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[1249,1]  4. Con questi vantaggi vennero anche dalla stessa fonte molti abusi. Li condanniamo altamente, e conveniamo in questo cogli scrittori che oggidì alzano contro di essi la voce in italia, senza convenire in questo che ogni genere di bellezza in una lingua, non debba per necessità riconoscere come sua fonte essenziale e principale l'idioma popolare. {+Dico della bellezza, {ec.} la quale conviene alla vera poesia, ed alla bella letteratura, essenzialmente distinta nel suo linguaggio da quello che conviene alle scienze ec.} Negando questo, io non so com'essi ammirino tanto p. e. il Caro, la massima parte delle cui verissime {finissime} e carissime bellezze, sì nelle prose, come ne' versi dell'Eneide, ognun può vedere a prima giunta che derivano originalmente da un grandissimo uso e possesso del linguaggio toscano volgare, {+(o anche degli altri volgari d'italia, v. Monti, Proposta, vol. 1. par. 1. p. XXXV.} e da una giudiziosissima applicazione di questo ai diversi generi della letteratura, dai più bassi fino ai più alti, dalle lettere {familiari,} fino all'Epopea. Del resto, ben fecero gli scrittori italiani attingendo al volgare toscano più che agli altri volgari d'italia, e ciò  1250 per le ragioni che tutti sanno, e che abbiam detto p. 1246. fine - 47. principio. Ma sciocca, assurda, pedantesca, ridicola è la conseguenza che dunque non si possa attingere se non da quel volgare; che gli scrittori non possano scrivere se non come e quanto dice e parla quel popolo; che la lingua e letteratura italiana dipenda in tutto e per tutto dal volgo toscano (quando non dipende neppure in nessun modo dal volgo, ma solamente se ne serve se le pare); che in toscana e fuori, lo scrittore italiano non possa formar voce nè frase, che il volgo toscano non usi; che in somma quello che non è toscano, anzi fiorentino, anzi pure di Mercato vecchio, non sia italiano. Quando, come abbiamo veduto, non la letteratura al volgo, ma il volgo è totalmente subordinato alla letteratura, e quello è ai servizi, e giova ai comodi di questa, e non già questa di quello. E la letteratura forma e dispone della favella che prende dal volgo, e non viceversa. E le aggiunge quel che le piace, e se ne serve, sin dove può, e dove la favella del volgo non le può servire, l'abbandona, o in parte o in tutto. In somma abbiamo lodato la lingua italiana scritta perchè ha saputo giovarsi del linguaggio popolare, {più e} meglio forse  1251 di qualunque altra lingua moderna, e perchè non l'ha mai licenziato da' suoi servigi, come hanno fatto si può dir tutte le altre (anche la greca dopo un certo tempo, e lo farebbe anche l'italiana, se non la richiamassimo, anzi lo andrebbe già facendo); non già perch'ella si sia sottomessa alla favella del volgo, molto meno del volgo di una sola provincia o città, che nè essa l'ha fatto o potuto fare, nè facendolo sarebbe stata superiore, ma inferiore a tutte le altre, nè {noi} l'avremmo lodata ma sommamente biasimata. {{Da tutto ciò}} segue ancora che la lingua italiana scritta, può servirsi di qualunque altro volgare (come faceva la lingua greca, anzi la stessa attica); e che è pazzo il privilegio esclusivo che si arrogano i toscani sulla lingua comune; se non in quanto non si possano torre da questi volgari quelle cose che non convengono a detta lingua comune.