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Dialetti latini.

Latin dialects.

1020,1 1476,1 2120,1 2201 2649,1 2654,1 3372,2

[1020,1]  Alla p. 1013. {fine}. Si potrebbe dire che anche la lingua greca pativa lo stesso inconveniente, e ancor peggio, stante la moltiplicità de' suoi dialetti. Ma ne' dialetti era divisa anche la lingua latina, come tutte le lingue, massimamente molto estese e divulgate, {+e molto più, diffuse, come la latina, fra tanta diversità di nazioni e di lingue.} Il che apparisce non tanto dalla Patavinità rimproverata a Livio, (dalla quale sebbene altri lo difendono, pure apparisce che questa differenza di linguaggio, {o dialetto,} se non in lui, certo però esisteva); non tanto dalle diverse maniere {e idiotismi} degli scrittori latini di diverse nazioni e parti, (v. Fabric.  1021 B. G. l. 5. c. 1. §. 17. t. 5. p. 67. edit. vet. e il S. Ireneo del Massuet); {+le quali si possono anche inferire dalle diverse lingue nate dalla latina ne' diversi paesi, ed ancora viventi (che dimostrano una differenza d'inflessioni, di costrutti, di locuzioni ec. che se anticamente non fu tanta quanta oggidì, certo però è verisimile che fosse qualche cosa, e che appoco appoco sia cresciuta, derivando dalla differenza antica)} quanto da questo, che è nella natura degli uomini che una perfetta conformità di favella non {sussista mai} se non {fra} piccolissimo numero di persone. (v. p. 932. fine) Così che io non dubito che la lingua latina non fosse realmente distinta in più e più dialetti, come la greca, sebbene meno noti, e meno legittimati, e riconosciuti dagli scrittori, e applicati alla letteratura. {V. qui sotto.}

[1476,1]  Quelle proprietà poi, o parole ec. ec. che non appartengono se non a questa o quella delle tre lingue, e che non si ponno riferire ad alcuna origine conosciuta, ponno esser vestigi delle antiche lingue nazionali estinte poi dalla latina. Ma ciò più difficilmente potrà supporsi in quanto appartiene alla lingua italiana ec. E in ogni modo queste tali proprietà, parole ec. se anche derivano dall'antiche lingue anteriori all'uso della latina ne' diversi paesi ec., non ponno essersi conservate se non passando pel volgare latino, il quale ebbe pur certo i suoi idiotismi provinciali, com'è noto, e come ho detto altrove pp. 1020-21 parlando dei dialetti latini. (9. Agos. 1821.).

[2120,1]  Alla p. 2059. Viceversa, dacchè le circostanze politiche {e sociali} dell'imperio romano erano quali ho detto, da che la capitale era così immensa, dacchè Roma il vero centro, la vera immagine e tipo della nazione e dell'impero, e da che questo e quella erano realmente contenuti in Roma, come la Francia in Parigi, non poteva accadere se non come accadde, cioè che l'unica lingua latina, o dialetto riconosciuto, letterato ec. fosse il Romano, come in Francia il Parigino, e che la lingua, letteratura, costume, spirito, gusto della capitale, determinasse quello dell'impero, e massime dell'italia, come fa Parigi  2121 in Francia. Gli scrittori latini per forestieri che fossero, in Roma si allevavano, e conversavano lungo tempo, e quivi insomma imparavano a scriver latino. Quelli che non vivevano in Roma, o che poco vi dimorarono, si allontanarono spessissimo dalla proprietà latina, che non era se non Romana, scrissero in dialetto più o meno diverso dal Romano, e oggi si chiamano barbari. Ciò non fu, si può dire, se non se nei bassi tempi, cioè specialmente dopo Costantino, quando Roma scemata di potenza e d'autorità ec. non fu più il centro o l'immagine dell'impero. La degenerazione della lingua latina che allora accadde si attribuisce ai tempi, ma si deve anche attribuire ai luoghi, cioè alle circostanze che tolsero alla lingua latina l'unità, togliendole il suo centro e modello ch'era roma, e dividendola in dialetti, e di romana facendola latina, e introducendo nella letteratura latina,  2122 voci, forme, linguaggi non Romani. (18. Nov. 1821.). {{V. qui sotto immediatamente.}}

[2201,2]  2. Nello Spagnuolo querer che sebbene con diverso significato (per la lontananza de' tempi, e la varietà de' dialetti in che si divise il latino nel propagarsi) è però il puro e pretto quaerere, voi trovate appunto il participio querido, cioè quaeritus. Notate che vi troverete ancora da quisè (cioè quaesivi, o quęsii) il participio anomalo quisto (quisto bien o mal) cioè quęstus, cioè quaesitus, giacchè sebbene non si trova quęstus participio, si trova però quęstus us verbale, (e v. p. 2146.) e quaestor, e quaestura ec. tutte pure contrazioni  2202 di quęsitus us, quaesitor, quaesitura ec. voci che parimente si dicono. {Hanno anche gli spagnuoli da quisto, malquisto (come da querido, malquerido) cioè malvoluto, e quindi malquistar (male quaesitare) cioè rendere odioso, (Solìs,) significato figurato e metaforico, o almeno non primitivo.}

