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Lingua universale.

Universal language.

Vedi Universalità delle lingue. See Universality of languages. 936,2 1022,1 3972,1 4108,2 1028,3 3253,1 3254,1

[936,2]  2. Che il progetto di una lingua universale, (seppure per questa s'è mai voluta intendere una lingua propria e nativa e materna e quotidiana di tutte le nazioni) è una chimera non solo {materialmente, e relativamente, e} per le circostanze e le difficoltà che risultano dalle cose quali ora sono,  937 ossia dalla loro condizione attuale, ma anche in ordine all'assoluta natura degli uomini; vale a dire non solamente in pratica, ma anche in ragione.

[1022,1]  Quanto la natura abbia proccurata la varietà, e l'uomo e l'arte l'uniformità, si può dedurre anche da quello che ho detto della naturale, necessaria e infinita varietà delle lingue, p. 952. segg. Varietà maggiore di quello che paia a prima vista, giacchè non solo produce p. e. al viaggiatore, una continua novità rispetto alla sola lingua, ma anche rispetto agli uomini, parendo diversissimi quelli che si esprimono diversamente; cosa favorevolissima alla immaginazione, considerandosi quasi come esseri di diversa specie quelli che non sono intesi da noi, nè c'intendono: perchè la lingua è una cosa somma, principalissima, caratteristica degli uomini, sotto tutti i rapporti della vita sociale. Per lo contrario, lasciando le altre cure degli uomini per uniformare, stabilire, regolare ed estendere le diverse lingue; oggi, in tanto e così vivo commercio di tutte, si può dir, le nazioni insieme, si è introdotta, ed è divenuta necessaria, una lingua comune, cioè la francese; la quale  1023 stante il detto commercio, e l'andamento presente della società, si può predire che non perderà più la sua universalità, nemmeno cessando l'influenza o politica, o letteraria, o civile, o morale ec. della sua nazione. E certo, se la stessa natura non lo impedisse, si otterrebbe appoco appoco che tutto il mondo parlasse quotidianamente il francese, e l'imparasse il fanciullo come lingua materna; e si verificherebbe il sogno di una lingua strettamente universale. (8. Maggio 1821.).

[3972,1]   3972 Risulta da quello che in più luoghi si è detto pp. 838. sgg. pp. 1683-84 pp. 1946-51 pp. 1953-57 pp. 3253-62 circa la natura di una lingua atta (massime ne' nostri tempi) veramente alla universalità, che ella non solo non può esser più delle altre lingue capace di traduzioni, di assumer l'abito dell'altre lingue, o tutte o in maggior numero o meglio che ciascun'altra, di piegarvisi più d'ogni altra, di rappresentare in qualunque modo le altre lingue; ma anzi ella dev'essere per sua natura l'estremo contrario, cioè sommamente unica d'indole, di modo ec. e sommamente incapace d'ogni altra che di se stessa, ed in se stessa minimamente varia, e da se medesima in ogni caso il men che si possa diversa. E una lingua che tenga l'estremo contrario è di sua natura, massime a' tempi nostri, estremamente incapace dell'universalità. Non bisogna dunque figurarsi che una lingua universale nè debba nè possa portare questa utilità di supplire alla cognizione di tutte le altre lingue, di esser come lo specchio di tutte l'altre, di raccoglierle, per così dir, tutte in se stessa, col poterne assumer l'indole ec.; ma solo di servire in vece di tutte le altre lingue, e di esser loro sostituita. Anzi ella non può veramente altro ch'esser sostituita all'uso dell'altre e di ciascuna altra, e non supplire ad esse ec. Ben grande sarebbe quella utilità, ma essa è contraria direttamente alla natura di una lingua universale. Tale si è infatti la francese. Nè i francesi dunque nè gli stranieri si lusinghino di avere in quella lingua tutto ciò che potrebbero avere nell'altre, ma una lingua diversissima per sua natura dall'altre, il cui uso a quello di tutte l'altre possono facilmente sostituire. Nè stimino che volendo conoscer  3973 l'altre lingue, autori ec. il posseder la francese, li dispensi più che alcun'altra lingua dallo studio di tutte l'altre, anzi per questo effetto la francese non serve a nulla, ed i francesi per parlare come nativa una lingua sommamente disposta alla universalità, si debbono contentare di avere una lingua incapacissima di traduzioni, inettissima a servir loro di specchio e di esempio, e fin anche di mezzo, per conoscere qualunque altra lingua, autore ec. Il fatto della lingua francese dimostra queste asserzioni. {+1. Sebbene i francesi coll'estrema trascuranza che hanno dell'altre lingue mostrano essere persuasi del contrario.} La natura della greca era appunto l'opposto. Ella infatti perciò, anche nel tempo antico, non potè essere universale che debolissimamente e incomparabilmente alla possibile universalità di una lingua, ed anche all'effettiva presente universalità della francese, malgrado le molte qualità, e massimamente le infinite circostanze estrinseche (potenza, commercio, letteratura e civiltà unica della nazione che la parlava) che favorirono, (e per lunghissimo tempo), e quasi necessitarono la sua universalità, molto più che le circostanze estrinseche della francese ec. (11. Dec. 1823.).

