Artifizio della Natura nell'universo, se sia veramente ammirabile.
Nature's artifice in the universe; whether it is truly admirable.
4142,1 4204,1 4248,9 4257,11[4141,4] Chi di noi sarebbe atto a immaginare, non che ad
eseguire, il piano dell'universo, l'ordine, la concatenazione, l'artifizio,
l'esattezza mirabile delle sue parti ec. ec.? Segno certo che l'universo è
4142 opera di un intelletto infinito. - Ma sapete voi
che dalla estensione e forza dell'intelletto dell'uomo, a un'estensione e forza
infinita ci corre uno spazio infinito? L'intelletto umano non è atto a
immaginare un piano come quello dell'universo. Ma un intelletto mille volte più
forte ed esteso dell'umano, potrà pure immaginarlo. Non vi pare che possa? Dite
dunque un intelletto maggiore dell'umano un millone di volte, un bilione, un
trilione, un trilione di trilioni. Non arriverete mai ad un intelletto infinito,
e però mai ad un intelletto grande, se non relativamente (giacchè un intelletto
anche un trilion di volte maggior del nostro, non sarebbe già un intelletto
grande per se, ma solo relativamente al nostro {+e sarebbe infinitamente minore di un intelletto
infinito.),} e però mai ad un intelletto divino. Lo stesso dico della
potenza. L'uomo non può fare il mondo. Non però il farlo richiede una potenza
infinita, ma solo maggiore assai dell'umana. Deducendo dalla esistenza del mondo
la infinità e quindi la divinità del suo creatore, voi mostrate supporre che il
mondo sia infinito, e d'infinita perfezione, e che manifesti un'arte infinita,
il che è falso, e se ciò è falso, niente d'infinito si dee attribuire all'autore
della natura. {+V. p. 4177.} Lascio anche stare le
innumerabili imperfezioni che si ravvisano, non pur fisicamente, ma
metafisicamente e logicamente parlando, nell'universo.
[4204,1] Contraddizioni innumerabili, evidenti e continue si
trovano nella natura considerata non solo metafisicamente e razionalmente, ma
anche materialmente. La natura ha dato ai tali animali l'istinto, {le arti,} le armi da perseguitare e assalire i tali
altri, a questi le armi da difendersi, l'istinto di preveder l'attacco, di
fuggire, di usar mille diverse astuzie per salvarsi. La natura ha dato agli uni
la tendenza a distruggere, agli altri la tendenza a conservarsi. La natura ha
dato ad alcuni animali l'istinto e il bisogno di pascersi di certe tali piante,
frutta ec., ed ha armato queste tali piante di spine per allontanar gli animali,
queste tali frutta di gusci, di bucce, d'inviluppi d'ogni genere,
artificiosissimi e diligentissimi, o le ha collocate nell'alto delle piante ec.
La natura ha creato le pulci e le cimici perchè ci succino il sangue, ed
ha[a] noi ha dato l'istinto di cercarle e di
farne strage. L'enumerazione di tali ed analoghe contrarietà si estenderebbe in
infinito, ed abbraccierebbe ciascun regno, {ciascuno
elemento,} e tutto il sistema della natura. Io avrò torto senza
dubbio, ma la vista di tali fenomeni mi fa ridere. Qual è il fine, qual è il
voler sincero e l'intenzione vera della natura? Vuol ella che il tal frutto sia
mangiato dagli animali o non sia mangiato? Se sì, perchè l'ha difeso con sì dura
crosta e con tanta cura? se no,
4205 perchè ha dato ai
tali animali l'istinto {e l'appetito} e forse anche il
bisogno di procacciarlo e mangiarselo? I naturalisti ammirano la immensa
sagacità ed arte della natura nelle difese somministrate alla tale o tale specie
animale o vegetabile o qualunque, contro le offese esteriori di qualunque sia
genere. Ma non pensano essi che era in poter della natura il non crear queste
tali offese? che essa medesima è l'autrice unica delle difese e delle offese,
del male e del rimedio? E qual delle due sia il male e quale il rimedio nel modo
di vedere della natura, non si sa. Si sa ben che le offese non sono meno
artificiosamente e diligentemente condotte dalla natura che le difese; che il
nibbio {o il ragno} non è meno sagace di quel che la
gallina o la mosca sia amorosa o avveduta. Intanto che i naturalisti e gli
ascetici esaminando le anatomie de' corpi organizzati, andranno in estasi di
ammirazione verso la provvidenza per la infinita artificiosità ed accortezza
delle difese di cui li troverà forniti, io finchè non mi si spieghi meglio la
cosa, paragonerò la condotta della natura a quella di un medico, il quale mi
trattava con purganti continui, ed intendendo che lo stomaco ne era molto
debilitato, mi ordinava l'uso di decozioni di china e di altri attonanti per
fortificarlo e minorare l'azione dei purganti, senza però interromper l'uso di
questi. Ma, diceva io umilmente, l'azione dei purganti non sarebbe minorata
senz'altro, se io ne prendessi de' meno efficaci o in minor dose, quando pur
debba continuare d'usarli? (Bologna. 25. Sett.
