[1111,1] Non bisogna confondere questo genere di verbi che io
chiamo continuativi, e che significano continuazione o maggior durata
dell'azione espressa da' loro verbi originari, con quello de' verbi
frequentativi,
1112 che importano frequenza della
medesima azione, e hanno al tempo stesso una certa forza diminutiva. Questi
(lasciando i frequentativi coll'infinito in essere che
non possono esser confusi co' nostri continuativi) si formano essi pure dal
participio in us o dal supino in um di altri verbi, troncandone la desinenza, ma sostituendo in sua
vece non la semplice terminazione infinita are, o ari, bensì quella d'itare, o
itari se il verbo da cui si formano è deponente (o
passivo.) Così da lectus participio di legere, lectitare; così
{da victus o victum di vivere, victitare; da missus di
mittere, missitare;} da scriptus di scribere, scriptitare; {da esus di edere, esitare; da sessus o sessum di sedere, sessitare; da emptus di emere, emptitare} da factus di facio, factitare; da territus di terreo, territare; da ventus di venio, (o dal
supino ventum), ventitare;
{da lusus di ludere, lusitare; da haesus
{+o haesum} di haerere, hęsitare;}
{da sumptus di sumere, sumptitare; da risus
di ridere, risitare
di Nevio.}
Eccetto però il caso che il participio o supino di quel verbo dal quale si
doveva formare il frequentativo, cadesse in itus o itum, che allora sarebbe stato assai duro aggiungendo
la terminazione itare, o itari, fare ititare, o ititari. In questo caso dunque troncata la desinenza us o um del participio o del
supino aggiungevano la semplice desinenza are o ari, con che però il frequentativo veniva nè più nè
meno a cadere in itare o itari. Così da venditus di vendere facevano venditare;
{(non vendititare)}
{+da meritus di merere,
meritare; (il quale par continuativo e
talora denotante costume), da pavitus antico
participio di pavere, pavitare; da solitus ec. solitare;} da latitus antico participio, o da latitum antico supino di latere, fecero
1113
latitare; {da monitus di monere, monitare; da domitus di domare, domitare; da dormitus o dormitum di
dormire, dormitare;
da licitus di liceri,
licitari; da vomitus
di vomere, vomitare;
da territus, territare;} da itus o itum del verbo ire, itare; da pollicitus di polliceri, pollicitari; da
exercitus part. di exercere, exercitare; da citus part. di cieo, citare, e i suoi composti; {+da strepitus o strepitum antico supino o participio di strepere, e da crepitus
o crepitum di crepare,
strepitare e crepitare; da scitus di sciscere o di scire, scitari, sciscitare e
sciscitari; da noscitus o noscitum antico supino o
part. di noscere, noscitare; da agitus antico particip. di
agere, contratto poscia in agtus, e finalmente mutato in actus, agitare.} La quale
eccezione merita d'esser notata, giacchè in questi casi la formazione de'
frequentativi non differisce da quella de' continuativi, e si potrebbero
confonder tra loro. Ed anche qualche verbo terminate[terminato] in itare o itari, ma formato da un participio o supino in itus o itum, apparterrà o sempre o talvolta
ai continuativi, {(come p. e. agitare, domitare ec. e v. Forcellini in tinnito)}
vale a dire non cadrà in detta desinenza, se non per esser derivato da un tal
participio o supino. {V. p. 1338.
principio.}
Minitari e minitare formati
da minatus di minari e minare, sono così fatti o per contrazione, e
troncamento non solo dell'us ma dell'atus del participio, affine di sfuggire il cattivo
suono atitare; o per mutazione dell'a del participio in i, fatta
allo stesso effetto. {+Similmente rogitare da rogatus di
rogare, coenitare da coenatus di coenare. V. p. 1154.}
{{V. p. 1656. capoverso
1.}}