[102,1] È pure un tristo frutto della società e
dell'incivilimento umano anche quell'essere precisamente informato dell'età
propria e de' nostri cari, e quel sapere con precisione che di qui a tanti anni
finirà necessariamente la mia o la loro giovinezza ec. ec. invecchierò
necessariamente o invecchieranno, morrò senza fallo o morranno, perchè la vita
umana non potendosi estendere più di tanto, e sapendo formalmente la loro età
{o la mia} io veggo chiaro che dentro un definito
tempo essi o io non potremo più viver goder della giovinezza ec. ec. Facciamoci
un'idea dell'ignoranza della propria età precisa ch'è naturale, e si trova
ancora comunemente nelle genti di campagna, e vedremo quanto ella tolga a tutti
i mali ordinari e certi che il tempo reca alla nostra vita, mancando la
previdenza sicura che determina il male e lo anticipa smisuratamente, rendendoci
avvisati del quando dovranno finire indubitatamente questi e quei vantaggi della
tale e tale età di cui godo ec. Tolta la quale l'idea confusa del nostro
inevitabile decadimento e fine, non ha tanta forza di attristarci, nè di
dileguare le illusioni che d'età in età ci consolano. Ed osserviamo quanto sia
terribile in un vecchio p. e. d'80. anni, quel sapere determinatamente che
dentro 10. anni al più egli sarà sicuramente estinto, cosa che ravvicina la sua
condizione a quella di un condannato, e toglie infinitamente a quel gran
benefizio della natura d'averci nascosto l'ora precisa della nostra morte che
veduta con precisione basterebbe per istupidire di spavento, e scoraggiare tutta
la nostra vita.
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