[179,1] L'infinità della inclinazione dell'uomo al piacere è
un'infinità materiale, e non se ne può dedur nulla di grande o d'infinito in
favore dell'anima umana, più di quello che si possa in favore dei bruti nei
quali è naturale ch'esista lo stesso amore e nello stesso grado, essendo
conseguenza immediata e necessaria dell'amor proprio, come spiegherò poco sotto.
Quindi nulla si può dedurre in questo particolare dalla inclinazione dell'uomo
all'infinito, e dal sentimento della nullità delle cose (sentimento non naturale
nell'uomo, e che perciò non si trova nelle bestie, come neanche nell'uomo
180 primitivo, ed è nato da circostanze accidentali che
la natura non voleva). E il desiderio del piacere essendo una conseguenza della
nostra esistenza per se, e per ciò solo infinito, e compagno inseparabile
dell'esistenza come il pensiero, tanto può servire a dimostrare la spiritualità
dell'anima umana, quanto la facoltà di pensare. Anzi è notabile come quel
sentimento che pare a prima giunta la cosa più spirituale dell'animo nostro
(v. p. 106.-107.), sia una
conseguenza immediata e necessaria (nella nostra condizione presente) della cosa
più materiale che sia negli esseri viventi cioè dell'amor proprio e della
propria conservazione, di quella cosa che abbiamo affatto comune coi bruti, e
che per quanto possiamo comprendere può parer propria in certo modo di tutte le
cose esistenti. Certamente non c'è vita senza amor di se stesso, e amor della
vita. Quanto poi alla facoltà che ha l'immaginazione nostra di concepire un
certo infinito, un piacere che l'anima non possa abbracciare, cagione vera per
cui l'infinito le piace, quanto dico a questa facoltà, la quale è indipendente
dalla inclinazione al piacere, e stava in arbitrio della natura di darcela o non
darcela, giudichi ciascuno quanto possa provare in favore della nostra
grandezza. Io per me credo {1.} che la natura l'abbia
posta in noi solamente per la nostra felicità temporale, che non poteva stare
senza queste illusioni. 2. osservo che questa facoltà è grandissima nei
fanciulli, primitivi, ignoranti, barbari ec. Quindi congetturo e mi par ben
verisimile che esista anche nelle bestie in un certo grado, e relativamente a
certe idee, come son quelle dei fanciulli ec. 3. considero che la ragione, la
quale si vuole avere per fonte della nostra grandezza, e cagione della nostra
superiorità sopra gli altri animali, qui non ha che far niente, se non per
181 distruggere; per distruggere quello che v'ha di più
spirituale nell'uomo, perchè non c'è cosa più spirituale del sentimento nè più
materiale della ragione, giacchè il raziocinio è un'operazione matematica
dell'intelletto, e materializza e geometrizza anche le nozioni più astratte. 4.
che le illusioni sono {anzi} affatto naturali, animali,
atti dell'uomo e non umani secondo il linguaggio scolastico, ed appartenenti
all'istinto, il quale abbiamo comune cogli altri animali, se non fosse affogato
dalla ragione. Applicate queste considerazioni a quello che soglion dire gli
scrittori religiosi, che il non poter noi trovarci mai soddisfatti in questo
mondo, i nostri slanci verso un infinito che non comprendiamo, i sentimenti del
nostro cuore, e cose tali che appartengono veramente alle illusioni, formino una
delle principali prove di una vita futura.