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23. Agosto. 1823.

[3253,1]  Una lingua {strettamente} universale, qualunque ella mai si fosse, dovrebbe certamente essere di necessità e per sua natura, la più schiava, povera, timida, monotona, uniforme, arida e brutta lingua, la più incapace di qualsivoglia genere di bellezza, la più impropria all'immaginazione, e la meno da lei dipendente, anzi la più da lei per ogni verso disgiunta, la più esangue ed inanimata e morta, che mai si possa concepire; uno scheletro {un'ombra} di lingua piuttosto che lingua veramente; una lingua non viva, quando pur fosse da tutti scritta e universalmente intesa, anzi più morta assai di qualsivoglia lingua che più non si parli nè scriva. Ma si può pure sperare che perchè gli uomini sieno già fatti geralmente[generalmente] sudditi infermi, impotenti, inerti, avviliti, scoraggiati, languidi, e miseri della ragione, ei non diverranno però mai schiavi moribondi e incatenati  3254 della geometria. E quanto a questa parte di una qualunque lingua strettamente universale, si può non tanto sperare, ma fermamente e sicuramente predire che il mondo non sarà mai geometrizzato, non meno di quel che si possa con certezza affermare ch'ei non ebbe una tal favella mai, se non forse quando gli uomini erano così pochi, e di paese così ristretti, e niente vari di opinioni, costumi, usi, riti, governo e vita, che la lingua era universale solo perciò che più d'una nazione d'uomini, almeno parlanti, non v'aveva, onde universale era la lingua perch'era una {al mondo,} nè altra lingua mai s'era udita, ed una era e sempre era stata la lingua, perchè una sempre la nazione infino allora, o una, se non altro, la nazione che di lingua avesse uso e notizia. (23. Agosto. 1823.).