(b) Pensieri isolati filosofici.
Isolated philosophical thoughts.
112,3 183,2 276,1 280,3 319,1 375,2 479,1 527,1 646,1 676,2 703,2 829,1 975,1975,2 1011,1 1044,2 1175,1 1328,1 1521,2 1715,1 1970,2 2607,1 2686,1 2803,1 3029,1 3040,1 3432,1 3975,3 51,4 58,2 62,3 73,2[112,3] La pazienza è la più eroica delle virtù giusto perchè
non ha nessuna apparenza d'eroico.
[183,2] Noi supponiamo sempre negli altri una grande e
straordinaria penetrazione per rilevare i nostri pregi veri o immaginari che
sieno, e profondità di riflessione per considerarli, quando anche ricusiamo di
riconoscere in loro queste qualità rispetto a qualunque altra cosa. (23.
Luglio 1820.).
[276,1]
P. 51. capoverso 4. aggiungi. Nello
stesso modo io non chiamo malvagio propriamente colui che pecca (molti non
peccano per viltà, per ignoranza del male, per imperizia e mancanza d'arte
nell'eseguirlo, per impotenza fisica o morale o di circostanza, per torpidezza,
per abitudine, per vergogna, per interesse, per politica, per cento tali
ragioni), ma colui che pecca o peccherebbe senza rimorso. (14. 8.bre
1820.).
[280,3] L'abito dell'eroismo può essere in un corpo debole, ma
l'atto difficilmente, e non senza un grande
281 sforzo,
nè senza ripugnanza, e quasi contro natura. E perciò vediamo moltissimi che per
abito sono tutt'altro che eroi, far non di rado azioni eroiche; e viceversa.
Anzi si può dire che gli uomini d'abito di principii e d'animo eroico, lo sono
di rado nel fatto; e gli uomini eroici nel fatto, lo sono di rado nell'abito nei
sentimenti e nell'animo. {Estendete queste osservazioni
all'entusiasmo.}
[319,1]
319 Sovente ho desiderato con impazienza di possedere e
gustare un bene già sicuro, non per avidità di esso bene, ma per solo timore di
concepirne troppa speranza, e guastarlo coll'aspettativa. E questa {tale} impazienza, ho osservato che non veniva da
riflessione, ma naturalmente, nel tempo ch'io andava fantasticando e
congetturando sopra quel bene o diletto. E così anche naturalmente proccurava di
distrarmi da quel pensiero. Se però l'abito generale di riflettere, o vero
l'esperienza e la riflessione che mi aveano già precedentemente resa naturale la
cognizione della vanità dei piaceri, e la diffidenza dell'aspettativa, non
operavano allora in me senz'avvedermene, e non mi parvero natura. (11.
Nov. 1820).
[375,2]
{Spesso} Gli uomini irresoluti, preso che hanno un
partito, sono costantissimi nel mantenerlo, a fronte delle maggiori difficoltà,
appunto per irresoluzione, e perchè non si sanno risolvere a lasciar quello, e
prenderne un altro; perchè ciò par loro più difficoltoso; perchè si spaventano
di tornare un'altra volta a risolvere. Forse questo effetto accade
principalmente in quelli che sono irresoluti per infingardaggine, e che trovano
più infingardo
376 e facile il proseguire che il tornare
indietro. Ma è comune, s'io non erro, a tutti gl'irresoluti. (3. Dic.
1820.).
[479,1] Il veder morire una persona amata, è molto meno
lacerante che il vederla deperire e trasformarsi nel corpo e nell'animo da
malattia (o anche da altra cagione). Perchè? Perchè nel primo caso le illusioni
restano, nel secondo svaniscono, e vi sono intieramente annullate e strappate a
viva forza. La persona amata, dopo la sua morte, sussiste ancora tal qual'era, e
così amabile come prima, nella nostra immaginazione. Ma nell'altro caso, la
persona amata si perde affatto, sottentra un'altra persona, e quella di prima,
quella persona amabile e cara, non può più sussistere neanche per nessuna forza
d'illusione, perchè la presenza della realtà, e di quella stessa persona
trasformata per malattia cronica, pazzia, corruttela di costumi ec. ec. ci
disinganna violentemente, e crudelmente: e la perdita dell'oggetto amato non è
risarcita neppur dall'immaginazione. Anzi neanche dalla disperazione, o dal
riposo sopra lo stesso eccesso del dolore, come nel caso di morte. Ma questa
perdita è tale, che il pensiero e il sentimento non vi si può adagiar sopra in
nessuna maniera.
