[512,1] Difficilmente il dolor solo dell'animo, ha forza di
uccidere, o cagionare un'estrema malattia, ed è più facile il fingere questi
casi nei romanzi, che trovarne esempi reali nella vita: sebbene
513 molte volte si attribuiscono a dolor d'animo quelle
infermità che vengono da tutt'altro, o almeno, anche da altre cause. E
massimamente è difficile e strano che il dolor d'animo, una sventura non
corporale ec. cagionino morte o malattia lungo tempo dopo nato, o avvenuta la
detta sventura ec. e che in somma la vita dell'uomo si vada consumando e si
spenga a poco a poco per le sole malattie particolari dell'animo. (non dico le
generali, perchè certamente il cattivo stato del nostro animo influisce in
genere moltissimo sulla durata della vita, la salute il vigore ec.) Qual è la
cagione? Che il tempo medica tutte le piaghe dell'animo. Ma come?
Coll'assuefazione, lo so, e grandemente, ma non già con questa sola. Una gran
cagione del detto effetto, è ancora che le illusioni poco stanno a riprender
possesso e riconquistare l'animo nostro, anche malgrado noi; e l'uomo {(purchè viva)} torna infallibilmente a sperare quella
felicità che avea disperata; prova quella consolazione
514 che avea creduta e giudicata impossibile; dimentica e discrede quell'acerba
verità, che avea poste nella sua mente altissime radici; e il disinganno più
fermo, totale, e ripetuto, e anche giornaliero, non resiste alle forze della
natura che richiama gli errori e le speranze. (16. Gen. 1821.).
[714,1]
714 Spesse volte il troppo o l'eccesso è padre del
nulla. Avvertono anche i dialettici che quello che prova troppo non prova
niente. Ma questa proprietà dell'eccesso si può notare ordinariamente nella
vita. L'eccesso delle sensazioni o la soprabbondanza loro, si converte in
insensibilità. Ella produce l'indolenza e l'inazione, anzi l'abito ancora
dell'inattività negl'individui e ne' popoli; e vedi in questo proposito quello
che ho notato con Mad. di Staël, Floro ec. p. 620 fine - 625 principio. Il poeta nel colmo
dell'entusiasmo, della passione ec. non è poeta, cioè non è in grado di poetare.
All'aspetto della natura, mentre tutta l'anima sua è occupata dall'immagine
dell'infinito, mentre le idee segli affollano al pensiero, egli non è capace di
distinguere, di scegliere, di afferrarne veruna: in somma non è capace di nulla,
nè di cavare nessun frutto dalle sue sensazioni: dico nessun frutto o di
considerazione e di massima, ovvero di uso e di scrittura; di teoria nè di
pratica. L'infinito non si
715 può esprimere se non
quando non si sente: bensì dopo sentito: e quando i sommi poeti scrivevano
quelle cose che ci destano le ammirabili sensazioni dell'infinito, l'animo loro
non era occupato da veruna sensazione infinita; e dipingendo l'infinito non lo
sentiva. {I sommi dolori corporali non si sentono, perchè o
fanno svenire, o uccidono.} Il sommo dolore non si sente,
cioè finattanto ch'egli è sommo; ma la sua proprietà, e[è] di render l'uomo attonito; confondergli, sommergergli,
oscurargli l'animo in guisa, ch'egli non conosce nè se stesso, nè la passione
che prova, nè l'oggetto di essa; rimane immobile, e senza azione esteriore, nè
{si può dire}, interiore. E perciò i sommi dolori
non si sentono nei primi momenti, nè tutti interi, ma nel successo dello spazio
e de' momenti, e per parti, come ho detto p. 366. - 368. Anzi non solo il sommo dolore, ma ogni somma passione,
ed anche ogni sensazione, ancorchè non somma, tuttavia tanto straordinaria, e,
per qualunque verso, grande, che l'animo nostro non sia capace di contenerla
716 tutta intera simultaneamente. Così sarebbe anche la
somma gioia.
[931,1] Non è cosa più dispiacevole e dispettosa all'uomo
afflitto, e oppresso dalla malinconia, dalla sventura presente, o dal presente
sentimento di lei, quanto il tuono della frivolezza e della dissipazione in
coloro che lo circondano, e l'aspetto comunque della gioia insulsa. Molto più se
questo è usato con lui, e soprattutto s'egli è obbligato per creanza, o per
qualunque ragione a prendervi parte. (12. Aprile 1821.)
[2479,1]
2479 Quanto prevaglia nell'uomo la materia allo
spirito, si può considerare anche dalla comparazione dei dolori. Perocchè i
dolori dell'animo non sono mai paragonabili ai dolori del corpo, ragguagliati
secondo la stessa proporzione di veemenza relativa. E sebben paia molte volte a
chi è travagliato da grave pena dell'animo, che sarebbe più tollerabile
altrettanta pena nel corpo; l'esperienza ragguagliata dell'una e dell'altra può
convincere facilmente chiunque sa riflettere che tra' dolori dell'animo e quelli
del corpo, supponendoli ancora, relativamente, in un medesimo grado, non v'è
alcuna proporzione. E quelli possono esser superati dalla grandezza o forza
dell'animo, dalla sapienza ec. (lasciando stare che il tempo consola ogni cosa),
ma questi hanno forza d'abbattere e di vincere ogni maggior costanza. (15.
Giugno 1822.).
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