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Caso. Scoperte, civilizzazione ec. dovute al caso.

Chance. Discoveries, civilization, etc. owed to chance.

830,1 1086,1 1570,1 1611,1 1737,2 2602,2 2606,1 2620 3661,1

[830,1]  Non solamente è ridicolo che si pretenda la perfettibilità dell'uomo, in quanto alla mente, o a quello che vi ha riguardo, come ho detto in altro pensiero pp. 371-73, ma anche in quanto ai comodi corporali. Paiono oggi così necessari quelli che sono in uso, che si crede quasi impossibile la vita umana, senza di questi, o certo molto più misera, e si stimano i ritrovamenti di tali comodità, tanti passi verso la perfezione e la felicità della nostra specie, massime di certe comodità che sebbene lontanissime dalla natura, contuttociò si stimano essenziali e indispensabili all'uomo. Ora io non domanderò a costoro come abbian fatto gli uomini a viver tanto tempo privi di cose indispensabili; come facciano oggi tanti popoli di selvaggi; parecchi ancora de' nostrali e sotto a' nostri occhi, tuttogiorno. {+(anzi ancora quegli stessi più che mai assuefatti a tali cose pretese indispensabili, quando per mille diversità di accidenti, si trovano in circostanza di mancarne, alle volte anche volontariamente).} {Osservate in questo proposito che essendo certo non potersi perfezionare il corpo dell'uomo, anzi deperire nella civiltà, e quindi non darsi perfettibilità dell'uomo in quanto al corpo, (la quale infatti niuno asserì nè asserirebbe), tuttavia si sostiene la sua perfettibilità infinita in quanto all'animo (quando intorno al corpo, volendo anche prendere per perfezioni quelle che oggi si credono tali, e in natura sono la maggior parte il contrario, certo però la perfettibilità sarebbe finitissima).} I quali tutti, in luogo di accorgersi della loro infelicità, hanno anzi creduto  831 e credono e si accorgono molto meno di essere infelici, di quello che noi facciamo a riguardo nostro: e molto meno lo erano e lo sono, sì per questa credenza, come anche indipendentemente. Non chiamerò in mio favore la setta cinica, e l'esempio e l'istituto loro, diretto a mostrare col fatto, di quanto poco, e di quante poche invenzioni e sottigliezze abbisogni la vita naturale dell'uomo. Non ripeterò che, siccome l'abitudine è una seconda natura, così noi crediamo primitivo quel bisogno che deriva dalla nostra corruzione. E che molti anzi infiniti bisogni nostri sono oggi reali, non solamente per l'assuefazione, la quale, com'è noto, dà o toglie la capacità di questo o di quello, e di astenersi da questo o da quello; ma anche senza essa per lo indebolimento ed alterazione formale delle generazioni umane, divenute oggidì bisognose di certi aiuti, soggette a certi inconvenienti, e quindi necessitose di certi rimedi, che non avevano alcun luogo nella umanità primitiva. Così la medicina, così l'uso di certi cibi, di vesti diversificate secondo le stagioni, di  832 preservativi contra il caldo, il freddo ec. di chirurgia ec. ec. Lascerò tutte queste cose e perchè sono state dette da altri, e perchè potrebbero deridermi come partigiano dell'uomo a quattro gambe. Solamente ripeterò quel ragionamento che ho usato nella materia della perfettibilità mentale. Dunque se tutto questo era necessario {o conveniente} alla perfezione e felicità dell'uomo, come mai la natura tanto accurata e finita maestra in tutto, glielo ha non solo lasciato ignorare, ma nascosto, quanto era in lei? Diranno che la natura avendo dato a un vivente le facoltà necessarie, ha lasciato a lui che con queste facoltà ritrovasse e si procacciasse il bisognevole, e che all'uomo ha lasciato più che al bruto, perchè a lui diede maggiori facoltà, e così proporzionatamente ha fatto secondo le maggiori o minori facoltà negli altri bruti. Altro è questo, altro è mettere una specie di viventi in una