480 Da ogni lato ella presenta
acerbissime punte. (8. Gen. 1821.).
[527,1] I fanciulli trovano il tutto nel nulla, gli uomini il
nulla nel tutto.
[646,1] Nessun secolo de' più barbari si è creduto mai
barbaro, anzi nessun secolo è stato mai, che non credesse di essere il fiore dei
secoli, e l'epoca più perfetta dello spirito umano e della società. Non ci
fidiamo dunque di noi stessi nel giudicare del tempo nostro, e non consideriamo
l'opinione presente, ma le cose, e quindi congetturiamo il giudizio della
posterità, se questa sarà tale da poter giudicarci rettamente. (12. Feb.
1821.).
[676,2] Non siamo dunque nati fuorchè per sentire, qual
felicità sarebbe stata se non fossimo nati? (18. Feb. 1821).
[703,2] Non possiamo nè contare tutti gli sventurati, nè
piãgerne[piangerne] uno solo
degnamente.
[829,1] La ingiuria eccita in tutti gli animi il desiderio di
vederla punita, {ma} negli alti il desiderio di
punirla. (20. Marzo 1821).
[975,2] Il sistema di Copernico insegnò ai filosofi l'uguaglianza dei globi che compongono
il sistema solare (uguaglianza non insegnata dalla natura, anzi all'opposto),
nel modo che la ragione e la natura insegnavano agli uomini ed a qualunque
vivente l'uguaglianza naturale degl'individui di una medesima specie. (22.
Aprile 1821.).
[1011,1] Il sentimento moderno è un misto di sensuale e di spirituale, di carne e
di spirito; è la santificazione della carne (laddove la religion Cristiana è la
santificazione dello spirito); e perciò siccome il senso non si può mai
escludere dal vivente, questa sensibilità che lo santifica e purifica, è riconosciuto pel più
valevole rimedio e preservativo contro di lui, e contro delle sue bassezze.
(4. Maggio 1821.).
[1044,2] La rimembranza del piacere, si può paragonare alla
speranza, e produce appresso a poco gli stessi effetti. Come la speranza, ella
piace più del piacere; è assai più dolce il ricordarsi del bene (non mai
provato, ma che in lontananza sembra di aver provato) che il goderne, come è più
dolce lo sperarlo, perchè in lontananza sembra di poterlo gustare. La lontananza
giova egualmente all'uomo nell'una e nell'altra situazione; e si può conchiudere
che il peggior tempo della vita è quello del piacere, o del godimento.
(13. Maggio 1821.).
[1175,1] Quanto più cresce il mondo rispetto all'individuo,
tanto più l'individuo impiccolisce. I nostri antichi, conoscendo pochissima
parte di mondo,
1176 ed essendo in relazione con molto
più piccola parte, e bene spesso colla sola loro patria, erano grandissimi. Noi
conoscendo tutto il mondo, ed essendo in relazione con tutto il mondo, siamo
piccolissimi. Applicate questo pensiero ai diversissimi aspetti sotto i quali si
verifica che essendo cresciuto il mondo, l'individuo s'è impiccolito sì
fisicamente che moralmente; e vedrete esser vero in tutti i sensi che l'uomo
{e le sue facoltà} impiccoliscono a misura che il
mondo cresce in riguardo loro. (16. Giugno 1821.).
[1328,1] L'azione viva e straordinaria, è sempre, o bene
spesso, cagione d'allegria, purchè non abbatta il corpo. (15. Luglio
1821.).
[1521,2] Il passato, a ricordarsene, è più bello del
presente, come il futuro a immaginarlo.
1522 Perchè?
Perchè il solo presente ha la sua vera forma nella concezione umana; è la sola
immagine del vero: e tutto il vero è brutto. (18. Agos. 1821.).
[1715,1] Le illusioni non possono esser condannate,
spregiate, perseguitate se non dagl'illusi, e da coloro che credono che questo
mondo sia {o possa essere} veramente qualcosa, e
qualcosa di bello. Illusione capitalissima: e quindi il mezzo filosofo combatte
le illusioni perchè appunto è illuso, il vero filosofo le ama {e predica,} perchè non è illuso: e il combattere le
illusioni in genere è il più certo segno d'imperfettissimo e insufficientissimo
sapere, e di notabile illusione. (16. Sett. 1821.).
