[967,1] Ciò è manifesto 1. dal fatto. La gran difficoltà di
certe lingue affatto diverse dal carattere delle nostrali, consiste in ciò, che
cercando nella propria lingua parole o frasi corrispondenti, non le troviamo, e
non trovandole non intendiamo, o stentiamo a intendere, o certo a concepire con
distinzione ed esattezza la forza e la natura di quelle voci o frasi straniere.
2. da una ragione anche più intimamente filosofica e psicologica delle
accennate. Le idee, i pensieri per se stessi non si fanno vedere nè conoscere,
non si potrebbero vedere nè conoscere per se stessi. A far ciò non c'è altro
mezzo che i segni di convenzione. Ma se i segni di convenzione son diversi, è lo
stesso che non ci fosse convenzione, e che quelli non fossero segni, e così in
una lingua non conosciuta, le idee e pensieri che esprime non s'intendono. Per
intendere dunque questi segni come vorreste fare? a che cosa riportarli? alle
idee e pensieri vostri immediatamente? come? se non sapete quali idee e quali
pensieri significhino. Bisogna che lo intendiate per mezzo di altri segni, della
cui convenzione siete partecipe, cioè per mezzo di un'altra lingua da voi
conosciuta; e quindi riportiate quei segni sconosciuti, ai segni
968 conosciuti, i quali sapendo voi bene a quali idee si
riportino, venite a riportare i segni {sconosciuti}
alle idee, e per conseguenza a capirli. Ma se il numero dei segni da voi
conosciuti è limitato, come farete a intendere quei segni sconosciuti che non
avranno gli equivalenti fra i noti a voi? Non vale che quei segni sconosciuti
corrispondano a delle idee, e che voi siate capacissimo di queste idee. Bisogna
che sappiate quali sono e che lo sappiate precisamente, e non lo potete sapere
se non per via di segni noti. Bisogna che se p. e. (e questo è il principale in
questo argomento) quei segni sconosciuti esprimono un accidente, una gradazione,
una menoma differenza, una nuance di qualche idea che
voi già conoscete e tenete, e sapete esprimere con segni noti, voi intendiate
perfettamente, e vi formiate un concetto chiaro e limpido di quella tale
ancorchè menoma gradazione; e se questa non si può esprimere con {verun} segno a voi noto, come giungerete al detto
effetto? Solamente a forza di conghietture, o spiegandovisi la cosa a forza di
circollocuzioni. Con che non è possibile, o certo è difficilissimo che voi
giungiate a formarvi un'idea chiara, distinta ec. di quella precisa idea, o
mezza idea ec. espressa da quel tal segno. E perciò dico che i francesi non sono
ordinariamente capaci di concepire le proprietà delle altre lingue, se non in
maniera più o meno oscura, ma che
969 sempre conservi
qualche cosa di confuso e di non perfetto. Ciascuna lingua (lasciando ora le
parole, delle quali la francese, sebbene inferiore anche in ciò ad altre lingue,
tuttavia non è povera, e in certi generi {è} ricca) ha
certe forme, certi modi particolari e propri che per l'una parte sono
difficilissimi a trovare perfetta corrispondenza in altra lingua; per l'altra
parte costituiscono il principal gusto di quell'idioma, sono le sue più native
proprietà, i distintivi più caratteristici del suo genio, le grazie più intime,
recondite, e più sostanziali di quella favella. Nessuna lingua dunque è uno
strumento così perfetto che possa servire bastantemente per concepire con
perfezione le proprietà tutte e ciascuna di ciascun'{altra} lingua. Ma la cosa va in proporzione; e quella lingua ch'è più
povera d'inversioni (Staël l. c. p. 11. fine),
chiusa in giro più angusto (ib.), più
monotona, (ib. p. 12.
principio), più timida, più scarsa di ardiri, più legata, più serva di se
stessa, meno arrendevole, meno libera, meno varia, più strettamente conforme in
ogni parte a se stessa; questa lingua dico è lo strumento meno atto, meno
valido, più insufficiente, più grossolano, per elevarci alla cognizione delle
altre lingue, e delle loro particolarità.