[3806,1]
Amongst unequals no society,
*
dice Milton, cioè fra
disuguali non è società ec. ec. {Puoi vedere la p. 3891.}
Or quello che si suol dire dell'amicizia e delle secondarie società fra gli
uomini, io lo trasporto, e dee parimente valere circa la società del genere
umano generalmente
3807 considerata. Di tutte le specie
d'animali (così degli altri esseri) l'umana è quella i cui individui sono, non
solo accidentalmente, ma naturalmente, constante e inevitabilmente, più vari tra
loro. Come l'uomo è di gran lunga più conformabile d'ogni altro animale, e
quindi più modificabile, ogni menoma circostanza, ogni menomo accidente (sia
individuale, sia nazionale ec. {+sia
fisico sia morale ec.}) basta a produrre tra l'uno uomo e l'altro
{+(e così fra l'una nazione e
l'altra)} notabilissime diversità. E come è assolutamente inevitabile
la menoma varietà delle menome circostanze e accidenti, così è inevitabile la
diversità degli umani individui ec. che ne deriva. Inevitabile si è l'una e
l'altra in tutte le specie di animali, ma la seconda è molto maggiore nell'uomo
perchè dal poco diverso nasce in lui il diversissimo, stante la sua somma
modificabilità estremamente moltiplice, e la somma delicatezza e quindi
suscettibilità della sua natura rispetto agli altri animali, come si è detto.
Nel modo che la specie umana è divenuta, per la sua conformabilità, più diversa
da tutte l'altre specie animali {+e da
ciascuna di loro,} che non è veruna di queste rispetto {ad altra} veruna di esse; e nel modo che l'uomo nelle
sue diverse età, e in diversi tempi, anche naturalmente, è più diverso da se
medesimo che niuno altro animale; più diverso l'uomo giovane da se stesso
fanciullo, che non è niuno animale decrepito da se stesso appena nato; tanto che
{un} uomo in diverse età {+o in diverse circostanze naturali o accidentali, locali,
fisiche, morali, ec. di clima ec. native, cioè di nascita ec. o avventizie
ec. volontarie o no ec.} appena si può dire esser lo stesso
3808 uomo, ed il genere umano universalmente in diverse
età, o in diverse circostanze naturali o accidentali, locali ec. appena si può
dire esser lo stesso genere; nel modo stesso gl'individui di nostra specie sono
per natura di essa specie molto più vari tra loro che non son quelli di
verun'altra. Ciò accade ancora, ed inevitabilmente, e naturalmente, nell'uomo
naturale, nel selvaggio ec. Onde anche considerando l'uomo in natura, si può,
eziandio per questa parte, conchiudere che la sua specie è meno di verun'altra,
disposta a società, perchè composta d'individui naturalmente più diversi tra
loro, che non son quelli d'altra specie veruna. Ma come la società introduce e
porta al colmo tra gli uomini quella disuguaglianza che si considera negli
stati, nelle fortune, nelle professioni ec. così ella accresce a mille doppi,
promuove inevitabilmente e porta per sua natura al colmo la diversità sì fisica
sì morale, di facoltà, d'inclinazioni, di carattere, di forze, corpo ec. ec.
degl'individui, delle nazioni, de' tempi, delle varie età di un individuo ec.
ec. Ella accresce le diversità naturali ed ingenite di uomo ad uomo, ed altre
infinite e grandissime che nello stato naturale dell'uomo non avrebbero avuto
luogo, necessariamente e per sua natura ne introduce e cagiona. Ella distrugge
mille conformità e somiglianze naturali di uomo ad uomo. La natura è un canone
generale e costante, indipendente dall'arbitrio, poco soggetta agli
3809 accidenti (rispetto alla dipendenza che hanno
dagli accidenti e circostanze le opere ec. dell'uomo), una da per tutto, una
sempre rispetto a ciascuna specie, consistente in leggi certe ed eterne, ec. La
società, opera dell'uomo, dipendente dalla volontà che non ha niuna legge certa,
altrimenti non sarebbe volontà, arbitraria, incostante, varia secondo gli
accidenti e le circostanze de' tempi, de' luoghi, de' voleri, delle mille cose
che la cagionano e che determinano la sua forma e il modo del suo essere, non è
una in se stessa, perchè ha avuto ed ha necessariamente infinite forme, e queste
sempre variabili e variate; non è una in nessuna delle sue forme, perchè in
ciascuna di queste v'ha mille varietà che diversificano l'una dall'altra
necessariamente le parti che la compongono, chi comanda da chi ubbidisce, chi
consiglia da chi è consigliato, ec. ec. Nella società l'uomo perde {quanto è possibile} l'impronta della natura. Perduta
questa, ch'è la sola cosa stabile nel mondo, la sola universale, o comune al
genere o specie, non v'ha altra regola, {filo,} canone,
tipo, forma, che possa essere stabile e comune, alla quale tutti gl'individui
agguagliandosi, sieno conformi tra loro ec. ec. La società rende gli uomini, non
pur diversi e disuguali tra loro, quali essi sono in natura, ma dissimili. Onde
anche per questo argomento si conchiude che l'essenza e natura della società,
{massime umana,} contiene contraddizione in se
stessa; perocchè la società umana naturalmente distrugge il più necessario
elemento,
3810 mezzo, nodo, vincolo della società, ch'è
l'uguaglianza e parità scambievole degl'individui che l'hanno a comporre; o
vogliamo dire accresce per proprietà sua la naturale disparità de' suoi
subbietti, e l'accresce tanto che li rende affatto incapaci di società
scambievole, di quella medesima società che gli ha così diversificati, anzi
d'ogni società, anche di quella che per natura sarebbe stata loro e possibile e
destinata e propria; insomma, per tornare al principio di questo discorso, rende
i suoi soggetti quali son quelli tra' quali naturalmente no society,
*
anzi fa più, perchè se la
società, secondo Milton, è impossibile
tra disuguali, essa li rende dissimili. E in verità niuno animale meno che
l'uomo ha ragion di chiamare suoi
simili gl'individui della sua specie, nè ha più ragione di trattarli
come dissimili, e come individui di specie diversa. Il che egli non manca di
fare. E il farlo, com'ei lo fa ordinariamente, massime nella società, è ben
prova {effettiva} del sopraddetto ec. ec. (25-30.
Ottobre. 1823.).