[2943,1] Come gli antichi riponessero la consolazione, anche
della morte, non in altro che nella vita, (del che ho detto altrove p.
79
p.
116), e giudicassero la morte una sventura appunto in quanto privazion
della vita, e che il morto fosse avido della vita e dell'azione, e prendesse
assai più parte, almeno col desiderio e coll'interesse, alle cose di questo
mondo che di quello nel quale stimavano pure ch'egli abitasse e dovesse
eternamente abitare, e di cui lo stimavano divenuto per sempre un membro, si può
vedere ancora in quell'antichissimo costume di onorar l'esequie {e gli anniversari ec.} di
2944
un morto coi giuochi funebri. I quali giuochi erano le opere più vivaci, più
forti, più energiche, più solenni, più giovanili, più vigorose, più vitali che
si potessero fare. Quasi volessero intrattenere il morto collo spettacolo più
energico della più energica e florida {e vivida} vita,
e credessero che poich'egli non poteva più prender parte attiva in essa vita, si
dilettasse e disannoiasse a contemplarne gli effetti {e
l'esercizio} in altrui. (11. Luglio 1823.).
4410,2Consolazioni degli antichi.Giuochi funebri.76,4116,2