[4127,9]
D. Le plaisir
est-il l'objet principal et immédiate[immédiat] de notre existence, comme l'ont dit quelques
philosophes? R. Non: il ne l'est pas plus que la douleur; le plaisir est
un encouragement à vivre, comme la douleur est un repoussement à mourir.
D. Comment prouvez-vous cette assertion? R. Par deux faits palpables:
l'un, que le plaisir, s'il est pris au-delà du besoin, conduit à la
destruction: par exemple, un homme qui abuse du plaisir de manger ou de
boire, attaque sa santé, et nuit à sa vie. L'autre,
4128 que la douleur conduit quelquefois à la conservation: par
exemple un homme qui se fait couper un membre gangrené, souffre de la
douleur, et c'est afin de ne pas périr tout entier.
*
Volney, La loi naturelle, ou Catéchisme du citoyen
français, chap. 3. à la suite des Ruines (Les Ruines) ou
Méditation sur les Révolutions des Empires, par le même
auteur, 4.me édition. Paris 1808. p. 359-360.
Bisogna distinguere tra il fine della natura generale e quello della umana, il
fine dell'esistenza universale, e quello della esistenza umana, o per meglio
dire, il fine naturale dell'uomo, e quello della sua esistenza. Il fine naturale
dell'uomo e di ogni vivente, in ogni momento della sua esistenza sentita, non è
nè può essere altro che la felicità, e quindi il piacere, suo proprio; e questo
è anche il fine unico del vivente in quanto a tutta la somma della sua vita,
azione, pensiero. Ma il fine della sua esistenza, o vogliamo dire il fine della
natura nel dargliela e nel modificargliela, come anche nel modificare
l'esistenza degli altri enti, e in somma il fine dell'esistenza generale, e di
quell'ordine e modo di essere che hanno le cose e per se, e nel loro rapporto
alle altre, non è certamente in niun modo la felicità nè il piacere dei viventi,
non solo perchè questa felicità è impossibile (Teoria del piacere), ma anche perchè sebbene la natura nella
modificazione di ciascuno animale e delle altre cose per rapporto a loro, ha
provveduto e forse avuto la mira ad alcuni piaceri di essi animali, queste cose
sono un nulla rispetto a quelle nelle quali il modo di essere di ciascun
vivente, e delle altre cose rispetto a loro, risultano necessariamente e
costantemente in loro dispiacere; sicchè e la somma e la intensità del
dispiacere nella vita intera di ogni animale, passa senza comparazione
4129 la somma e intensità del suo piacere. Dunque la
natura, la esistenza non ha in niun modo per fine il piacere nè la felicità
degli animali; piuttosto al contrario; ma ciò non toglie che ogni animale abbia
di sua natura per necessario,
perpetuo e solo suo fine il suo piacere, e la sua felicità, e così ciascuna
specie presa insieme, e così la università dei viventi. Contraddizione evidente
e innegabile nell'ordine delle cose e nel modo della esistenza, contraddizione
spaventevole; ma non perciò men vera: misterio grande, da non potersi mai
spiegare, se non negando (giusta il mio sistema) ogni verità o falsità assoluta,
e rinunziando in certo modo anche al principio di cognizione, non potest idem simul esse et non esse. Un'altra
contraddizione, o in altro modo considerata, in questo essere gli animali necessariamente e regolarmente e per natura loro e
per natura universale, infelici (essere - infelicità,
cose contraddittorie), si è da me dichiarata altrove pp. 4099-4100.