[1223,1]
1223 Se dunque l'odierna filosofia, quella filosofia
che abbraccia per così dire tutto questo secolo, tutte le cose e tutte le
cognizioni presenti, ha e deve avere i suoi termini costanti, ed uniformi in
qualunque luogo ella è trattata, noi dobbiamo adottarli ed usarli, e conformarci
a quelli che tutto il mondo usa. E non è più tempo di cambiarli, e formarci una
nomenclatura filosofica italiana, cioè cavata tutta dalle fonti della nostra
lingua. Questo avrebbe potuto essere, se la massima parte dell'odierna filosofia
fosse derivata dall'italia. Ed allora le altre nazioni,
senza veruna ripugnanza avrebbe[avrebbero] usata
nella filosofia, la nomenclatura fabbricata in italia. Ma
avendo lasciato far tutto agli stranieri, ed arrivar questa scienza a sì alto
grado senza quasi nessuna opera nostra, o dobbiamo seguitare a noncurarla,
ignorarla, e non trattarla; o volendo trattarla ci conviene adottare quella
nomenclatura che troviamo già stabilita e generalmente intesa, fuor della quale
non saremmo bene intesi nè dagli stranieri nè da' nostri medesimi, come
apparisce dalle sopraddette ragioni. Alle quali aggiungo come corollario,
dimostrato dal fatto, che tutte quelle parole che
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hanno espressa precisamente e sottilmente un'idea sottile e precisa, di
qualunque genere, e in qualunque ramo delle cognizioni, sono state o sempre o
quasi sempre universali, ed usate in qualsivoglia lingua da tutti quelli che
hanno concepita e voluta significare quella stessa idea strettamente. {+E quella tale idea è passata dal primo
individuo che la concepì chiaramente, agli altri individui, e alle altre
nazioni, non altrimenti che in compagnia di quella tal parola.}
Appunto perchè questa fina precisione di significato, non deriva nè può derivare
se non da una stretta {e appositissima} convenzione,
difficilissima a rinnovare, e a moltiplicare secondo le lingue.