[1970,2] Gli spiriti mediocri sono sempre facilmente
persuadibili {+a credere o a fare,}
e in qualunque modo riducibili all'uomo di talento, o al furbo, o a chi per
qualsivoglia circostanza ha, o sa prendere su di loro un certo ascendente.
L'ostinazione è propria degli spiriti piccoli e dei grandi, o degli spiriti più
o meno inferiori o superiori alla mediocrità, ma di quelli più che di questi.
{+Lo stesso dico in ordine alla
suscettibilità di esser consolati. Se non che gli spiriti grandi ne sono
meno suscettibili dei piccoli, perchè il vero, ch'essi ben intendono, non è
mai consolante, e perchè il consolatore non li può facilmente ingannare,
ch'è l'unico modo di consolare.}
(22. Ott. 1821.).
[2607,1] Così tosto come il bambino è nato, convien che la
madre che in quel punto lo mette al mondo, lo consoli, {accheti il suo pianto,} e gli
alleggerisca il peso di quell'esistenza che gli dà. E l'uno de' principali
uffizi de' buoni genitori nella fanciullezza e nella prima gioventù de' loro
figliuoli, si è quello di consolarli, {d'incoraggiarli alla vita;} perciocchè i
dolori e i mali e le passioni riescono in quell'età molto più gravi, che non a
quelli che per lunga esperienza, o solamente per esser più lungo tempo vissuti,
sono assuefatti a patire. E in verità conviene che il buon padre e la buona
madre studiandosi di racconsolare i loro figliuoli, emendino alla meglio, ed
alleggeriscano il danno che loro hanno fatto col procrearli. Per Dio! perchè
dunque nasce l'uomo? e perchè genera? per poi racconsolar quelli che ha generati
del medesimo essere stati generati? (13. Agosto 1822.).
[2686,1]
En
Europe le travail des mains déshonore. On
l'appelle travail méchanique. Celui même de labourer la terre y est le
plus méprisé de tous. Un artisan y est bien plus estimé qu'un
paysan.
*
loc. cit. pag. 136. Tutto l'opposto era fra gli
antichi, appresso i quali gli agricoltori e l'agricoltura erano in onore, e
l'arti manuali o meccaniche (αἱ βαναυσικαὶ τεχναί) e i professori delle medesime
erano infami. Vedi Cic.
de Offic. l. 1. e l'Economico di Senofonte, e quello attribuito già ad
Aristotele. (14.
Aprile 1823.).
[2803,1] Altro è il timore altro il terrore. Questa è {passione} molto più forte {e
viva} di quella, e molto più avvilitiva dell'animo e sospensiva
dell'uso della ragione, {+anzi quasi di
tutte le facoltà dell'animo, ed anche de' sensi del corpo.}
2804 Nondimeno la prima di queste passioni non cade
nell'uomo perfettamente coraggioso o savio, la seconda sì. Egli non teme {mai,} ma può sempre essere atterrito. Nessuno può
debitamente vantarsi di non poter essere spaventato. (21. Giugno
1823.).
[3029,1] La vita umana non fu mai più felice che quando fu
stimato poter esser bella e dolce anche la morte, nè mai gli uomini vissero più
volentieri che quando furono apparecchiati e desiderosi di morire per la patria
e per la gloria. (25. Luglio, dì di San Giacomo. 1823.).
[3040,1] L'uomo in cui concorressero grande {e colto} ingegno, e risolutezza, si può affermare
senz'alcun dubbio che farebbe {e otterrebbe} gran cose
nel mondo, e che certo non potrebbe restare oscuro, in qualunque condizione
l'avesse posto la fortuna della nascita. Ma l'abito della prudenza nel
deliberare esclude ordinariamente la facilità e prontezza del risolvere, ed
anche la fermezza nell'operare. Di qui è che gli uomini d'ingegno grande ed
esercitato sono per lo più, anzi quasi sempre prigionieri, per così dire,
dell'irresolutezza, {+difficili a
risolvere, timidi, sospesi, incerti, delicati, deboli nell'eseguire.}
Altrimenti essi dominerebbero il mondo, il quale, perchè la risolutezza per se
può sempre più che la prudenza sola, fu {ed è} e sarà
sempre in balia degli uomini mediocri. (26. Luglio, dì di S. Anna.