infinita distanza da quello che si suppone necessario al suo ben essere, e alla perfezione della sua esistenza. Altro è permettere {anzi volere e disporre} che infinito  833 numero, che moltissime generazioni di questi viventi restassero prive {o} affatto o in massima parte di cose necessarie alla loro perfezione. Altro è mettere nel mondo il detto vivente tutto nudo, tutto povero, tutto infelice e misero, col solo compenso di certe facoltà, per le quali, solamente dopo un gran numero di secoli, sarebbe arrivato a conseguire qualche parte del bisognevole a minorare l'infelicità di una vita il cui scopo non è assolutamente altro che la felicità. Altro è ordinare le cose in modo che gran parte di questa specie (come tanti selvaggi poco fa scoperti, o da scoprirsi) dovesse restare fino al tempo nostro, e chi sa fino a quando, appresso a poco nella stessa imperfezione e infelicità primitiva (il che si può applicare anche alla pretesa perfettibilità della mente e delle varie facoltà dell'uomo). E tutto ciò in una specie privilegiata, e che si suppone la prima nell'ordine di tutti gli esseri. Bel privilegio davvero, ch'è quello di veder tutti gli altri viventi conseguire immediatamente la loro relativa perfezione  834 e felicità, senza stenti, nè sbagli, ed essa intanto per conseguire la propria, stentare, tentare mille strade, sbagliare mille volte, e tornare indietro, e finalmente dovere aspettare lunghissimo ordine di secoli, per conseguire in parte il detto fine. Osserviamo quanti studi, quante invenzioni, quante ricerche, quanti viaggi per terra e per mare a remotissime parte[parti], e combattendo infiniti ostacoli, sì della fortuna, sì (ch'è più notabile) e massimamente della natura, per ridurci, quanto al corpo, nello stato presente, e proccurarci di quelle stesse cose che ora si stimano essenziali alla nostra vita. Osserviamo quante di queste, ancorchè già ritrovate, abbiano bisogno ancora dei medesimi travagli infiniti per esserci procacciate. Osserviamo quanto ancora ci manchi, {+quanto sia di scoperta recentissima o assolutamente, o in comparazione dell'antichità della specie umana;} quanto ogni giorno si ritrovi, e quanto si accrescano le cognizioni pretese utili alla vita, anche delle più essenziali (come in chirurgia, medicina ec.); quante cose si ritroveranno e verranno poi in uso, che a noi avranno mancato, e che i nostri  835 posteri giudicheranno tanto indispensabili, quanto noi giudichiamo quelle che abbiamo. Domando se tutta questa serie di difficilissimi mezzi conducenti al fine primario della natura ch'è la felicità {e perfezione} delle cose esistenti e il loro ben essere, e massime de' viventi, e de' primi tra' viventi, entravano nel sistema, nel disegno, nel piano della natura, nell'ordine delle cose, nella primordiale disposizione e calcolo relativamente alla specie umana. Domando se nel piano nell'ordine nel calcolo de' mezzi conducenti al fine essenziale e primario, ch'è la felicità e perfezione, mezzi per conseguenza necessari ancor essi, v'entrava anche il caso. Ora è noto quante scoperte delle più sostanziali in questo genere, e dell'uso il più quotidiano, e di effetti e applicazioni rilevantissime, non le debba l'uomo se non al puro e semplice caso. Dunque il puro e semplice caso entrava nel sistema primordiale della natura; dunque ella lo ha calcolato come mezzo necessario; dunque  836 ella ne ha fatto dipendere il fine essenziale e primario; dunque si è contentata che non accadendo il tale e tale altro caso, o non accadendo in quel tal modo ec. ec. o accadendo bensì quello ma non questo ec. la specie umana, la maggiore delle sue opere, restasse imperfetta e infelice, e priva del fine della sua esistenza, e similmente tutte quelle parti dell'ordine delle cose che dipendono o hanno stretta connessione colla specie umana.

