Negligenza, Inattività; Diligenza, Attività (Abito di).
Negligence, Inactivity; Diligence, Activity (Habit of).
1075,2 1584,2 1588,1 4254,4Chi più fa, ha più tempo e voglia di fare; chi meno, meno. Applicazione ai letterati, agli uomini di affari, agli antichi. Osservazioni notabili.
Those who do more, have more time and desire to do; those who do less, less. Application to men of letters, to businessmen, to the ancients. Notable observations.
4254,4 4281,3[1075,2] Quelli che non sogliono mai far nulla, e che per
conseguenza hanno più tempo libero, e da potere impiegare, sono {ordinariamente} i più difficili a trovare il tempo per
una
1076 occupazione, ancorchè di loro premura, a
ricordarsi di una cosa che bisogni fare, di una commissione che loro sia stata
data, e che anche prema loro di eseguire. Al contrario quelli che hanno la
giornata piena, e quindi meno tempo libero, e più cose da ricordarsi. La cagione
è chiara, cioè l'abito di negligenza nei primi, e di diligenza nei secondi
(22. Maggio 1821.). {+E
lo stesso differente effetto si vede anche in una stessa persona, secondo i
diversi abiti e metodi temporanei di attività e diligenza, o inattività e
negligenza.}
[1584,2]
On peut plaider pour la
vie, et il y a cependant assez de bien à dire de la mort, ou de ce qui
lui ressemble.
*
(Corinne,
1585 t. 2. p. 335.) Dalla mia teoria del piacere (v. anche il pensiero precedente, e la p. 1580-81. ) risulta che
infatti, stante l'amor proprio, non conviene alla felicità possibile dell'uomo
se non che uno stato o di piena vita, o di piena morte. O conviene ch'egli e le
sue facoltà dell'animo sieno occupate da un torpore da una noncuranza attuale o
abituale, che sopisca e quasi estingua ogni desiderio, ogni speranza, ogni
timore; o che le dette facoltà e le dette passioni sieno distratte, esaltate,
rese capaci di vivissimamente e quasi pienamente occupare, dall'attività,
dall'energia della vita, dall'entusiasmo, da illusioni forti, e da cose {esterne} che in qualche modo le realizzino. Uno stato di
mezzo fra questi due è necessariamente infelicissimo, cioè il desiderio vivo,
l'amor proprio ardente, senza nessun'attività, nessun pascolo alla vita e
all'entusiasmo. Questo però è lo stato più comune degli uomini. Il vecchio potrà
talvolta trovarsi nel primo stato, ma non sempre. Il giovane vorrebbe sempre
trovarsi nel secondo, e oggidì si trova quasi sempre nel terzo. Così dico
proporzionatamente dell'uomo di mezza età. Dal che segue
1586 1. che il giovane senz'attività, il giovane domo e prostrato e
incatenato dalle sventure {ec.} è nello stato
precisamente il più infelice possibile: 2. che l'amor proprio non potendo mai
veramente estinguersi, e i desiderii pertanto esistendo sempre con maggiore o
minor forza, sì nel giovane che nel maturo e nel vecchio; lo stato al quale la
generalità degli uomini, e la natura immutabile inclina è sempre più o meno il
secondo: e quindi la migliore repubblica è quella che favorisce questo secondo
stato, come l'unico conducente generalmente alla maggior possibile felicità
dell'uomo, l'unico voluto e prescritto dalla natura, tanto per se stessa e
primitivamente (come ho spiegato nella teoria
del piacere); quanto anche oggidì, malgrado le infinite alterazioni
della razza umana. (29. Agos. 1821.).
[1588,1]
La manière de vivre des
Chartreux suppose, dans les hommes qui son[sont] capables de la mener, ou un esprit extrêmement borné,
ou la plus noble et la plus continuelle exaltation des sentiments
religieux.
*
(Corinne. lieu cité
ci-dessus. p. 113.). Così è: l'inattività e la monotonia non conviene
che agli spiriti menomi
1589 o sommi. Gli uni e gli
altri per diversissima ragione cercano il metodo e il riposo. Gli uni per sopire
i desiderii che li tormentano, gli altri perchè non ne hanno. Gli uni perchè la
vita non basta loro, si rifuggono alla morte, gli altri perchè il loro animo non
vive. Gli uni ancora perchè non hanno bisogno di vita esterna, vivendo assai
internamente, gli altri perchè non abbisognano d'alcuna vita. Gli spiriti
mediocri, cioè la massima parte degli uomini, sono incompatibili con questo
stato, e infelicissimi in esso, o in altro che lo somigli. V. la p. 1584. fine. (30. Agos.
