Mente umana. Sua potenza somma, specialmente nelle speculazioni astratte.
Human mind. Its highest power, especially in abstract speculations.
1627,2 2941,1 3171,1[1627,2] La mente umana è di una capacità immensa. Ella
s'innalza fino a Dio, arriva in certo modo a conoscerlo, benchè non possa
determinarlo. Il senso ch'ella prova in questa contemplazione e considerazione,
non è propriamente il disperar di conoscere. Solamente ella conosce di non esser
Dio, e ravvisa la diversità
1628 dell'essenza ed
esistenza fra Lui e se, come fra se e le altre creature. Anzi ella si sente più
simile, più capace d'immaginare e penetrare nel modo in cui Dio esiste, che in
quello delle altre creature. Queste espressioni non son temerarie. La Religione
insegna che l'uomo è uno specchio della Divinità, {+
quasi unus ex nobis.
*
}
(4. Sett. 1821.).
[2941,1] Il principal difetto della ragione non è, come si
dice, di essere impotente. In verità ella può moltissimo, e basta per
accertarsene il paragonare l'animo e l'intelletto di un gran filosofo con quello
di un selvaggio o di un fanciullo, o di questo medesimo filosofo avanti il suo
primo uso della ragione: e così il paragonare il mondo civile presente sì
materiale che morale, col mondo selvaggio presente, e più col primitivo. Che
cosa non può la ragione umana nella speculazione? Non penetra ella fino
all'essenza delle cose che esistono, ed anche di se medesima? non ascende fino
al trono di Dio, e non
2942 giunge ad analizzare fino
ad un certo segno la natura del sommo Essere? (vedi quello che ho detto altrove
in questo proposito pp. 1627-28) La ragione dunque per se, e come ragione,
non è impotente nè debole, anzi per facoltà di un ente finito, è potentissima;
ma ella è dannosa, ella rende impotente colui che l'usa, e tanto più quanto
maggiore uso ei ne fa, e a proporzione che cresce il suo potere, scema quello di
chi l'esercita e la possiede, e più ella si perfeziona, più l'essere ragionante
diviene imperfetto: ella rende piccoli e vili e da nulla tutti gli oggetti sopra
i quali ella si esercita, annulla il grande, il bello, e per così dir la stessa
esistenza, è vera madre e cagione del nulla, e le cose tanto più impiccoliscono
quanto ella cresce; e quanto è maggiore la sua esistenza in intensità e in
estensione, tanto {l'esser delle cose} si scema e
restringe ed accosta verso il nulla. Non diciamo che la ragione vede poco. In
effetto la sua vista si stende quasi in infinito, {+ed è acutissima sopra ciascuno oggetto,} ma essa
vista ha questa proprietà che lo spazio e gli oggetti le appariscono tanto più
piccoli quanto ella più si stende
2943 e quanto meglio
e più finamente vede. Così ch'ella vede sempre poco, e in ultimo nulla, non
perch'ella sia grossa e corta, ma perchè gli oggetti e lo spazio tanto più le
mancano quanto ella più n'abbraccia, e più minutamente gli scorge. Così che il
poco e il nulla è negli oggetti e non nella ragione, {+1. (benchè gli oggetti sieno, e sieno grandi a
qualunqu'altra cosa, eccetto solamente ch'alla ragione).}
Perciocch'ella per se può vedere assaissimo, ma in atto ella tanto meno vede
quanto più vede. Vede però tutto il visibile, e in tanto in quanto esso è e può
mai esser visibile a qualsivoglia vista. (11. Luglio 1823.).
[3171,1]
3171 Niuna cosa maggiormente dimostra la grandezza e la
potenza dell'umano intelletto, nè l'altezza e nobiltà dell'uomo, che il poter
l'uomo conoscere e interamente comprendere e fortemente sentire la sua
piccolezza. Quando egli considerando la pluralità de' mondi, si sente essere
infinitesima parte di un globo ch'è minima parte d'uno degli infiniti sistemi
che compongono il mondo, e in questa considerazione stupisce della sua
piccolezza, e profondamente sentendola e intentamente riguardandola, si confonde
quasi col nulla, e perde quasi se stesso nel pensiero della immensità delle
cose, e si trova come smarrito nella vastità incomprensibile dell'esistenza;
allora con questo atto e con questo pensiero egli dà la maggior prova possibile
della sua nobiltà, della forza e della immensa capacità della sua mente, la
quale rinchiusa in sì piccolo e menomo essere, è potuta pervenire a conoscere e
intender cose tanto superiori alla natura di lui, e può abbracciare e contener
3172 col pensiero questa immensità medesima della
esistenza e delle cose. Certo niuno altro essere pensante su questa terra giunge
mai pure a concepire o immaginare di esser cosa piccola o in se o rispetto
all'altre cose, eziandio ch'ei sia, quanto al corpo, una bilionesima parte
dell'uomo, per nulla dire dell'animo. E veramente quanto gli esseri più son
grandi, quale sopra tutti gli esseri terrestri si è l'uomo, tanto sono più
capaci della conoscenza e del sentimento della propria piccolezza. Onde avviene
che questa conoscenza e questo sentimento anche tra gli uomini sieno infatti
tanto maggiori e più vivi, ordinari, continui e pieni, quanto l'individuo è di
maggiore e più alto e più capace {intelletto} ed
ingegno. (12. Agosto. dì di S. Chiara. 1823.).