[757,1] Tornando al proposito, cioè all'arricchire
758 la lingua del prodotto delle sue proprie sostanze, e
dalla greca e latina, passando alle vive, questa è sempre stata e {sarà} sempre facoltà
inseparabile dalla vita delle lingue, e da non finire se non colla loro morte.
Tutte le lingue vive la conservano, eccetto quelli che vorrebbero che la
italiana la deponesse. La francese, la quale a differenza dell'italiana, si è
spogliata {della
facoltà} di usare quelle delle sue parole e modi antichi e
primitivi, che {le}
potessero tornare in acconcio (come ho detto altrove p. 344
pp. 688-90); parimente a differenza di ciò che si esigerebbe dalla
italiana, ha conservato sempre ed usato la facoltà di mettere a frutto e
moltiplico il suo {presente} tesoro. E la stessa lingua latina, la quale per
le ragioni che ho detto pp. 750-52, perdè in parte questa
facoltà dopo Cicerone, non la perdè, se
non in quanto a quella felicissima ed immensa facoltà di composti {e sopraccomposti} o
con preposizione o particella, ovvero di più parole insieme; facoltà che la
metteva quasi
759 (cioè in proporzione della quantità
delle radici e de' semplici) al paro della greca; facoltà che si può vedere e
nelle primitive parole latine composte nei detti modi, o con avverbi (come propemodum e mille altre), in somma come le greche, e
che sono durate nell'uso della latinità sino alla fine, ma non però imitate nè
accresciute; e in quelle che poi caddero dall'uso, e si possono veder ne' più
antichi latini (come in Plauto
lectisterniator, legirupus, lucrifugae e mille altre,
e prendo le primissime che ho incontrate subito), e servono a far conoscere la
primitiva costituzione, forma, usanza, e potenza di quella lingua: facoltà in
fine, ch'è la massima e più ricca sorgente della copia delle parole, e della
onnipotenza di tutto esprimere, ancorchè nuovissimo; il che si ammira nel greco,
e si potè una volta notare anche nel latino. p. 48
pp. 740. sgg.
pp.
2078-79
pp.
2876-79
{+I primi
scrittori latini, il loro linguaggio sacro o governativo ec. antico (come
lectisternium antica festa romana) abbondano
siffattamente di parole composte alla greca di due o più voci, che non si
può forse leggere un passo di detti autori ec. senza trovarne, ma la più
parte andate in disuso. Spesso eran proprie di quel solo che le inventava.
Talvolta anche di eccessiva lunghezza, come clamydeclupetrabracchium parola di antico poeta riferita da Varrone (De L. L. lib. 4.) (p. 3. della mia
edizione del 400.} Quest'uso ottimo e felicissimo, e questa
facoltà, fu o trascurata, o comunque
760 lasciata
trasandare, abbandonare, dismettere, dimenticare alla lingua latina, che era per
forza d'essa facoltà così bene istradata alla onnipotenza, ne' suoi principii.
Ma la facoltà di arricchire la propria lingua col prodotto delle sue proprie
radici in ogni altro genere, coi derivati ec. non fu mai abbandonata finch'ella
visse, e non poteva esserlo, stante ch'ella vivesse. Non solamente i cattivi o
mediocri, ma anche i buoni ed ottimi scrittori dopo Cicerone, se ne prevalsero tutti, e tutti scrivendo
aumentarono il tesoro della lingua, e questa non lasciò mai di far buoni e
dovuti progressi, finchè fu adoperata da buoni e degni scrittori.