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Apologhi.

Apologues.

67,2 4119,9

[67,2]  Nelle favole del Pignotti (e forse in altre ancora) per la più parte, è svanito il fine della favola, ch'è l'istruire i fanciulli ec. col mezzo del dolce, della similitudine ec. e non si conserva nemmeno in apparenza (come ne' poemi didascalici), giacchè sono dirette a significar certi vizi del gran mondo, certe massime di politica, certe fine qualità del carattere umano, che non giova punto nè è possibile ai fanciulli di conoscere e comprendere: come p. e. quella dell'asino del cavallo e del bue. Piuttosto quelle favole dalla loro prima istituz Esopiana si son ridotte a satirette non inurbane, o a {meri} giuochi d'ingegno, cioè similitudini o novellette piacevoli, e alquanto istruttive per gli uomini maturi, come i contes moraux di Marmontel, e le altre opere di questo genere, eccetto che qui si parla di animali, piante ec. ec.

[4119,9]  Della stolta opinione che negli animali la natura sia stata più larga di bellezza a' maschi che alle femmine, come è ragione, ma negli uomini per lo contrario, il che è assurdo, e nasce questa opinione dalla idea del bello assoluto, e dal credere che assolutamente sia bellezza maggiore quella che a noi per cagioni relative par tale, onde il donnesco è chiamato il bel sesso, laddove se le sole donne giudicassero, o chi non fosse donna nè uomo, chiamerebbe senza dubbio bello il sesso degli uomini maschi, come negli altri animali, vedi il Tasso Dial. del Padre di famiglia, opp. Venezia 1735. ec. vol. 7. p. 379. che è prima del mezzo del Dialogo. (15. Sett. 1824.).