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Teste storte.

Thick-heads.

1752,1 1680,1

[1752,1]  Alla p. 1681. marg. Tali persone, da premesse evidentemente concepite, deducono {{in buona fede}} bene spesso delle conseguenze diversissime, o anche al tutto contrarie a quelle che ne tira il comune degli uomini (intendo di quegli uomini ai quali appartiene ciò che si chiama senso comune, e che sono {poi} l'infinitesima parte del genere umano). Ovvero da una premessa evidente e infallibile, fanno dipendere una minore, che secondo il comune degli uomini o non vi ha niente che fare, o contraddice alla maggiore, o a quella minore, che, secondo il comun senso, inevitabilmente risulta dalla maggiore, ed è anche l'unica che ne risulti. (Così dico della maggiore rispetto alla minore, o alla conseguenza). Così pure dalla conseguenza risaliranno a una maggiore, o una minore affatto contraria, o disparata, o ad ambedue le premesse di tal natura. Questo è ciò che forma le teste storte (quante sono  1753 le dritte?) che non si persuadono co' più palpabili raziocinii; che sono quasi affatto esenti dalla forza della ragione e del senso comune, e indipendenti dagli stessi fondamentali principii del ragionamento; che all'improvviso ti scappano d'un fianco con una conclusione tutta contraria alle premesse, non già per ostinazione, ma per intima persuasione, e per dettame del loro raziocinio, e perchè il loro senso, la loro facoltà di ragione è fatta così. (20. Sett. 1821.).

[1680,1]  La stessa nostra ragione è una facoltà acquisita. Il bambino che nasce non è ragionevole: il selvaggio lo è meno dell'incivilito, l'ignorante meno dell'istruito: cioè ha effettivamente minor facoltà di ragionare, tira più difficilmente la conseguenza, e più difficilmente e oscuramente vede il rapporto fra le parti del sillogismo il più chiaro. Vale a  1681 dire che non solo un'ignoranza particolare gl'impedisce di vedere o capire questo o quello, ma egli ha una minor forza generale di raziocinio, meno abitudine e quindi meno facilità e capacità di ragionare, e quindi meno ragione. {+Giacchè non solo egli non comprende questa o quella parte di un sillogismo, ma anche comprendendole a perfezione tutte tre, (o le due premesse) separatamente, non ne vede il rapporto, e non conosce come la conseguenza ne dipenda, ancorchè il sillogismo gli venga formalmente fatto. La qual cosa non si può insegnare. Or questa è reale inferiorità ed incapacità di ragione. V. p. 1752. principio.} Di questo genere sono quelle teste che si chiamano dure e storte, e da queste cause viene la rarità di quel senso che si chiama comune. Notate ch'io dico facoltà e non disposizione. Distinsi altrove p. 1453 pp. 1661-63 l'una dall'altra. La mente umana ha una disposizione (ma per se stessa infruttuosa) a ragionare: essa per se non è ragione, come ho spiegato in altro proposito con esempi; e questa disposizione originariamente e riguardo al puro intelletto è tale che {anche quanto ad} essa l'uomo {primitivo} affatto inesperto è poco o nulla superiore all'animale. Gli organi suoi esteriori ec. che gli producono in pochi momenti un numero di esperienze decuplo di quello che gli altri animali si possano proccurare, lo mettono ben presto al di sopra degli altri viventi. L'esperienze  1682 riunite di tutta una vita, poi quelle di molti uomini, {e poi di molti tempi} unite insieme, onde nasce la favella, e quindi gl'insegnamenti ec. ec. hanno messo il genere umano in lunghissimo tempo, e mettono giornalmente il fanciullo in brevissimo tempo assai di sopra a tutti gli animali, e gli danno la facoltà della ragione. L'uomo primitivo in età di sett'anni non era già ragionevole, come oggi il fanciullo. Ne sa più il bambino che balbetta; ragiona meglio, è più ragionevole, di quello che fosse l'uomo primitivo in età di vent'anni ec. ec. ec. Questo si può confermare coll'esempio de' selvaggi, i quali hanno pur tuttavia molta e già vecchia società. (12. Sett. 1821.).