[1086,1]  Della difficilissima invenzione di una lingua che avesse pure qualche forma sufficiente al discorso, e come questa debbe essere stata opera quasi interamente del caso, V. le Osservazioni ec. del Sulzer nella Scelta di Opusc. interessanti. Milano. 1775. Vol. 4. p. 90. - 100. (25. Maggio 1821.).

[1570,1]   1570 La nostra civiltà, che noi chiamiamo perfezione essenzialmente dovuta all'uomo, è manifestamente accidentale, sì nel modo con cui s'è conseguita, sì nella sua qualità. Quanto al modo, l'ho già mostrato altrove pp. 830-38. Quanto alla qualità, essendo l'uomo diversissimamente conformabile, e potendo modificarsi in milioni di guise dopo che s'è allontanato dalla condizione primitiva, egli non è tale qual è oggi, se non a caso, e in diverso caso, poteva esser diversissimo. E questo genere di pretesa perfezione a cui siam giunti o vicini, è una delle diecimila diversissime condizioni a cui potevamo ridurci, e che avremmo pur chiamate perfezioni. Consideriamo le storie, e le fonti del nostro stato presente, e vediamo quale infinita combinazione di cause e circostanze differentissime ci abbia voluto a divenir quali siamo. La mancanza delle quali cause o combinazioni ec. in altre parti del globo, fa che gli uomini o restino senza civiltà, e poco lontani dallo stato primitivo, o siano civili (cioè perfetti) in diversissimo modo, come i Chinesi. Dunque è manifesto che la nostra civiltà, che si crede essenzialmente appartenerci, non è stata  1571 opera della natura, non conseguenza necessaria e {primordialmente} preveduta delle disposizioni da lei prese circa la specie umana (e tale dovrebb'essere, s'ella fosse perfezione), ma del caso. In maniera che, per così dire, neppur la natura formando l'uomo, poteva indovinare, non dico ciò che fosse per divenire, ma come potesse e dovesse divenir perfetto, e in che cosa consistesse la sua perfezione, ch'è pur lo scopo e l'integrità di quell'esistenza ch'ella stessa gli dava e formava. Non sapeva dunque che cosa ella si formasse, giacchè gli esseri e {le cose tutte} non vanno considerate, nè si può giudicar di loro, e della loro qualità ec. se non se nello stato di perfezione. Or com'è possibile che la natura la quale ha fatto ogni cosa perfetta, (nè poteva altrimenti) non abbia nè assegnato verun genere di perfezione alla sua principal creatura, nè disposto le cose in modo che l'uomo dovesse necessariamente conseguire questa perfezione, cioè la pienezza e il vero modo del suo essere? e che gli abbia detto; la perfezione, cioè l'esistenza intera, l'esistenza che ti conviene, il modo in cui devi essere, la forma e la natura tua propria, te la darà  1572 il caso come, e quando, e se vorrà, e quanto vorrà, cioè in quel grado e in quei luoghi che vorrà, e quale vorrà? (27 Agos. 1821.).

[1611,1]  Nessun genere di animali o di cose, per essere qual deve, ebbe o ha bisogno che sorga un suo individuo fornito di singolari prerogative naturali o acquisite, che accada la tale scoperta importante, che {si} dieno le tali e tali infinite combinazioni ec. ec. La natura quando lo formò, fu ben certa ch'esso sarebbe qual doveva essere, e qual ella voleva. Ma il genere umano ha avuto ed ha bisogno di tutto ciò, per arrivare ad essere (così dicono) qual deve. Or dico io: perchè la perfezione cioè il vero modo di essere del solo genere umano fu abbandonato dalla natura al caso? È questo un privilegio, o un immenso svantaggio?  1612 Egli è certo che le facoltà del più privilegiato individuo umano, non bastano di gran lunga a condurlo a quella che si chiama perfezione. Dunque la natura non ha provveduto alla perfezione cioè al ben essere dell'uomo. - Ma egli è fatto per la società. - Neppur basta ch'egli si metta in questa società. Bisogna che questa duri una lunghissima serie di generazioni, e che si stenda fino a divenir quasi universale. Allora solo l'uomo, e l'individuo potrà avvicinarsi a quella perfezione alla quale ancora non siamo arrivati. È egli possibile che tutto ciò sia necessario al ben essere dell'uomo. E che la sua perfezione fosse posta dalla natura au bout di sì lunga e difficile carriera, che dopo seimila anni ancora non è compiuta? Oltre ch'ella, come risulta, dal sopraddetto, non poteva esser sicura che l'uomo vi arrivasse mai, essendo stata opera di circostanze non mai essenziali, tutti i pretesi progressi che si son fatti. (2. Sett. 1821.).

