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Editorial Annotations:

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[1487,1]  Quindi potremo spiegare un fenomeno intorno alla ricchezza delle lingue antiche, che non mi pare nè abbastanza osservato, nè dilucidato. Le lingue si accrescono col progresso delle cognizioni e dello spirito umano. Il numero delle parole di senso certo, dicono i filosofi, determina il numero delle idee chiare di una nazione. (Sulzer.) Viceversa dunque potremmo dire delle idee chiare, le quali non sono quasi mai tali se non hanno la parola corrispondente. Ora  1488 chi dubita che il numero delle nostre idee chiare non vinca d'assai quello delle antiche? che il nostro spirito non solo abbracci molto maggior estensione di cose, ma veda sempre più sottile e minuto, ed abbia acquistato un abito di precisione ed esattezza, senza paragone maggiore che gli antichi? E pure consideriamo le antiche lingue colte, e non ci troveremo, com'è naturale {la facoltà} di esprimere le cose {o gli accidenti} ch'essi non conoscevano, e le idee moderne ch'essi non avevano; {+o quelle parti delle loro stesse idee, ch'essi non discernevano, almeno chiaramente,} ma quanto a tutto ciò che gli antichi potevano aver da significare, o voler significare, quanto a tutte le idee che potevano cadere nel loro discorso, troveremo {generalmente parlando} nelle lingue antiche colte, una facoltà di esprimersi tanto maggiore che nelle moderne, una onnipotenza, {un'aggiustatezza,} una capacità di variar l'espressione secondo le minime varietà delle cose da esprimersi, {+e delle congiunture e circostanze del discorso,} che forse {e senza forse} non ha pari in veruna delle più colte lingue moderne: ed è perciò che le lingue antiche sono generalmente riconosciute superiori in ricchezza alle moderne.