[394,1] 2o. Io ammetto anzi sostengo la corruzione dell'uomo,
e il suo decadimento dallo stato primitivo, stato di felicità; come appunto fa
il Cristianesimo. S'io dico che l'uomo fu corrotto dall'abuso della ragione, dal
sapere, e dalla società, questi sono i mezzi, o le cagioni secondarie della
corruzione, e non tolgono che la causa originale non sia stato il peccato. Io
non credo che nessuna vera e soda ragion di fede provi la scienza infusa in Adamo. S'egli ebbe subito un linguaggio,
si può stimare, ed è ben verosimile che n'abbiano anche le bestie per servire a
395 quella tal società di cui abbisognano; a quella
che sarebbe convenuta anche all'uomo nello stato primitivo, come conviene alle
bestie che sono ancora in esso stato; a quella che Dio volle indicare (e non
altro) quando disse: Non est bonum esse hominem solum: faciamus ei
adiutorium simile sibi[sui]
*
(Gen. 2.
18.); a quella della quale ho detto bastantemente altrove p.
370. E contuttociò le bestie non hanno scienza infusa, e dalla
Genesi non risulta niente di questo, riguardo ad Adamo, anzi il contrario. Giacchè
qualunque cosa si voglia intendere per l'albero della scienza del bene e del
male, è certo che il solo comando che Dio diede all'uomo dopo averlo posto in
paradiso voluptatis
*
(Gen. c. 2. v. 8. 15. {23. 24.})
(s'intende voluttà e felicità terrena, contro quello che si vuol sostenere, che
all'uomo non sia destinata naturalmente se non se una felicità spirituale e
d'un'altra vita), fu De ligno autem scientiae boni et mali ne comedas,
in quocumque enim die comederis ex eo, morte morieris.
*
(Gen. 2. 17.) Non è questo un
interdir chiaramente all'uomo il sapere? un voler porre soprattutte le altre
cose (giacchè questo fu il solo comando o divieto) un ostacolo agl'incrementi
della ragione, come quella che Dio conosceva essere per sua natura e dover
essere la distruttrice della felicità, e vera perfezione
396 di quella tal creatura, tal quale egli l'aveva fatta, e in quanto
era così fatta? Il serpente disse alla donna Scit enim Deus quod in
quocumque die comederitis ex eo, aperientur oculi vestri, et eritis
sicut dii, scientes bonum et malum.
*
(Gen. 3. 5.) In maniera che la sola prova a
cui Dio volle esporre la prima delle sue creature terrestri, per donargli quella
felicità che gli era destinata, fu appunto ed evidentemente il vedere s'egli
avrebbe saputo contenere la sua ragione, ed astenersi da quella scienza, da
quella cognizione, in cui pretendono che consista, e da cui vogliono che dipenda
la felicità umana: fu appunto il vedere s'egli avrebbe saputo conservarsi quella
felicità che gli era destinata, e vincere il solo ostacolo o pericolo che allora
se le opponesse, cioè quello della ragione e del sapere. Questa fu la prova a
cui Dio volle assoggettar l'uomo, se bene lo fece in un modo o materiale, o
misterioso. Di che cosa poi si trattava? È egli assurdo o cattivo per sua natura
il desiderio di conoscere {e discernere} il bene ed il
male? {(che in somma è quanto dire la cognizione)}
Secondo voi altri apologisti della Religione, non è. Ma all'autor della
Religione parve che fosse, perchè l'uomo già sapeva abbastanza per natura, cioè
per opera propria, immediata e primitiva di Dio, tutto ciò che gli conveniva
sapere. La colpa dell'uomo fu volerlo sapere per opera sua, cioè non
397 più per natura, ma per ragione, e conseguentemente
saper più di quello che gli conveniva, cioè entrare colle sue proprie facoltà
nei campi dello scibile, e quindi non dipendendo più dalle leggi della sua
natura nella cognizione, scoprir quello, che alle leggi della sua natura, era
contrario che si scoprisse. Questo e non altro fu il peccato di superbia che gli
scrittori sacri rimproverano ai nostri primi padri; peccato di superbia
nell'aver voluto sapere quello che non dovevano, e impiegare alla cognizione, un
mezzo e un'opera propria, cioè la ragione, in luogo dell'istinto, ch'era un
mezzo e un'azione immediata di Dio: peccato di superbia che a me pare che sia
rinnuovato precisamente da chi sostiene la perfettibilità dell'uomo. I primi
padri finalmente peccarono appunto per aver sognata questa perfettibilità, e
cercata questa perfezione {fattizia, ossia} derivata da
essi. Il loro peccato, la loro superbia, non consiste in altro che nella
ragione: ragione assoluta: ragione, parlando assolutamente, non male adoperata,
giacchè non cercava se non la scienza del bene e del male. Or questo appunto fu
peccato e superbia. Condannato ch'ebbe {la donna e}
l'uomo, disse Iddio: Ecce Adam
quasi unus ex nobis factus
398 est, sciens
bonum et malum.
*
(Gen. 3.
22.) E non aggiunse altro in questo proposito. Dunque egli non tolse
alla ragione umana quell'incremento che l'uomo indebitamente gli aveva
proccurato. Dunque l'uomo restò veramente simile a Dio per la ragione, restò più
sapiente assai di quando era stato creato. Dunque il decadimento dell'uomo, non
consistè nel decadimento della ragione, anzi nell'incremento. {+V.
p. 433. capoverso 1.} E sebben l'uomo ottenne precisamente
quello che il serpente aveva promesso ad Eva, cioè la scienza del bene e del male, non però
{questa} accrebbe la sua felicità, anzi la
distrusse. Questi mi paiono discorsi concludenti, e raziocini non istiracchiati
ma solidi, e dedotti naturalmente e da dedursi dalle parole e dallo spirito bene
inteso della narrazione Mosaica, e se ne può efficacemente concludere che lo
spirito di questa narrazione, è di attribuire formalmente la corruzione e
decadenza dell'uomo all'aumento della sua ragione, e all'acquisto della
sapienza; considerar come corruttrice dell'uomo la ragione e il sapere: cioè
come mezzi {espressi} di corruzione, perchè la causa
primaria fu la disubbidienza, ma la disubbidienza a un divieto che proibiva
appunto all'uomo di proccurarsi e di rendere efficaci questi mezzi di corruzione
e d'infelicità.