[1737,2]  Da che nacque l'invenzione del  1738 canocchiale che ha tanto influito sulla navigazione, sulla stessa filosofia metafisica, e quindi sulla civilizzazione? Dal caso. E l'invenzione della polvere che ha mutato faccia alla guerra, ed alle nazioni, e tanto contribuito a geometrizzare lo spirito del tempo, e distruggere le antiche illusioni, insieme col valore individuale ec. ec.? Dal caso. Chi sa che l'aereonautica non debba un giorno sommamente influire sullo stato degli uomini? E da che cosa ella deriva? Dal caso. E quelle scoperte infinite di numero, sorprendenti di qualità, che furono necessarie per ridurre l'uomo in quel medesimo imperfetto stato, in cui ce lo presenta la più remota memoria che ci sia giunta delle nazioni; scoperte che hanno avuto bisogno di lunghissimi secoli e per essere condotte a quella condizione ch'era necessaria per una società alquanto formata, e per essere poi perfezionate come lo sono oggidì; scoperte che oggi medesimo, dopo ch'elle son fatte da tanto tempo, dopo ch'elle sono perfezionate, dopo che la nostra mente vi s'è tanto abituata,  1739 lo spirito umano si smarrisce {cercando} come abbiano potuto mai esser concepite; le lingue, gli alfabeti, l'escavazione e fonditura de' metalli, la fabbrica de' mattoni, de' drappi d'ogni sorta, {la nautica e quindi il commercio de' popoli,} {+la coltura de' formenti, e delle viti, e la fabbrica del pane e vino, invenzioni che gli antichi attribuivano agli dei, che la scrittura pone dopo il diluvio, e che certo furono tardissime,} la stessa cocitura delle carni, dell'erbe, ec. ec. ec. tutte queste maravigliose e quasi spaventose invenzioni, da che cosa crediamo che abbiano avuto origine? Dal caso. Consideriamo tutte le difficili scoperte moderne, fatte pure in tempo dove la mente umana aveva tanti, ed immensi aiuti di più per inventare; e vedendo che tutte in un modo o nell'altro si debbono al caso, e nessuna o pochissime derivano da spontanea e deliberata applicazione della mente umana, nè dal calcolo delle conseguenze, e dal preciso progresso dei lumi; {+pochissime ancora da tentativi diretti, e sperienze appositamente istituite, benchè a tastoni e all'azzardo (come furono per necessità, si può dir, tutte quelle pochissime che fruttarono qualche insigne scoperta);} molto più dovremo creder lo stesso di tutte le scoperte antiche le più necessarie all'esistenza di una società formale. Se dunque porremo attenzione all'andamento delle cose, e alla storia dell'uomo, dovremo convenire che tutta quanta la sua civilizzazione è pura opera  1740 del caso. {+Il quale variando ne' diversi remoti paesi, o mancando, ha prodotto quindi diversi generi di civilizzazione (cioè perfezione), o l'assoluta mancanza di essa.} La perfezione del primo essere vivente doveva dunque essere dalla natura incaricata all'azzardo? (19. Sett. 1821.).