[4108,2]  Della lingua universale, o piuttosto scrittura universale progettata da alcuni filosofi, vedi Thomas Éloge de Descartes, Oeuvres, Amsterdam 1774, t. 4. p. 72. (2. Luglio, Festa della Visitazione di Maria Vergine Santissima. 1824.).

[1028,3]  Del sogno d'istituire una lingua universale v. Andrès loc. cit. qui sopra, p. 320. e il Locke del Soave t. 2. p. 62-76. edizione terza di Venezia 1794. (10. Maggio 1821.).

[3253,1]  Una lingua {strettamente} universale, qualunque ella mai si fosse, dovrebbe certamente essere di necessità e per sua natura, la più schiava, povera, timida, monotona, uniforme, arida e brutta lingua, la più incapace di qualsivoglia genere di bellezza, la più impropria all'immaginazione, e la meno da lei dipendente, anzi la più da lei per ogni verso disgiunta, la più esangue ed inanimata e morta, che mai si possa concepire; uno scheletro {un'ombra} di lingua piuttosto che lingua veramente; una lingua non viva, quando pur fosse da tutti scritta e universalmente intesa, anzi più morta assai di qualsivoglia lingua che più non si parli nè scriva. Ma si può pure sperare che perchè gli uomini sieno già fatti geralmente[generalmente] sudditi infermi, impotenti, inerti, avviliti, scoraggiati, languidi, e miseri della ragione, ei non diverranno però mai schiavi moribondi e incatenati  3254 della geometria. E quanto a questa parte di una qualunque lingua strettamente universale, si può non tanto sperare, ma fermamente e sicuramente predire che il mondo non sarà mai geometrizzato, non meno di quel che si possa con certezza affermare ch'ei non ebbe una tal favella mai, se non forse quando gli uomini erano così pochi, e di paese così ristretti, e niente vari di opinioni, costumi, usi, riti, governo e vita, che la lingua era universale solo perciò che più d'una nazione d'uomini, almeno parlanti, non v'aveva, onde universale era la lingua perch'era una {al mondo,} nè altra lingua mai s'era udita, ed una era e sempre era stata la lingua, perchè una sempre la nazione infino allora, o una, se non altro, la nazione che di lingua avesse uso e notizia. (23. Agosto. 1823.).

[3254,1]  Quello {poi} che ho detto che una lingua strettamente universale, dovrebbe di sua natura essere anzi un'ombra di lingua, che lingua propria, maggiormente anzi esattamente conviene a quella lingua caratteristica proposta fra gli altri dal nostro Soave (nelle Riflessioni intorno  3255 all'istituzione d'una lingua universale, opuscolo stampato in Roma, e poi dal med. autore rifuso nell'Appendice 2.a al capo II.o del Libro 3o del Saggio filosofico di Gio. Locke su l'umano intelletto compendiato dal D. Winne tradotto, e commentato da Francesco Soave C. R. S. tomo 2.do, intitolato Saggio sulla formazione di una Lingua Universale), la qual lingua o maniera di segni non avrebbe a rappresentar le parole, ma le idee, bensì alcune delle inflessioni d'esse parole (come quelle de' verbi), ma piuttosto come inflessioni o modificazioni delle idee che delle parole, e senza rapporto a niun suono {pronunziato,} nè significazione e dinotazione alcuna di esso. Questa non sarebbe lingua perchè la lingua non è che la significazione delle idee fatta per mezzo delle parole. Ella sarebbe una scrittura, anzi nemmeno questo, perchè la scrittura rappresenta le parole e la lingua, e dove non è lingua nè parole quivi non può essere scrittura. Ella sarebbe un terzo genere, siccome i gesti non sono nè lingua nè scrittura ma cosa diversa dall'una e dall'altra. Quest'algebra di linguaggio (così nominiamola)  3256 la quale giustamente si è riconosciuta per quella maniera di segni ch'è meno dell'altre impossibile ad essere strettamente universale, si può pur confidentemente e certamente credere che non sia per essere nè formata ed istituita, nè divulgata ed usata giammai. Dirò poi ancora, ch'ella in verità non sarebbe strettamente universale, perch'ella lascerebbe a tutte le nazioni le loro lingue, siccome ora la francese. Ella di più non sarebbe propria che dei dotti o colti. Ma di tutti i dotti e colti lo è pure oggidì la francese. Quale utilità dunque di quella lingua? la quale non sarebbe forse niente più facile ad essere generalmente nella fanciullezza imparata, di quello che sia la francese, che benissimo e comunissimamente nella fanciullezza s'impara. E tutti i vantaggi che si ricaverebbero da quella chimerica lingua, tutti, e molto più e maggiori, e forse con più facilità si caverebbero dalla lingua francese, divenendo, se pur bisogna, più comune e più studiata e coltivata di quel ch'ella già sia.