[3158,1] 4. Oggi, come ho già detto p. 564
pp.
3141. sgg., e proporzionatamente eziandio a' tempi di Virgilio, si può dir che più non esista
interesse pubblico, se non in quei pochi che le cose pubbliche amministrano, e
che il pubblico rappresentano,
3159 anzi, si può dir,
lo compongono {e} costituiscono. Ed è ben cosa
ragionevole e consentanea che l'interesse pubblico negli altri più non esista (e
chi governa non legge poemi). Ora dunque i poemi il cui soggetto non è che
qualche felicità {e gloria} nazionale, poco possono
oggidì interessare, o certo assai meno che a' tempi d'Omero. Ma la sventura, e massime degl'immeritevoli, è
sempre dell'interesse privato di ciascheduno uomo. Niuno è che non si stimi
infelice e conseguentemente nol sia, e niuno è parimente che non si reputi
immeritevole della infelicità ch'ei sostiene. Queste disposizioni benchè comuni
a tutti i tempi, sono massimamente sensibili oggidì, poichè {+per le circostanze politiche} la vita non ha più
come {vivamente} occuparsi e distrarsi, e {d'altronde} il lume della filosofia dissipa ben tosto, o
soffoca nel nascere, o impedisce del tutto qualunque illusione di felicità.
Quindi eziandio indipendentemente dalla compassione, egli era
3160 tanto più conveniente oggidì che a' tempi d'Omero il far molto giuocare ne' poemi epici le sventure
degli uomini, quanto che oggi il sentimento della infelicità nelle nazioni
civili è più vivo che fosse mai nel genere umano, ed {è} il sentimento e il pensiero per così dir dominante, {+da cui niuno oramai trova più come
distrarsi.} E la infelicità individuale degli uomini è, per così dire,
il carattere o il segno di questo secolo. Tutto al contrario di quel d'Omero, il quale forse godette di quella
maggior felicità o minore infelicità che possa godersi dall'uomo nello stato
sociale, e che sempre risulta dalla grande attività della vita e dalle grandi
{e forti} illusioni, cose proprissime di quel
tempo, massime nella Grecia. Or dunque oggidì le sventure
cantate da' poeti, non possono non interessar grandemente, e più che in ogni
altro tempo, e tutti; essendo il sentimento della propria sventura l'universale
e più continuo sentimento degli uomini d'oggidì, ed amando naturalmente gli
uomini di parlare e
3161 udir parlare delle cose
proprie, e riguardando ciascheduno la infelicità come propria sua cosa, e
dilettandosi gli uomini singolarmente di quelli che loro più si assomigliano, nè
potendosi trovar somiglianza più universale che quella della infelicità, e
compiacendosi ciascheduno di vedere in altrui o di legger ne' poeti i suoi
propri sentimenti, e contando per somma ventura ogni volta ch'egli incontra o
nella vita o ne' libri qualche notabile conformità o di casi o di circostanze o
di opinioni o di carattere o di pensieri o d'inclinazioni o di modi o di vita e
abitudini, colle sue proprie; e consolandosi ciascheduno delle sue sventure
coll'esempio vivamente rappresentato, e più col vederle quasi celebrate e piante
in altrui {+(e ciò in soggetto e
circostanze e persone e avvenimenti illustri, come son quelli cantati ne'
poemi epici),} innalzando il concetto di se stesso quasi il canto del
poeta avesse per soggetto la di lui stessa infelicità, ed intenerendosi nella
lettura quasi sui proprii mali. Chè in verità qualora leggendo i poeti
(versificatori o prosatori) {o le storie} noi ci
sentiamo
3162 commuovere da quelle vere o finte
calamità, e ci lasciamo andare alle lagrime, crediamo forse di piangere le
miserie altrui ma più spesso e più veramente, o più intensamente piangiamo in
quel med. punto le nostre proprie, o mescoliamo il pensiero di queste al
pensiero di quelle, e questa mescolanza (ch'è vera e propria e debita arte, e
dev'essere scopo, del poeta l'occasionarla) è principal cagione di quelle nostre
lagrime. E ci accade allora (e così ne' teatri ec.) come ad Achille piangente sul capo di Priamo il suo vecchio padre e la breve vita a se
destinata ec. ec. sublimissimo e bellissimo e naturalissimo quadro di Omero. {+Le sventure, quando sieno nazionali, o in altra maniera
più {particolarmente} appartenenti ai lettori,
interesseranno sempre più, per la maggior somiglianza e prossimità, che non
è quella dello sventurato in generale, e perchè sarà tanto più facile e
pronto il passaggio dell'animo del lettore da quelle calamità alle sue
proprie ec. Onde sarà sempre importantissimo che il soggetto del poema sia
nazionale, e questi soggetti saranno sempre preferibili agli altri, e la
nazionalità conferirà moltissimo all'interesse.}