[2602,2]  Ho mostrato altrove pp. 835-36p. 837 pp. 1737-40 che quasi tutte le principali scoperte che servono alla vita civile sono state opera del caso, e tiratone le sue conseguenze. Voglio ora spiegare e confermar la cosa con un esempio. L'arte di fare il vetro, anzi l'idea di farlo, e la pura cognizione di poterlo fare (la qual arte è antichissima), è egli credibile che sia mai potuta venire  2603 all'uomo per via di ragionamento? Cavar dalle ceneri, e altre materie la cui specie esteriore è toto coelo distante dalle forme e qualità del vetro (v. l'Arte Vetraria d'Antonio Neri) un corpo traslucido, fusibile, configurabile a piacimento ec. ec. può mai essere stato a principio insegnato {da altro} che da uno o più semplicissimi e assolutissimi casi? Ora quanta parte abbia l'uso del vetro nell'uso della vita e delle comodità civili, com'esso appartenga al numero dei generi necessari, come abbia servito alle scienze, quante immense e infinite scoperte si sieno fatte in ogni genere per mezzo de' vetri ridotti a lenti ec. ec. ec., quanto debbano al vetro l'Astronomia, la Notomia, la Nautica (tanto giovata e promossa dalla scoperta dei satelliti di Giove {fatta col telescopio} ec.), tutte queste cose mi basta accennarle. Ma le accenno affinchè si veda che quando anche le successive scoperte, perfezionamenti ec. fatti, acquistati ec. intorno al vetro, o per mezzo del vetro ec. non sieno stati casuali ma pensati (sebbene l'invenzione dell'occhiale e del Cannocchiale si dice che fosse a caso): contuttociò si debbono  2604 tutti, esattamente parlando, riconoscere per casuali, essendo casuale la loro origine, cioè l'invenzione del vetro, senza la quale niente del sopraddetto avrebbe avuto luogo. E però tutta quella parte (non piccola) del sapere, dei comodi, della civiltà umana che ha dipendenza e principio ec. dall'invenzione del vetro, e che senza questa non si sarebbe conseguita, è realmente casuale, e per puro caso acquistata.

[2606,1]  Quello che ho detto del vetro, si dee dire di mille e mille altre importantissime invenzioni, che senza una benchè menoma notizia e traccia ec. che però il solo caso ha potuto somministrare, non si sarebbero mai potute fare, e però son tutte casuali, per applicate, accresciute, perfezionate che sieno state in seguito, e quando anche non si possano più riconoscere da quel che furono  2607 a principio, non si possa neanche investigare la loro prima origine e forma e natura, ec. ec. (10. Agosto. 1822.).

[2619,2]  Alla p. 1271. Io tengo per certissimo che l'invenzione dell'alfabeto sia stata una al mondo, voglio dir che la scrittura alfabetica non sia stata inventata in più luoghi (o al medesimo tempo o in diversi tempi) ma in un solo, e da  2620 questo sia passata la cognizione e l'uso della detta scrittura di mano in mano a tutte le nazioni che scrivono alfabeticamente. Non è presumibile che un'invenzione ch'è un miracolo dello spirito umano (o forse ha la sua origine dal caso come il più delle invenzioni strepitose) sia stata ripetuta da molti, cioè fatta di pianta da molti spiriti. E la storia conferma ciò ch'io dico. 1. Le nazioni che non hanno, o non hanno avuto commercio con alcun'altra, o con alcun'altra letterata, non hanno avuto o non hanno alfabeto. Cento altre nostre cognizioni mirabili si son trovate sussistenti presso questo o quel popolo nuovamente scoperto: l'alfabeto (primo mezzo di vera civilizzazione) non mai. Il Messico avea governo, {politica,} nobiltà, gerarchie, premi militari, anzi Ordini cavallereschi rimuneratorii del merito, calendario, {architettura, idraulica, cento belle arti manuali, navigazione, ec. ec.