[2649,1]   2649 Sopra i dialetti della lingua latina. Estratto da un articolo: Del Dialetto Veneto: Lettera di un Viaggiatore oltramontano (inglese), che sta nelle Effemeridi letterarie di Roma t. 2. p. 58-70. (Genn. 1821.) "L'antica lingua di questi popoli (Veneti) traspariva nel loro Latino, come è agevole di riconoscere dalle inscrizioni raccolte dal Maffei (1.): ed è probabile che gli originarj dialetti delle diverse nazioni che si stabilirono in Italia, sieno una rimota cagione della varietà de' linguaggi che vi si parlano presentemente. {#(1) Le lapidarie inscrizioni Latine ritrovate nelle città subalpine d'Italia ci fanno spesso consocere di quale provincial ne fossero gli autori. Così la lettera W che è uno de' segni più caratteristici dell'alfabeto oltramontano, si trova in quelle che appartengono alle Colonie Galliche."} * p. 58.

[2654,1]  Codicis * (Vatic. Cic. de Repub.) orthographia miris laborat varietatibus et inconstantia. Est enim id fatum latinae scripturae {ac} pronunciationis, quod grammaticorum tot pugnantia praecepta infinitaeque quaestiones demonstrant. Hinc merito Cassiodorius (1): (1. Inst. praef.) orthographia apud Graecos plerumque sine ambiguitate probatur expressa; inter Latinos vero sub ardua difficultate relicta monstratur; unde etiam modo studium magnum lectoris inquirit. * Exempli gratia, labdacismus * (for. lambdacismus, sed in emendd. nihil) proprius Afrorum fuit; sicut colloquium pro conloquium, teste Isidoro (2) (2. Orig. I. 32.) Quid porro? nonne ipsa latinitas, uti observabat Hieronymus (3), (3. Prol. lib. II. comm. ad Gal.) * (scil. ad ep. S. Paul. ad Galat.) et regionibus quotidie mutabatur et tempore? postea praesertim quam tanta barbarorum peregrinitas in imperium rom. infusa est, lingua autem generis quarti esse coepit, quod Isidorus(4)(4. Orig. IX. 1.) mixtum appellat. * Maius. M. Tulli Cic. de Re pub. quae supersunt  2655 edente Ang. Maio Vaticanae Bibliothecae praefecto. Romae in Collegio Urbano apud Burliaeum 1822. Praefat. cap. 13. p. XXXVII. (Roma. 16. Dic. 1822.).

[3372,2]  Dialetti della lingua latina. Vedi Cic. pro Archia poeta, c. 10. fine, dove parla de' poeti di Cordova pingue quiddam sonantibus atque peregrinum. * Non avevano certamente questi poeti scritto nella lingua indigena di Spagna, che i romani mai non intesero, siccome niun'altro[niun altro] idioma forestiero, eccetto il greco; ma in un latino che sentiva di Spagnolismo, come quel di Livio parve  3373 sapere di Patavinità. E le parole di Cic., chi ben le consideri anche in se stesse, non possono significare altro. Perocchè era fuor di luogo la nota di peregrino se si fosse trattato di una lingua forestiera, che non in parte, o per qualche qualità, ma tutta è peregrina; nè questo in lei sarebbe stato difetto, e volendolo considerar come tale, soverchiamente leggiera e sproporzionata sarebbe stata quella semplice espressione che la lingua e lo stile di quei poeti sapeva di forestiero. Oltrechè l'una e l'altro sarebbero stati barbari, e per le orecchie romane affatto strani, rozzi, insolenti, insopportabili, non così solamente macchiati d'un non so che di pingue e di peregrino. Era in Cordova introdotta già (siccome in altre parti della Spagna già soggiogate, perchè quella provincia non fu sottomessa che appoco appoco, e con grandissimo intervallo una parte dopo l'altra, e, come osserva Velleio, {Vell. II. 90. 2. 3. Flor. II. 17. 5. Liv. 28. 12.} fu di tutte la più renitente, e tra le romane conquiste la più lunga e difficile e per lungo tempo incertissima); era, dico, introdotta già in Cordova la lingua e la letteratura latina, siccome  3374 dimostra l'aver essa poi potuto produrre i Seneca e Lucano, l'esempio dello stile de' quali, può (quanto allo stile) servire pur troppo di copioso commento alle parole di Cicerone, che, s'io non m'inganno, della lingua non meno che dello stile si debbono intendere. (6. Settem. 1823.).