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[1276,2]  L'antico H greco derivato dall'Heth Fenicio, Samaritano, ed Ebraico, col quale ha comune anche il nome ἦτα (giacchè il ταῦ greco deriva dal thau degli Ebrei), oltre alla figura, ec; non fu da principio altro segno che di un'aspirazione, (v. p. 1136. marg.) come lo fu sempre nel latino, e come lo era nell'alfabeto da cui venne il greco. (V. Cellar. Orthograph. Patav. ap. Comin. 1739. p. 40. fine. e l'Encyclop. méthodique. Grammaire. art. H. specialmente p. 215. e se vuoi, il Forcellini in H.) Abbiamo veduto che l'antico v latino non era altro che  1277 il digamma eolico, e questo non altro che un carattere che gli Eoli ponevano in luogo dell'aspirazione, anzi un segno di aspirazione esso stesso, e in somma fratello carnale dell'antico H greco. Antichissimamente pertanto la parola ὕλη pronunziavasi hulh con due aspirazioni l'una in capo, e l'altra da piè. {+(voglio dire insomma che l'η di ὕλη non era da principio lettera mobile, e puro carattere di desinenza, ma radicale, il che si deduce dal v che i latini hanno per lettera radicale in questa parola, cioè in silva.)} Ovvero pronunziavasi hilh giacchè non si può bene accertare qual fosse l'antichissima pronunzia dell'υ greco; se u simile al francese, come lo pronunziavano i greci ai buoni tempi; ovvero i, come lo pronunziano i greci moderni, come si pronunzia in moltissime voci latine o figlie o sorelle di voci greche, e come pronunziano i tedeschi il loro ü. Certo è che gli antichi latini pronunziarono {e scrissero} le parole che in greco si scrivevano per Y, ora per I ora per u, {+e quindi corrottamente {talvolta} anche per o, come da sumnus somnus ec. V. Pontedera l. c. nella p. preced..} Per y non mai, carattere greco, il quale graecorum caussa nominum adscivimus * dice Prisciano (lib. 1. p. 543. ap. Putsch.), ed è carattere non antico, come dice Cicerone, e pronunziavasi alla greca, come una u francese, secondo che apparisce da Marziano Capella. (V. Forcellini, l'Encyclop. e Cellar. Orthograph. p. 6 fine - 7 principio). Quindi nel nostro caso, gli antichi marmi e manoscritti, e gli eruditi, rigettano la scrittura di sylva sylvestris ec. per silva; scrittura  1278 corrotta e più moderna, introdottasi presso gli scrittori latino-barbari, come si può vedere nel Ducange. Il che per altro serve anch'esso a mostrare la derivazione o cognazione del latino silva col greco ὕλη, non essendoci altra ragione perchè l'uso di tempi ignorantissimi, e che non pensavano o sapevano nulla d'etimologie nè di greco, dovesse introdurre questa lettera greca {y} in una parola che gli antichi latini scrivevano per i; uso conservatosi fino a[a'] nostri tempi presso molti che scrivono ancora sylva e così ne' derivati. E forse a quel tempo in cui, secondo che dice Cicerone, si cominciò a scrivere e pronunziare (cioè per u gallico) Pyrrhus e Phryges ec. in luogo di Purrhus e Phruges che gli antichi scrivevano (v. Forcellini in Y); si cominciò anche a scrivere {e pronunziare} sylva: o certo in qualunque tempo questo accadesse, ebbe origine e causa dal vizio di volere in tutto conformare la scrittura e la pronunzia agli stranieri, nelle parole venute da loro, vizio che Cic. riprende nello stesso luogo. {+(osservazione molto applicabile ai francesi.)} E ciò mostra che dunque silva si considerò per tutt'una parola con ὕλη, quantunque la scrittura sylva sia viziosa. {+Presso gli stessi greci de' buoni tempi le parole che hanno la υ, quando subiscono le solite affezioni delle parole greche, cambiano spesso l'υ in ι, come da δύο si fa δίς, e ne' composti (come διπλοῦς, διττός, δίστομος διϕυής ec.) sempre δι-.}