} ed anche storie e libri geroglifici, ma non alfabeto. La China ha inventato polvere, bussola, e fino la stampa; ha infiniti libri, ha prodotto un Confucio,  2621 ha letteratura, ha gran numero di letterati, fino a farne più classi distinte, con graduazioni, lauree, studi pubblici ec. ec. ma non ha alfabeto (benchè i libri cinesi si vendano tutto dì per le strade della China al minutissimo popolo, e anche ai fanciulli, e la professione del libraio sia delle più ordinarie e numerose). 2. Si sa espressamente per tradizione che gli alfabeti son passati da paese a paese. La grecia narra d'avere avuto il suo dalla fenicia; così ec. ec. ec. 3. Grandissima parte degli alfabeti dimostra l'unità dell'origine guardandone sottilmente o il materiale, o i nomi delle lettere (come quelli del greco paragonati agli ebraici ec. ec.). E questo, non ostante che le nazioni siano disparatissime, e niun commercio sia mai stato fra talune di esse, come tra gli ebrei e i latini {antichi} che ricevettero l'alfabeto (forse) dalla grecia, che l'ebbe dalla fenicia, che l'ebbe da' samaritani o viceversa ec. ec. e così l'alfabeto latino vien pure a ravvicinarsi sensibilmente all'  2622 ebraico. 4. Se alcuni alfabeti non dimostrano affatto alcuna somiglianza con verun altro, nè per figura nè per nomi ec. ciò non conclude in contrario. Ma vuol dire, o che l'antichità tolse loro, o agli alfabeti nostri ogni vestigio della loro primissima origine; o piuttosto che quelle tali nazioni ricevendo pur di fuori, come le altre, l'uso della scrittura alfabetica, o non adottarono però l'alfabeto straniero, o adottatolo lo vennero appoco perfezionando, cioè accomodando alla loro lingua, finchè lo mutarono affatto: o vero tutto in un tratto gliene sostituirono un altro nuovo e proprio loro, come fu dell'alfabeto armeno, sostituito al greco ch'era stato usato fino allora dalla nazione, la quale col mezzo di esso aveva imparato a scrivere, e conosciuto l'uso dell'alfabeto, del che v. p. 2012. (2. Sett. 1822.).

[3661,1]   3661 Non sarà alieno da questo proposito il prevenir chi volesse obbiettare che moltissimi degli usi invenzioni ec. che hanno cagionato la corruzione del genere umano, o vi hanno contribuito, o da essa son nate, e l'hanno accresciuta ec. si trovano esser comuni o a tutti o a moltissimi popoli, anche selvaggi, anche affatto divisi tra loro, e diversissimi ec. anche privi fino agli ultimi momenti d'ogni commercio col resto del mondo ec., o alla massima parte dei popoli ec. (com'è l'uso del fuoco); e da ciò volesse dedurre che tali usi, invenzioni ec. benchè dalla natura contrariate, pur dalla natura dell'uomo erano richieste, ed a lei convengono, ed essa presto o tardi immancabilmente le scuopre, le adotta ec. Rispondo che tutte le cose persuadono una essere stata la culla del genere umano, e da un solo principio esser derivate tutte le nazioni, e da un solo paese uscite, e ad una sola origine doversi tutte riferire. Certo per lunghissimo tempo ebbe tutto il genere umano stretta relazione insieme, stante la prossimità de' luoghi che esso, accrescendosi e dilatandosi, veniva di mano in mano  3662 occupando. Prima che alcuna parte dell'uman genere, o vogliamo dire alcun popolo, restasse così disgiunta dall'altre che niuna relazione avesse seco loro, era certamente già, non pur nata, ma notabilmente avanzata la corruzione del genere umano. Poichè, fra l'altre cose, questa medesima propagazione di esso genere, che le sue parti appoco appoco divise l'una dall'altra, non potè aver luogo senza ch'e' fosse già corrotto, come dico nel pensiero antecedente, e la navigazione molto meno, senza cui non pare che il genere umano si potesse tanto diffondere, sino