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Lettere. Nomi delle lettere dell'alfabeto.

Letters. Names of the letters of the alphabet.

Vedi Alfabeto. See Alphabet. 30,2 69,4 802,2812,1 1164,1 1338,3 1346,3 4082_4

[30,2]  Nella quistione se debba dire be ce de ec. o bi ec. e però abbiccì o abbeccè della quale v. il Manni Lez. di ling. toscana, io senza cercare l'uso di qual città debba far legge ma quale sia più ragionevole preferisco l'abbeccè ch'è anche nostro marchegiano, per ragioni cavate dalla natura la quale pare che quel riposo vocale per la cui necessità soltanto si dà il nome alle consonanti, lasciando le vocali sole come sono, (quantunque gli antichi {greci ebrei ec} nominassero anche le vocali) l'abbia ristretto all'e onde provatevi a pronunziar sola {una consonante} p. e. l'f o l'n: (metto queste sulle quali non cade la quistione nè l'uso di pronunziare piuttosto in un modo che in un altro) vedrete che la pronunzia non potendo star sospesa e finita nella pura consonante, e dove[dovendo] cascare in vocale vi casca nell'e: così vediamo che i fanciulli nel leggere e chiunque strascina la pronunzia delle parole, a quelle lettere che non hanno vocale dopo aggiunge un mezzo e, come in aredenetemenete ine pace ec. Però gli ebrei (e credo che così sia in tutte le lingue orientali) ponendo sempre un riposo dopo ogni consonante o espresso o sottinteso, quando manca la vocale, ci mettono o ci suppongono lo sceva tanto in mezzo che in fine delle parole, il quale talora si pronunzia talora no, e in genere si può molto propriamente rassomigliare all'e muta dei francesi, i quali non hanno altra vocale muta che l'e, nuova prova di quel ch'io dico.

[69,4]  A quello che ho detto in altro pensiero p. 30 si può aggiungere che gli stessi fiorentini pronunziano effe elle emme esse {ec.} e non effi elli ec. tanto è chiaro che la lingua umana dove manca l'appoggio della vocale, cade naturalmente in un'e.

[812,1]  In quelle parole che incominciano per s impura, la lingua par che abbia bisogno di un appoggio avanti la s, ossia avanti la parola. La lingua francese e la spagnuola amano questo appoggio nelle così fatte parole che hanno ricevute da' latini o da chicchessia, ovvero formate da loro. E la spagnuola principalmente che non ha se non pochissime parole cominciate da s impura.  813 (Il Franciosini ne riporta sole 16, e tutte cominciate da sc con dietro varie vocali). Ora {dovendo dare alla lingua} questo appoggio di una vocale non si è scelta altra che la e. Così da sperare gli spagnuoli hanno fatto esperar, i francesi espérer, da species gli spagnuoli especie, i francesi espèce, da spiritus gli spagnuoli espiritu i francesi esprit, da studium gli spagnuoli estudio i francesi estude che poi tolta via la s hanno fatto étude, da scribere gli spagnuoli escrivir, gli antichi francesi escrire, da stomachus estomago estomac ec. ec. Tanto è vero che dove la lingua ha bisogno di un appoggio o gradisce un appoggio per pronunziare una consonante, e riposarla nella vocale, senza che questa sia determinata, la lingua sceglie naturalmente e cade e si riposa nella e. E così anche, come si vede per la detta osservazione, quando questa vocale le ha da servire come di gradino alla pronunzia di consonanti. L'italia quanto alla s impura non è stata più delicata dei latini e de'  814 latini. Vero è però che quando la s impura, sarebbe preceduta da consonante, l'italia per usanza non naturale, ma gramaticale, artifiziale, acquisita, e particolare sua, v'interpone la i {non} la e (in ispirito ec.). Credo però che il contrario facessero scrivendo i primi italiani. Del resto riferite alla suddetta osservazione il nostro dire ef el ec. e non if il. (18. Marzo 1821.).

[1164,1]   1164 I Toscani che dicono bi ci di, perchè dicono effe, emme, enne, erre, esse (v. la Crusca) e non effi, emmi ec.? {anzi iffi, immi ec.?} (13. Giugno 1821.).

[1338,3]  Gli Ebrei pongono o suppongono uno sceva semplice (cioè una e muta che non fa sillaba) espresso o sottinteso sotto, cioè dopo, tutte le consonanti che non hanno altra vocale, {sia nel principio, nel mezzo o nel fine delle voci.} Ragionevolmente perchè i nostri organi cadono naturalmente in una leggerissima e, non solo pronunziando una consonante isolata, o una parola terminata per consonante, e non seguita  1339 subito da parola cominciante per vocale, ec. ma anche nel pronunziare due o più consonanti di seguito in una stessa parola, come travaglio ec. quella o quelle consonanti che non hanno altra vocale, s'appoggiano insensibilmente in una e tenuissima; e non possono mai nudamente e puramente addossarsi alla consonante che segue. Eccetto quando quelle due o più consonanti fanno un tal suono che benchè rappresentato con più caratteri, è però effettivamente uno solo, ed equivale ad una sola lettera; {+(lettera non rappresentata nell'alfabeto distintamente; e ve ne sono parecchie; del che v. gli altri pensieri sulla ricchezza dell'alfabeto naturale pronunziato)} come le consonanti doppie (tutto), come nella suddetta voce travaglio, le consonanti g ed l ec. Non così nell'x benchè rappresentato con un solo carattere. ec. (17. Luglio 1821.).

[1346,3]  Dalle lettere consonanti che cadono necessariamente in e, bisogna eccettuare il nostro c e g chiuso, e il ch degli spagnuoli, le quali  1347 lettere non si possono pronunziare se non cogli organi, vale a dire la lingua, il palato, e i denti così serrati, che il suono, anche nel mezzo della parola e in qualunque luogo, esce inevitabilmente in un i, quanto si voglia tenue, e ciò perchè l'i è la vocale più esile e stretta. {+Esce dico in un i ma poi termina veramente in un e (quasi ie), qualunque volta le dette lettere, e i suoni loro analoghi si pronunzino isolati, o nel fine di una parola, o insomma senz'altro appoggio di vocale.} Così accade anche ai suoni che partecipano dei sopraddetti, come gli (che noi non iscriviamo mai senza l'i, o lo pronunziamo in altro modo) e gn. {+V. p. 1363.} Del resto il nostro c e g chiusi, noi li poniamo anche avanti alla e, quantunque questa insieme coll'i sia la sola vocale a cui la preponiamo. Ciò per altro nella scrittura. Ma la pronunzia frappone sempre un i anche al c ed e, ec.; e così solevano fare i nostri antichi anche nella scrittura di quelle voci, dalle quali una poco analitica ortografia ha escluso l'i. (19. Luglio 1821.).

[4082,4]  Anche i latini nominavano be ce ec. non bi ci, come confessa il Corticelli nel principio della Gramm. Toscana, il qual vedi, e v. anche il Buommattei e gli altri grammatici latini italiani francesi spagnuoli ec. (26. Apr. 1824.).