[63,3] La Commedia allora principalmente è utile quando fa
conoscere il mondo, i suoi pericoli, vizi, vanità, seduzioni, tradimenti,
illusioni, ec. ai giovani alle giovanette ec. giacchè ai vecchi che già lo
conoscono non serve gran cosa, e quanto alle massime di morale e gli esempi dei
tristi puniti, delle virtù, dei buoni premiati ec. sono miserabili cose e della
cui utilità, se non alquanto nel basso volgo, non si può disputare in buona
fede, che certo nessun giovane o persona qualunque di un certo mondo e in somma
civile, è tornata dalla commedia più virtuosa per le prediche o gli esempi
morali che ci ha sentite e vedute, bensì è facile che sia (almeno in parte)
disingannate[disingannata] dallo
svelamento di tante trame che si tendono alla povera gioventù, e dalla semplice
imitazione e rappresentazione di quello che succede nel mondo e che la gioventù
ignora e crede molto diverso, come appunto servono le storie più che tanti altri
libri, colla differenza che la commedia mostra la cosa più al vivo e al naturale
e la mette sotto gli occhi in luogo di narrarla, ond'è più persuasiva. Diciamo
in proporzione lo stesso degli altri generi di dramma.
[2808,1] Da queste considerazioni si argomenti se
2809 sia giusto il dire che l'uso del coro nuoce
all'illusione. Qual grata illusione senza il vago e l'indefinito? E qual dolce
{grande} e poetica illusione doveva nascere dalle
circostanze sovra esposte! (21. Giugno. 1823.). {+Nelle commedie la moltitudine serve altresì
all'entusiasmo e al vago della gioia, alla βακχείᾳ, a dar qualche
apparente e illusorio peso alle cagioni sempre vane e false che noi
abbiamo di rallegrarci e godere, a strascinare in certo modo lo
spettatore nell'allegrezza e nel riso, come accecandolo, inebbriandolo,
vincendolo coll'autorità della vaga moltitudine.}
{{V. p.
2905.}}
[2905,1]
Alla p. 2809.
Nelle nostre Opere serie e buffe,
l'effetto del coro non è cattivo. Ma esso nelle opere serie è ben lontano dal far quegli uffici, dal
sostener quel personaggio, e quindi dal muovere quelle illusioni e far quegli
effetti che faceva nelle tragedie antiche: ond'è ch'esso riesce forse meglio
nelle opere buffe, quanto all'effetto
morale, giacchè muove pure all'allegria, e fa come l'uffizio, così l'effetto che
produceva nelle antiche commedie, nè il muovere all'allegria, ch'è pure una
passione, è piccolo effetto morale. Laddove nelle opere serie esso non interessa quasi che gli occhi e gli
orecchi, e niuna passione ancorchè menoma nè desta nè pur tocca. Ma questo è pur
troppo il general difetto di tutta l'Opera, e massime della seria, e nasce dal far totalmente servir le
parole allo spettacolo e alla musica, e dalla confessata nullità d'esse parole,
dalla qual necessariamente deriva la nullità de' personaggi, e
2906 così del coro, e quindi la mancanza d'effetto
morale, ossia di passione; se non altro la molta scarsezza, rarità, languidezza,
e poca durevolezza dell'uno e dell'altra.
