Dante. Benefizio da lui fatto all'Europa e allo spirito umano coll'applicare il volgare alla letteratura.
Dante. Service he did to Europe and the human spirit by using the vernacular in literature.
3338,1 4214,3[3338,1] Del resto, dalle considerazioni qui dietro fatte
sulla necessità che l'europa
{e lo spirito umano} avevano di nuove lingue {illustri} a potersi avanzare e nè costumi e nelle
scienze e nelle lettere e nella filosofia, dopo il risorgimento degli studi; e
sul grandissimo detrimento e ritardo che portò alla rinata civiltà la
rinnovazione dell'uso esclusivo del latino come lingua illustre; e sul maggior
danno e indugio che le avrebbe apportato la continuazione di tale uso, apparisce
più visibilmente che mai quanto debbano a Dante, non pur la lingua italiana, come si suol predicare, ma la
nazione istessa, e l'europa tutta e lo spirito umano.
Perocchè Dante fu il primo assolutamente
in europa, che (contro {l'uso e}
il sentimento di tutti i suoi contemporanei, {e di molti
posteri,} che di ciò lo biasimarono: v. Perticari
Apologia cap. 34.)
ardì concepire
3339 e scrisse un'opera classica {e di letteratura} in lingua volgare e moderna, inalzando
una lingua moderna al grado di lingua illustre, in vece o almeno insieme colla
latina che fino allora {da tutti,} e ancor molto dopo
da non pochi, era stata e fu stimata unica capace di tal grado. E quest'opera
classica non fu solo poetica, ma come i poemi d'Omero, abbracciò espressamente tutto il sapere di
quella età, in teologia, filosofia, politica, storia, mitologia ec. E riuscì
classica non rispetto solamente a quel tempo, ma a tutti i tempi, e tra le {{primarie;}} nè solo rispetto
all'italia ma a tutte le nazioni e letterature. Senza
un tale esempio ed ardire, o s'ei fosse riuscito men fortunato e splendido, e se
quell'opera pel suo soggetto fosse stata meno universale, e meno appartenente,
per così dire, a ogni genere di letteratura e di dottrina; si può, se non altro,
indubitatamente credere che sì l'italia sì l'altre
nazioni avrebbero tardato assai più che non fecero a inalzare le lingue proprie
e moderne al grado di lingue illustri, e quindi a formarsi delle letterature
proprie e
3340 e moderne e conformi ai tempi, e quindi
lo spirito e il carattere nazionale, moderno, distinto, determinato ec. Dante diede l'esempio, aprì e spianò la
strada, mostrò lo scopo, fece coraggio e col suo ardire e colla {{sua}} riuscita agl'italiani:
l'italia alle altre nazioni. Questo è
incontrastabile. Nè il fatto di Dante fu
casuale e non derivato da ragione e riflessione, e profonda riflessione. Egli
volle espressamente sostituire una lingua moderna illustre alla lingua latina,
perchè così giudicò richiedere le circostanze de' tempi e la natura delle cose;
e volle espressamente bandita la lingua latina dall'uso de' letterati, de'
dotti, de' legislatori, notari ec., come non più convenevole ai tempi. Il fatto
di Dante venne da proposito e istituto,
e mirò ad uno scopo; e il proposito, l'istituto e lo scopo (quanto spetta al
nostro discorso {#1. Perocchè anche altri
istituti egli seguì, ed altri fini si propose, tutti bellissimi e savissimi,
ma che non appartengono al nostro proposito.}) {+(siccome eziandio la scelta e l'uso de' mezzi)} fu
da acutissimo, profondissimo e sapientissimo filosofo. Veggasi il Perticari nel luogo citato.
(2. Sett. 1823.).
[4214,3] I francesi non hanno lingua poetica perchè hanno
rigettata la lingua antica, perchè non sopportano l'antico nel verso niente più
che nella prosa: e senza l'antico non vi può esser lingua poetica. I Latini che ebbero pochissima antichità
di lingua, perchè il progresso della loro letteratura fu rapidissimo, e che
rigettarono, ad eccezione di pochissime {e
piccolissime} parti conservate nel verso, quella poca antichità che
avevano, non ebbero lingua poetica propriamente, nè avrebbero avuto dicitura e
stile poetico se non avessero usato nella poesia costruzioni ardite, e nuovi
significati e metafore di parole, che i francesi non sopportano nella loro.
{#(1) Notisi quindi che presso i latini
ciascun poeta era artefice della sua lingua poetica; la lingua poetica dei
latini era opera individuale del poeta, e se il poeta non se la facea, non
l'aveva: dove in italiano e in greco ella era cosa universale, e il poeta
l'avea già prima di porsi a comporre. E da ciò forse può nascere l'abuso e
la soverchia copia del verseggiare e dei verseggiatori ec. ec.} Del
resto l'avere i latini e i francesi a differenza dei greci e degl'italiani,
rigettata ne' loro buoni {e perfetti} secoli
l'antichità della lingua, venne, fra l'altre cose, dal non aver essi avuto nelle
loro lingue antiche scrittori veramente sommi, a differenza dei greci, che
ebbero Omero, Esiodo, Archiloco, Ippocrate, Erodoto ec. e degl'italiani, ch'ebbero
Dante, Petrarca, Boccaccio, insomma {(come i greci)} la
letteratura già stabilita, {fissata} e formata prima
della lingua e della maturità della civilizzazione.
(Bolog. 12. Ott. 1826.).
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