12. Sett. 1821.
[1680,1] La stessa nostra ragione è una facoltà acquisita. Il
bambino che nasce non è ragionevole: il selvaggio lo è meno dell'incivilito,
l'ignorante meno dell'istruito: cioè ha effettivamente minor facoltà di
ragionare, tira più difficilmente la conseguenza, e più difficilmente e
oscuramente vede il rapporto fra le parti del sillogismo il più chiaro. Vale a
1681 dire che non solo un'ignoranza particolare
gl'impedisce di vedere o capire questo o quello, ma egli ha una minor forza
generale di raziocinio, meno abitudine e quindi meno facilità e capacità di
ragionare, e quindi meno ragione. {+Giacchè non solo egli non comprende questa o quella parte di un sillogismo,
ma anche comprendendole a perfezione tutte tre, (o le due premesse)
separatamente, non ne vede il rapporto, e non conosce come la conseguenza ne
dipenda, ancorchè il sillogismo gli venga formalmente fatto. La qual cosa
non si può insegnare. Or questa è reale inferiorità ed incapacità di
ragione. V. p. 1752.
principio.} Di questo genere sono quelle teste che si chiamano
dure e storte, e da queste cause viene la rarità di quel senso che si chiama
comune. Notate ch'io dico facoltà e non disposizione. Distinsi altrove p.
1453
pp. 1661-63 l'una dall'altra. La mente umana ha una disposizione (ma
per se stessa infruttuosa) a ragionare: essa per se non è ragione, come ho
spiegato in altro proposito con esempi; e questa disposizione originariamente e
riguardo al puro intelletto è tale che {anche quanto
ad} essa l'uomo {primitivo} affatto inesperto è poco o nulla superiore
all'animale. Gli organi suoi esteriori ec. che gli producono in pochi momenti un
numero di esperienze decuplo di quello che gli altri animali si possano
proccurare, lo mettono ben presto al di sopra degli altri viventi. L'esperienze
1682 riunite di tutta una vita, poi quelle di molti
uomini, {e poi di molti tempi} unite insieme, onde
nasce la favella, e quindi gl'insegnamenti ec. ec. hanno messo il genere umano
in lunghissimo tempo, e mettono giornalmente il fanciullo in brevissimo tempo
assai di sopra a tutti gli animali, e gli
danno la facoltà della ragione. L'uomo primitivo in età di sett'anni
non era già ragionevole, come oggi il fanciullo. Ne sa più il bambino che
balbetta; ragiona meglio, è più ragionevole, di quello che fosse l'uomo
primitivo in età di vent'anni ec. ec. ec. Questo si può confermare coll'esempio
de' selvaggi, i quali hanno pur tuttavia molta e già vecchia società. (12.
Sett. 1821.).