[1586,1] La scienza non supplisce mai all'esperienza, cosa
generalissima ed evidentissima. Il medico colla sola teorica non sa curar gli
ammalati; il musico fornito della sola teoria della sua professione, non sa nè
comporre nè eseguire una melodia; il letterato che non ha mai scritto, non sa
scrivere; il filosofo che non
1587 ha veduto il mondo
da presso, non lo conosce. I principi pertanto non conoscono mai gli uomini,
perchè non ne ponno mai pigliare esperienza, vedendo sempre il mondo sotto una
forma ch'egli non ha. Lascio le adulazioni, le menzogne, le finzioni ec. de'
cortigiani; ma prescindendo da questo, il principe non ha cogli altri uomini se
non tali relazioni, che essi non hanno con verun altro. Ora le relazioni ch'egli
ha con gli uomini, sono l'unico mezzo ch'egli ha di acquistarne esperienza.
Dunque egli non può mai conoscer {la vera natura di}
coloro a' quali comanda, e de' quali deve regolar la vita. Io ho molto
conosciuto una Signora che non essendo quasi mai uscita dal suo cerchio
domestico, ed avvezza a esser sempre ubbidita, non aveva imparato mai a
comandare, non aveva la menoma idea di quest'arte, nutriva in questo proposito
mille opinioni assurde e ridicole, e se talvolta non era ubbidita, perdeva la
carta del navigare. Ell'era frattanto di molto spirito e talento,
sufficientemente istruita, e studiosamente educata. Ella si figurava gli uomini
affatto diversi da quel che sono:
1588 il principe che
ne vede e tratta assai più, benchè li veda assai più diversi da quelli che sono,
tuttavia potrà conoscerli forse alquanto meglio; ma proporzionatamente parlando,
e attesa la tanto maggior cognizione degli uomini che bisogna a governare una
nazione, di quella che a governare una famiglia, io credo che un principe sappia
tanto regnare, quanto quella dama comandare a' figli e a' domestici. Sotto
questo riguardo il regno elettivo sarebbe assai preferibile all'ereditario. Vero
è però che niuno conosce gli uomini interamente, come bisognerebbe per ben
governarli. Connaître un
autre parfaitement serait l'étude d'une vie entière; qu'est-ce donc
qu'on entend par connaître les hommes? les gouverner, cela se peut, mais
les comprendre, Dieu seul le fait.
*
(Corinne. l. 10. ch. 1. t. 2. p. 114.)
(30. Agos. 1821.)
[2523,2] Il giovane istruito da' libri o dagli uomini e dai
discorsi prima della propria esperienza, non solo si lusinga sempre e
inevitabilmente
2524 che il mondo e la vita per esso
lui debbano esser composte d'eccezioni di regola, cioè la vita di felicità e di
piaceri, il mondo di virtù, di sentimenti, d'entusiasmo; ma più veramente egli
si persuade, se non altro, implicitamente e senza confessarlo pure a se stesso,
che quel che gli è detto e predicato, cioè l'infelicità, le disgrazie della
vita, della virtù, della sensibilità, i vizi, la scelleraggine, la freddezza,
l'egoismo degli uomini, la loro noncuranza degli altri, l'odio e invidia de'
pregi e virtù altrui, disprezzo delle passioni grandi, e de' sentimenti vivi,
nobili, teneri ec. sieno tutte eccezioni, e casi, e la regola sia tutto
l'opposto, cioè quell'idea ch'egli si forma della vita e degli uomini
naturalmente, e indipendẽtemente dall'istruzione, quella che forma il suo
proprio carattere, ed è l'oggetto delle sue inclinazioni e desiderii, {e speranze,} l'opera e il pascolo della sua
immaginazione. (29. Giugno, dì di S. Pietro. 1822.).
[3440,1] Il giovane innanzi la propria esperienza, per
qualunque insegnamento udito o letto, di persone stimate da lui o no, amate o
disamate, credute o non credute, {ec.} non si
persuaderà mai efficacemente che il mondo non sia una bella cosa, nè deporrà il
desiderio e la speranza ch'egli ha della vita e degli uomini e de' piaceri
sociali, nè l'opinione favorevolissima, e nel fondo del cuore,
3441 fermissima, della possibilità, anzi probabilità di
esser felice pigliando parte alla vita, all'azione ec. Perchè? perchè
quest'opinione, desiderio, speranza, non è capriccio ma natura, nè si estirpa
dall'animo, come le opinioni o passioni accidentali, nè val tenerezza e
pieghevolezza e docilitate d'età nè d'indole a render queste cose estirpabili.
Altrimenti sarebbe estirpabile la natura stessa, la quale ha provvveduto di
speranza alla fanciullezza e alla gioventù, e agguagliato colla speranza il
desiderio di quelle età. (15. Sett. 1823.).
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