1821.).
[4254,4]
I know, by my own
experience, that the more one works, the more willing one is to work. We
are all, more or less, des animaux d'habitude.
I remember very well, that when I was in business, I wrote four or five
hours together every day, more willingly than I should now half an
hour.
*
Chesterfield, Letters to his son, lett. 318.
I have so
little to do, that I am surprised how I can find time to write to you so
often. Do not stare at the seeming paradox; for it is an undoubted
truth, that the less one has to do, the less time one finds to do it in.
One yawns, one procrastinates; one can do it when one will, and
therefore one seldom does it at all; whereas those who have a great deal
of business, must (to use a vulgar expression) buckle to it; and then
they always
4255 find time enough to do it in.
Lett. 320.
*
It is not without
some difficulty that I snatch this moment of leisure from my extreme
idleness, to inform you of the present lamentable and astonishing state
of affairs here.
*
Lett. 321.
(12. Marzo. 1827.). {{v. p.
4281.}}
[4254,4]
I know, by my own
experience, that the more one works, the more willing one is to work. We
are all, more or less, des animaux d'habitude.
I remember very well, that when I was in business, I wrote four or five
hours together every day, more willingly than I should now half an
hour.
*
Chesterfield, Letters to his son, lett. 318.
I have so
little to do, that I am surprised how I can find time to write to you so
often. Do not stare at the seeming paradox; for it is an undoubted
truth, that the less one has to do, the less time one finds to do it in.
One yawns, one procrastinates; one can do it when one will, and
therefore one seldom does it at all; whereas those who have a great deal
of business, must (to use a vulgar expression) buckle to it; and then
they always
4255 find time enough to do it in.
Lett. 320.
*
It is not without
some difficulty that I snatch this moment of leisure from my extreme
idleness, to inform you of the present lamentable and astonishing state
of affairs here.
*
Lett. 321.
(12. Marzo. 1827.). {{v. p.
4281.}}
[4281,3]
Alla p. 4255.
principio. Vir gente et fama nobilis,
*
dice il
Reimar,
Praefat. ad Dion. §. 6, di Giovanni Leunclavio, famoso erudito
tedesco del secolo 16.o, quem
merito admiratur Marquardus Freherus in epistola
dedicatoria ad Leunclavii Jus Graeco - Romanum quod inter varias
peregrinationes, in multis principum aulis, legationibus et negotiis
occupatus, tot ac tanta opera summa accuratione ediderit, quot et
quanta quis otiosus et huic uni rei operatus vix proferret in
lucem.
*
Le soprascritte pp. 4254-55
osservazioni del Chesterfield spiegano
questo fenomeno, ripetuto del resto assai spesso; e notato colla stessa
ammirazione da molti, in molti e molti altri; e certamente non raro. Esse
spiegano il simile e maggior fenomeno di Cicerone tra gli antichi, di Federico di Prussia tra i moderni, e di tanti altri tali. A segno che
sarà forse più difficile il trovare un letterato, altronde ozioso e disoccupato,
che abbia molto scritto e con accuratezza grande, di quello che un letterato
che, occupato d'altronde, abbia prodotto molte e studiate opere. Certo di questi
non è difficile a trovarne, e ciò conferma le osservazioni del Chesterfield; secondo le quali, le
stesse occupazioni di siffatti uomini, debbono servire a render ragione della
moltitudine e dell'accuratezza dei loro lavori, e a scemarne la meraviglia,
mostrandole occasionate da un abito di attività prodotto o sostenuto da esse
occupazioni; attività tanto maggiore {e più viva ed
acuta,} quanto la copia e la folla {e
l'assiduità} di esse occupazioni era più grande.
(Recanati. 17. Aprile. Martedì di Pasqua.
1827.). Esempio mio,
4282 per lo più ozioso,
ed inclinato all'inerzia, o per natura o per abito; pure in mezzo a questa
inazione profonda, un giorno che io abbia occasione di adoperarmi, e molte cose
da fare, non solo trovo tempo da sbrigar tutto, ma me ne avanza, e in
quell'avanzo, io provo (e m'è avvenuto più volte) un vero bisogno, una smania,
di far qualche cosa, un orrore del non far nulla, che mi pare incomportabile,
come se io non fossi avvezzo a passar le ore, e per così dire i mesi, nella mia
stanza colle braccia in croce. (Recanati. 17. Apr.
Martedì di Pasqua. 1827.).
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