a perdere ogni communicazione tra le sue parti. Da qualunque causa per tanto e in qualunque modo nascesse e crescesse la corruzione e {lo} snaturamento di nostra specie, esso fu uno, e nacque e crebbe (fino a un notabil segno) in tutto il genere umano ad un tempo, siccome tutto il genere umano fu per immenso corso di secoli, una nazione sola, benchè sempre crescente. Dico dunque che questa corruzione è un fatto solo, e non più, tanto che dalla moltiplicità de' fatti conformi, si possa raccogliere ch'  3663 essa corruzione era naturale e inevitabile. Dico che tutte le dette invenzioni, usanze ec. che si trovano esser comuni a tutti o alla più parte de' popoli, ebbero una origine sola, (o il caso, o qualunque altra ch'ella si fosse); che una sola volta furono dagli uomini superate le immense difficoltà che la natura a tali invenzioni ec. opponeva; ch'elle si propagarono insieme coll'uman genere; che i più selvaggi popoli che fino al dì d'oggi si trovino nelle più remote isole e più divise da ogni commercio, erano, quando in esse si recarono, già notabilmente corrotti, e portarono seco le dette invenzioni ec. che lor sono comuni con tutti gli altri popoli, perchè tutti gli altri ancora dalla medesima fonte derivarono, e dal medesimo luogo e nazione ebbero quei tali usi e cognizioni ec., e non perchè queste nascessero tante volte quanti sono {e furono} i popoli della terra che le posseggono e possederono. Se l'uso del fuoco è comune a tutti i popoli, io dico che la sua origine fu sola una. Se la navigazione è comune {anche} a moltissimi selvaggi e barbari che da tempo immemorabile fino agli ultimi secoli  3664 o fino agli ultimi anni, non ebbero relazione alcuna coi popoli civili, o niuna per ancora ne hanno; io dico che la navigazione fu scoperta una volta sola, e che di questa scoperta tutti i popoli che navigano ne profittarono, e che da essa derivano non meno le canoe fatte di un sol tronco scavato, e mosse con un ramo d'albero per remo, che i bastimenti i più artifiziati e le barche a vapore. E certo quei popoli non sarebbero, {cioè} non abiterebbero in quei paesi, e non sarebbero disgiunti dagli altri popoli, se prima di divenir tali, essi non avessero conosciuta la navigazione, col cui mezzo si allontanarono dagli altri. Dunque s'ei la conobbero prima di separarsi dalla nazione ond'essi derivano, questa nazione la conosceva. Dunque se questa la conosceva, anche quella ond'essa venne. Dunque così di mano in mano si giungerà fino a quella nazione, onde tutte provennero, cioè al genere umano ancora indiviso, e formante per anche una sola nazione. Così discorrasi di tutte quell'altre scoperte {ec.} ch'essendo maravigliosissime e parendo quasi impossibili, pur si  3665 trovano esser comuni a tutti o quasi tutti i popoli, ancorchè incolti, remotissimi, disgiuntissimi ec. (Giacchè dell'altre che son facili, e poco contrariate dalla natura ec. non è necessario il suppor lo stesso, non è maraviglia se ciascun popolo, ancorchè rozzo, potè trovarle, se il caso che le mostrò, essendo facile e proclive ad accadere, ebbe luogo molte volte e in molti luoghi ec. più presto qua e là più tardi, ma pur dappertutto, in tanto spazio di tempo quanto è ch'esistono quei popoli; e niuno argomento se ne può trarre a provare ch'elle sieno naturali, per la moltiplicità delle loro origini; perocchè de' popoli bastantemente corrotti, era ben naturale che tutti, presto o tardi, le trovassero ugualmente; oltre che tali scoperte ec. facili e proclivi non sono mai causa di gran corruzione, nè molta ne richieggono, nè molto si oppongono alla natura, nè molto contribuirono a snaturare la nostra vita e la nostra specie).