[3134,1]
3134 3. E ciò tanto più, quanto l'idea che noi abbiamo
della virtù è ben diversa da quella che s'aveva a' tempi d'Omero. La virtù qual suol essere concepita dai moderni
ha la fortuna assai più nemica, che non quella virtù concepita dagli
antichissimi, la quale consisteva quasi tutta o principalmente nella forza e nel
coraggio; qualità che, se non sempre, certo assai spesso son seguite (anche
oggidì) dalla fortuna, e molto giovano a conseguirla. Ond'era tanto più
ragionevole e conveniente che a quei tempi l'eroe del poema epico, il quale
dev'esser sommamente virtuoso, si scegliesse felice, perchè quella virtù in
ch'ei si doveva rappresentare eccellente, conduce infatti alla felicità, e il
mostrar ch'ella non avesse conseguito il proprio intento, l'avrebbe mostrata
imperfetta, come quella che non {era} bastata a
produrre quel ch'ella suole, e a che ella naturalmente serve e conduce. Massime
che gli uomini sogliono giudicar dai successi,
3135 ed
estimare assolutamente la natura, le qualità, {il grado, il
valore} e la propria bontà delle cose dai loro effetti. Ma la virtù
modernamente considerata, è per sua stessa natura, non solo non conducente, ma
pregiudizievole alla fortuna. Questo discorso ha massimamente luogo ne' tempi
più moderni, in che l'idee morali, e per cagione del Cristianesimo e per altro,
sono più raffinate, e sempre più tanto si raffinano quanto più divengono
inutili, e tanto si perfezionano e sottilizzano in teoria, quanto si vanno
segregando affatto dalla pratica. Ma proporzionatamente le dette considerazioni
sono anche applicabilissime ai tempi di Virgilio; e in fatti la virtù di Enea è immensamente diversa da quella di Achille, e il tipo di perfetto eroe concepito e voluto
esprimere da Virgilio fu diversissimo, e
in buona parte contrario, a quello di Omero.