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[3698,1]  Del resto chi volesse dire che il proprio preterito perfetto di oleo, adoleo e simili fosse e dovesse essere olui, adolui ec. onde adolevi inolevi ec. non sieno propri di adoleo, inoleo (ignoto), ma di adolesco veramente e di inolesco ec., osservi che anche l'altro oleo ne' composti fa olevi per olui (Forc. in oleo); {# 1. neo - nevi, fleo - flevi ec. ec.} e che queste desinenze evi ed ui, sono in verità una sola, cioè varie solamente di pronunzia, perchè gli antichi latini massimamente, e poi anche i non antichi, o meno antichi, ed anche i moderni ec., confondevano spessissimo l'u e il v {#2. V. p. 3708..} (che già non ebbero se non un solo e comune carattere): sicchè olevi è lo stesso che olui, interposta la e per dolcezza, ovvero olui è lo stesso che olevi, omessa la e per proprietà di pronunzia. Giacchè il v di questo e l'u di quello non furono mai considerate  3699 da' latini se non come una stessa lettera. Così nell'ebraico, così nelle lingue moderne, sino agli ultimi tempi, e dura ancora ne' Dizionari delle nostre lingue (come ne' latini) il costume di ordinar le parole come se l'u e il v nell'alfabeto fossero una lettera stessa, ec. ec. ec. Dunque non saprei dire, nè credo che si possa dire, se il vero e regolare e primitivo perfetto della seconda coniugazione abbia la desinenza in evi o in ui, se sia docui o docevi: e piuttosto si dee dire che, se non ambo primitive, ambo queste desinenze son regolari, anzi che sono ambo una stessa. Io per me credo che la più antica sia quella in evi, anticamente ei (conservata nell'italiano: potei, sedei ec. che per adottata corruzione e passata in regola, si dice anche sedetti {#1. Tutti i nostri perf. in etti sono primitivamente e veramente in ei, quando anche questa desinenza in molti verbi non si possa più usare, e sia divenuta irregolare, perchè posta fuori dall'uso, da quell'altra benchè corrotta e irregolare in origine, come appunto lo fu evi introdotta per evitar l'iato, come etti. E qui ancora si osservi la conservazione dell'antichissimo e vero uso fatta dal volgar latino sempre, sino a trasmettere a noi i perf. della 2.a in ei. Puoi vedere la p. 3820.} ec.), poi per evitar l'iato eϜi, e poi evi (come ho detto altrove pp. 1126. sgg. del perfetto della prima: amai, conservato nell'italiano ec. ama ϝ i, amavi), indi vi (docvi) o ui (docui), ch'è tutt'uno, e viene a esser contrazione di quella in evi (docevi). Ed è ben consentaneo che da doceo si facesse {primitivamente} nel perfetto, docei,  3700 conservando la e, lettera caratteristica della 2.da coniugazione come l'a nella prima, onde l'antico amai. Ma l'u com'ebbe luogo nella desinenza de' perfetti della seconda, essendo una lettera affatto estranea alle radici (come a doceo) ec.? {Impleo (compleo ec.) - deleo (v. la p. 3702.) es evi etum. Perchè dunque p. e. dolui e non dolevi? come delevi che v'è sola una lettera di svario. {+Perchè dolĭtum e non doletum?} O se dolui, perchè delevi e non delui? (v'ha però forse abolui, ed anche adolui ec. p. 3702. e ivi marg.) V. p. 3715.} Si risponde facilmente se si adottano le cose sopraddette: altrimenti non si può spiegare. L'u ebbe luogo nella seconda, come il v, ch'è la stessa lettera, ebbe luogo nella prima e nella quarta: per evitar l'iato. L'u e il v ne' perfetti di queste coniugazioni e nelle dipendenze de' perfetti sono dunque lettere affatto accidentali, accessorie, estranee, introdotte dalla proprietà della pronunzia, contro la primitiva forma d'essi verbi, benchè poi passate in regola nel latino scritto. Passate in regola nelle due prime. La quarta è l'unica che conservi ancora il suo perfetto primitivo (come la terza {generalmente e regolarmente,} che non patì nè poteva patire quest'alterazione) insieme col corrotto: audii, audivi. Il latino volgare per lo contrario non conservò, e l'italiano non conserva, che i primitivi: amai, dovei, udii. Queste osservazioni mostrano l'analogia (finora,  3701 credo sconosciuta) che v'ebbe primitivamente fra la ragion grammaticale, la formazione la desinenza de' perfetti della 1. 2. e 4. e che v'ha effettivamente fra l'origine delle forme e desinenze di tutti e tre. Analogia oscurata poscia e resa invisibile dalle alterazioni che dette desinenze variamente ricevettero nella pronunzia, nell'uso ec., le quali alterazione[alterazioni] passate in regola, furono poi credute forme primitive ec. {#2. Forse la coniugazione in cui più verbi si trovino che abbiano il perfetto (e sue dipendenze) veramente primitivo, {+e ciò} senz'averlo doppio come que' della quarta, {+ne' quali l'un de' perfetti non è primitivo,} si è la 3.a}