[608,1]
Alla p. 570.
principio. Perchè come gli oligarchi e gli ottimati a forza di
fazioni, di clientele, di largizioni, di artifizi di ogni sorta, hanno vinto la
plebe in cui risiedeva il potere, e l'hanno vinta colle forze comuni: così
questi pochi nei quali risiede ora il potere; mediante l'egoismo e la πλεονεξία,
inevitabile quando la virtù {e la natura} è sparita dal
mondo, non si accordano neppure intorno agl'interessi comuni di questa piccola
società, il cui solo bene era divenuto loro scopo: e ciascuno cercando il ben
proprio, si dividono di nuovo in partiti; il partito vincitore, si suddivide di
nuovo per gli stessi motivi; finattanto che più presto o più tardi, la vittoria
e il potere resta in mano di un solo, il quale essendo indivisibile, finalmente
il governo divenuto monarchia, piglia
609 una forma
stabile. Così accadde in Roma. Gli uomini chiari per
gloria militare o domestica, per ricchezze, potere, eloquenza ec. esercitavano
già una specie di oligarchia, quando questa, abbassati tutti gli altri, si venne
a ristringere nei primi Triumviri, finattanto che Cesare tolti di mezzo gli altri triumviri, ristrinse
tutto in lui solo. Così nel secondo triumvirato. (4. Feb.
1821.).
[709,1]
Alla p. 120.
Aggiungete che nelle monarchie, o reggimenti di un solo o di pochi (che
reggimento di pochi si può veramente chiamare ogni monarchia, dove non è
possibile che tutto effettivamente dipenda, derivi, e si regoli secondo la
volontà di un solo, massime quanto più ella è grande) le cagioni degli
avvenimenti sono molto più menome e moltiplici che negli stati liberi e
popolari, {ancorchè paia l'opposto.} Perchè le cagioni
che operano in tutto un popolo, o nella massima, o in buona parte di quello, o
in somma in molti, non sono nè così piccole, nè tante, nè così varie, nè così
difficili a congetturare, quando anche fossero nascoste, come quelle che operano
in uno o in diversi individui particolarmente. E si vede in fatti, chi conosce
un tantino la storia de' regni, come i massimi avvenimenti sieno spesso derivati
da piccolissimi affettucci di quel re, di quel ministro ec. da menome
circostanze, da una passioncella, da una parola, da una ricordanza, da
un'assuefazione individuale,
710 da un carattere
particolare, da inclinazioni; da qualità, accidenti della vita, amicizie o
nimicizie ec. contratte dal principe o dal ministro ec. nello stato privato.
Quindi si può vedere, quanto la storia oggidì sia oscura e difficile allo
scrittore, e come spesso debba riuscire in gran parte falsa, e quindi inutile ai
lettori; consistendo la chiave di sommi avvenimenti, la spiegazione di somme
maraviglie, nella cognizione di aneddoti sempre difficili, spesso impossibili a
sapere. E così oggi gli scrittori di aneddoti e bazzecole di corte, sono più
benemeriti forse della storia, che i sommi storici, {e
scrittori} delle massime cose. (2. Marzo 1821.).
[3471,1]
Mὴ μετέχοντας δὲ τῆς
πολιτείας, πῶς οἷόν τε ϕιλικῶς ἔχειν πρὸς τὴν πολιτεῖαν
*
; Aristot.
Polit. l. 2. ed. Victor.
Flor. 1576. ap. Juntas, p.
131. (19. Sett. 1823.).
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