questo è ancora l'unico mezzo, se lo svantaggio
{e il male} è compassionevole, e se pur si trova in
alcuno la compassione, d'esserne compatito. Chi lo confessa per qualunque
cagione, o perchè creda non poterlo dissimulare (ch'è falso, ancor {che} sia visibile, o notissimo, o in qualunque guisa
manifesto), o per altro, e con ciò crede di guadagnar compassione, e pensa che
negandolo o proccurando di nasconderlo, e mostrando di non avvedersene, gli
altri lo debbano maggiormente disprezzare e deridere, e non compatire, s'inganna
a partito, che anzi questo è il modo sicuro d'esserne disprezzato e deriso.
L'uomo non lascia per qualunque cagione di profittare del vantaggio ch'egli ha
sopra gli altri
2486 uomini, o sopra un tal uomo, se
questi non fa grandissima forza perchè gli altri, quanto è possibile, non
s'accorgano o ricordino del suo svantaggio, o non se ne possano profittare.
{+E perciò dev'egli operare e
portarsi sempre come se quello svantaggio non esistesse, o come s'egli non
se n'avvedesse, e mostrare affatto di non sentirlo; e proccurare anche di
far quelle cose che più si disdicono ec. a' suoi pari rispetto al detto
svantaggio.} Quanto sono maggiori gli svantaggi che s'hanno, tanto più
bisogna che l'individuo stia per se stesso. Perocchè gli altri uomini non
istaranno mai per lui, e quel che desiderano e vogliono principalmente si è
ch'egli si confessi loro inferiore. Il che dev'egli sempre fermamente ricusare.
(21. Giugno 1822.).