[4234,5] La poesia, quanto a' generi, non ha in sostanza che
tre vere e grandi divisioni: lirico, epico e drammatico. Il lirico, primogenito
di tutti; proprio di ogni nazione anche selvaggia; più nobile e più poetico d'ogni altro; vera {e pura} poesia in tutta la sua estensione; proprio
d'ogni uomo anche incolto, che cerca di ricrearsi o di consolarsi col canto, e
colle parole misurate in qualunque modo, e coll'armonia; espressione libera e
schietta di qualunque affetto vivo e ben sentito dell'uomo. L'epico nacque dopo
questo e da questo; non è in certo modo che un'amplificazione del lirico, o
vogliam dire il genere lirico che tra gli altri suoi mezzi e subbietti ha
assunta
4235 principalmente e scelta la narrazione,
poeticamente modificata. Il poema epico si cantava anch'esso sulla lira o con
musica, per le vie, al popolo, come i primi poemi lirici. Esso non è che un inno
in onor degli {eroi o delle nazioni o eserciti;}
solamente un inno prolungato. Però anch'esso è proprio d'ogni nazione anche
incolta e selvaggia, massime se guerriera. E veggonsi i canti di selvaggi in
gran parte, e quelli ancora de' bardi, partecipar tanto dell'epico e del lirico,
che non si saprebbe a qual de' due generi attribuirli. Ma essi son veramente
dell'uno e dell'altro insieme; sono inni lunghi e circostanziati, di materia
guerriera per lo più; sono poemi epici indicanti il primordio, la prima natività
dell'epica dalla lirica, individui del genere epico nascente, e separantesi, ma
non separato ancora dal lirico. Il drammatico è ultimo dei tre generi, di tempo
e di nobiltà. Esso non è un'ispirazione, ma un'invenzione; figlio della civiltà,
non della natura; poesia per convenzione e per volontà degli autori suoi, più
che per la essenza sua. La natura insegna, è vero, a contraffar la voce, le
parole, i gesti, gli atti di qualche persona; e fa che tale imitazione, ben
fatta, rechi piacere: ma essa non insegna a farla in dialogo, molto meno con
regola e con misura, anzi n'esclude la misura affatto, n'esclude affatto
l'armonia; giacchè il pregio {e il diletto} di tali
imitazioni consiste tutto nella precisa rappresentazion della cosa imitata, di
modo ch'ella sia posta sotto i sensi, e paia vederla o udirla. Il che anzi è
amico della irregolarità e disarmonia, perchè appunto è amico della verità, che
non è armonica. Oltre che la natura propone per lo più a tali imitazioni i
soggetti più disusati, fuor di regola, le bizzarrie, i ridicoli, le stravaganze,
i difetti. E tali imitazioni {naturali} poi, non sono
mai d'un avvenimento, ma d'un'azione semplicissima, voglio dir d'un atto, senza
parti, senza cagioni, mezzo, conseguenze; considerato in se solo, e per suo solo
rispetto. Dalle quali cose è manifesto che la imitazion suggerita dalla natura,
è per essenza, del tutto differente dalla drammatica. Il dramma non è proprio
delle nazioni incolte. Esso è uno spettacolo, un figlio della civiltà e
dell'ozio, un trovato
4236 di persone oziose, che
vogliono passare il tempo, in somma un trattenimento dell'ozio, inventato, come
tanti e tanti altri, nel seno della civiltà, dall'ingegno dell'uomo, non
ispirato dalla natura, ma diretto a procacciar sollazzo a se e agli altri, e
onor sociale o utilità a se medesimo. Trattenimento liberale bensì e degno; ma
non prodotto della natura vergine e pura, come è la lirica, che è sua legittima
figlia, e l'epica, che è sua vera nepote. - Gli altri che si chiamano generi di
poesia, si possono tutti ridurre a questi tre capi, o non sono generi distinti
per poesia, ma per metro o cosa tale estrinseca. L'elegiaco è nome di metro.
Ogni suo soggetto usitato appartiene di sua natura alla lirica; come i subbietti
lugubri, che furono spessissimo trattati dai greci {lirici,} massime antichi, in versi lirici, nei componimenti al tutto
lirici, detti θρῆνοι, {+quali furon
quelli di Simonide, assai
celebrato in tal maniera di componimenti, e quelli di Pindaro: forse anche μονῳδίαι, come quelle che di
Saffo ricorda
Suida.} Il satirico è in parte lirico, se
passionato, come l'archilocheo; in parte comico. Il didascalico, per quel che ha di vera
poesia, è lirico o epico; dove è semplicemente precettivo, non ha di poesia che
il linguaggio, {il modo} e i gesti per dir così. {ec.}
(Recanati. 15. Dic. 1826.).
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133. Vera e forse unica sperabile utilità della commedia dovrebb'essere d'istruire i giovani, gl'inesperti e gl'irriflessivi sopra la natura della vita sociale e degli uomini. (varia_filosofia) (1)
58. Pigrizia della testuggine proporzionata alla lunghezza della sua vita. (varia_filosofia) (1)