1823.).
[3432,1] Per molte cagioni, anche lievi, l'uomo si getta al
pericolo, anche della morte; di più sacrifica
3433
determinatamente se stesso, danari, robba, comodità, speranze ec. Ma ben pochi
si trovano che per cagioni anche gravi, anche per vive passioni, per amore
ardente ec. si sottopongano o sieno veramente capaci di sottoporsi a un dolore
corporale, anche non grande. S'incontra spesso e facilmente, a occhi veggenti e
volontariamente il pericolo della morte, e quegli stessi non son capaci
d'incontrar volontariamente e scientemente un dolor corporale certo. (15.
Sett. 1823.)
[3975,3] In Omero
tutto è vago, tutto è supremamente poetico nella maggior verità e proprietà e
nella maggior forza ed estensione del termine; incominciando dalla persona {{e storia}} sua, ch'è tutta involta e seppellita nel
mistero, oltre alla somma antichità e lontananza {+e diversità de' suoi tempi da' posteriori e
da[da'] nostri massimamente e sempre
maggiore di mano in mano.} (essendo esso il più antico, non solo
scrittore che ci rimanga, ma monumento dell'antichità profana; la più antica
parte dell'antichità superstite), che tanto contribuisce per se stessa a
favorire l'immaginazione. Omero stesso è
un'idea vaga e conseguentemente poetica. Tanto che si è anche dubitato e si
dubita ch'ei non sia stato mai altro veramente che un'idea. (12. Dec.
1823.). Il qual dubbio,
3976 stoltissimo
benchè d'uomini gravissimi, non lo ricordo se non per un segno di questo ch'io
dico. (12. Dec. 1823.).
[51,4] Intendo per innocente non uno incapace di peccare, ma di
peccare senza rimorso. {{V. p. 276.}}
[58,2] Non ci sarebbe tanto bisogno della viva voce del maestro
nelle scienze se i trattatisti avessero la mente più poetica. Pare ridicolo il
desiderare il poetico p. e. in un matematico; ma tant'è: senza una viva e forte
immaginazione non è possibile di mettersi nei piedi dello studente e preveder
tutte le difficoltà ch'egli avrà e i dubbi e le ignoranze ec. che pure è
necessarissimo e da nessuno si fa nè anche da' più chiari, che però non s'impara
mai pienamente una scienza difficile p. e. le matematiche dai soli libri.
[62,3] Nella gran battaglia dell'Isso, Dario collocò i soldati greci
mercenari nella fronte della battaglia, (Arriano l. 2. c. 8. sez. 9.
Curzio l. 3. c. 9. sez. 2.) Alessandro i suoi mercenari greci proprio
nella coda. (Arriano c. 9. sez. 5.) Curiosa e
notabilissima differenza e da pronosticare da questo solo l'esito della
battaglia. Perchè era chiaro che tutta la confidenza dei Persiani stava in quei
30m. greci, e pure eran greci anche i mercenari d'Alessandro
(Arriano c. 9. sez. 7.) ed egli li poneva alla coda. Quindi
è chiaro ch'egli confidava più nel resto che in questi, e quello che era il più
forte dell'esercito Persiano era il più debole del Macedone. E Dario si fidava
più del valore dei mercenari che di coloro che combattevano per la loro patria e
avea ragione: Alessandro avendo gli
stessi mercenari
63 sapeva che sarebbero stati più
valorosi gli altri che combattevano per l'onor loro e di lui e la vendetta della
patria ed avea somma ragione. E infatti la propria falange Macedone venuta alle
mani {{essa}} coi 30m. mercenari, combatterono ma furon
vinti. E però da questa sola diversità delle due ordinanze da cui si poteva
arguire l'infinita differenza fra gli animi de' due eserciti, era da
congetturare quello che avvenne.
[73,2] La cagione per cui il bene inaspettato e casuale, c'è
più grato dello sperato, è che questo patisce un confronto cioè quello del bene
immaginato prima, e perchè {il bene} immaginato è
maggiore a cento doppi del reale, perciò è necessario che sfiguri e paia quasi
un nulla. Al contrario dell'inaspettato che non perde nulla del {suo qualunque valore reale} per la forza del confronto
troppo disuguale.
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