1826.). {{V. p. seg. [p.
4206,2]}}
[4248,9] Certo molte cose nella natura vanno bene, cioè vanno
in modo che esse cose si possono conservare e durare, che altrimenti non
potrebbero. Ma infinite (e forse in più numero che quelle) vanno male, e sono
combinate male, sì morali sì fisiche, con estremo incomodo delle creature; le
quali cose di leggieri si sarebbono potute combinar bene. Pure perch'elle non
distruggono l'ordine presente delle cose, vanno naturalmente e regolarmente
male, e sono mali naturali e regolari. Ma noi da queste non argomentiamo già che
la fabbrica dell'universo sia opera di causa non intelligente; benchè da quelle
cose che vanno bene crediamo poter con certezza argomentare che l'universo sia
fattura di una intelligenza. Noi diciamo che questi mali sono misteri; che
paiono mali a noi, ma non sono, benchè non ci cade in mente di dubitare che
anche quei beni sieno misteri, e che ci paiano beni e non siano. Queste
considerazioni confermano il sistema di Stratone da Lampsaco, spiegato da me in un'operetta a posta.
(18. Febbraio. Domenica di Sessagesima. 1827.).
[4257,11] Lodasi senza fine il gran magisterio della natura,
l'ordine incomparabile dell'universo. Non si hanno parole sufficienti a
commendarlo. Or che ha egli, perch'ei possa dirsi lodevole? Almen tanti mali,
quanti beni; almen tanto di cattivo, quanto di buono; tante cose che vanno male,
quante che camminan bene. Dico
4258 così per non
offender le orecchie, e non urtar troppo le opinioni: per altro, io son
persuaso, e si potrebbe mostrare, che il male v'è di gran lunga più che il bene.
Ora un tal magisterio, sarà poi tanto grande? un tal ordine tanto commendevole?
Ma il male par male a noi, non è veramente. E il bene, chi ci ha detto che sia
bene veramente, e non paia solo a noi? Se noi non possiamo giudicare dei fini,
nè aver dati sufficienti per conoscere se le cose dell'universo sien veramente
buone o cattive, se quel che ci par bene sia bene, se quel che male sia male;
perchè vorremo noi dire che l'universo sia buono, in grazia di quello che ci par
buono; e non piuttosto, che sia malo, in vista di quanto ci par malo, ch'è
almeno altrettanto? Astenghiamoci dunque dal giudicare, e diciamo che questo è
uno universo, che questo è un ordine: ma se buono o cattivo, non lo diciamo.
Certo è che per noi, e relativamente a noi, nella più parte è cattivo; e
ciascuno di noi per questo conto l'avria saputo far meglio, avendo {la materia e} l'onnipotenza in mano. Cattivo è ancora
per tutte le altre creature, e generi e specie di creature, che noi conosciamo:
perchè tutte si distruggono scambievolmente, tutte periscono; e, quel ch'è
peggio, tutte deperiscono, tutte patiscono a lor modo. Se di questi mali
particolari di tutti, nasca un bene universale, non si sa di chi {+(o se dal mal essere di tutte le parti, risulti il ben
essere del tutto; il qual tutto non esiste altrimenti nè altrove che nelle
parti; poichè la sua esistenza, altrimenti presa, è una pura idea o
parola);} se vi sia qualche creatura, o ente, o specie di enti, a cui
quest'ordine sia perfettamente buono; se esso sia buono assolutamente e per se;
e che cosa sia, e si trovi, bontà assoluta e per se; queste sono cose che noi
non sappiamo, non possiamo sapere; che niuna di quelle che noi sappiamo, ci
rende nè pur verisimili, non che ci autorizzi a crederle. Ammiriamo dunque
quest'ordine, questo universo: io lo ammiro più degli altri: lo ammiro per la
sua pravità e deformità, che a me paiono estreme. Ma per lodarlo, aspettiamo di
sapere almeno, con certezza, che egli non sia il pessimo dei possibili. - Quel
che ho detto di bontà e di cattività, dicasi eziandio di bellezza e bruttezza di
questo ordine ec. (21. Marzo. 1827.)
{{A
4259 veder se sia più il bene o
il male nell'universo, guardi ciascuno la propria vita; se più il bello o il
brutto, guardi il genere umano, guardi una moltitudine di gente adunata.
Ognun sa e dice che i belli son rari, e che raro è il bello.}}
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