[2849,1] Parlando dell'adattabilità, {o
pieghevolezza, e della} varietà e libertà
2850 di una lingua, bisogna distinguere l'imitare dall'agguagliare, o rifare, le
cose dalle parole. Una lingua perfettamente pieghevole, varia, ricca e libera,
può imitare il genio e lo spirito di qualsivoglia altra lingua, e di qualunque
autore di essa, può emularne e rappresentarne tutte le varie proprietà
intrinseche, può adattarsi a qualunque genere di scrittura, e variar sempre di
modo, secondo la varietà d'essi generi, e delle lingue {e
degli} autori che imita. Questo fra tutte le lingue perfette antiche e
moderne potè sovranamente fare la lingua greca, e questo fra le lingue vive può,
secondo me, sovranamente la lingua italiana. Perciò io dico che questa e quella
sono piuttosto ciascuna un aggregato di più lingue che una lingua, non volendo
dire ch'elle non abbiano un carattere proprio, ma un carattere composto e capace
di tanti modi quanti lor piaccia. Questo è imitare, come chi ritrae dal naturale
nel marmo, non mutando la natura del marmo in quella dell'oggetto imitato; non è
copiare nè rifare, come chi da una figura di cera ne ritrae un'altra tutta
2851 compagna, pur di cera. Quella è operazione
pregevole, anche per la difficoltà d'assimulare un oggetto in una materia di
tutt'altra natura; questa è bassa e triviale per la molta facilità, che toglie
la maraviglia; e in punto di lingua è dannoso, perchè si oppone alla forma e
natura ed essenza propria ch'ella o ha o dovrebbe avere. Imitando in quel modo
s'imitano le cose, cioè lo spirito ec. delle lingue, degli autori, dei generi di
scrittura; imitando alla tedesca s'imitano le parole, cioè le forme materiali,
le costruzioni, l'ordine de' vocaboli di un'altra lingua (il che una lingua
perfetta, anzi pure formata, non dee mai poter fare, nè può per natura fare); e
probabilmente s'imitano queste, e non le cose; cioè non s'arriva ad esprimer
l'indole, la forza, la qualità, il genio della lingua e dell'autore originale
(benchè pretendano di sì), appunto perchè in un'altra e diversissima lingua se
ne imitano anzi copiano le parole: e mad.
di Staël ancora è di questo sentimento in un passo che ho recato
altrove della prima lettera alla Biblioteca Italiana, 1816. n.o 1.
p.
962
p.
94.