9. Agos. 1821.
[1475,1]
1475 Confrontando le lingue spagnuola francese e
italiana, si trovano molte proprietà principalissime ed essenziali, che sono
comuni a tutte tre. Or queste essendosi formate massime quanto al principale e
fondamentale, l'una indipendentemente dall'altra, è necessario il dire che le
dette proprietà derivino da un'origine comune, e questa non può esser che il
latino, e s'elle non si trovano nel latino scritto, dunque vengono dal volgare.
Nè si può dir che derivino dal latino corrotto de' bassi tempi, perchè, come ho
detto pp. 1031-37 , egli
si corruppe diversamente e indipendentemente secondo i luoghi ec. e le lingue
che nacquero dal latino nacquero separatamente, e quasi in diverse parti. Quindi
l'uso degli articoli e de' segnacasi, uniformi appresso a poco anche
materialmente nelle tre lingue; l'uso de' verbi ausiliari pure uniformi, cioè
essere e avere (eccetto
che lo spagnolo non adopra essere), si debbono
considerare come propri del volgare latino. Così l'uso del verbo finito colla
particella che (franc. e spagn. que) in vece dell'infinito ec. del qual costume
1476 si hanno indizi anche nel buon latino (cioè del quod ec.) e molto più frequenti nel barbaro. I greci
ebbero pur sempre lo stesso uso (ὅτι).
[1476,1] Quelle proprietà poi, o parole ec. ec. che non
appartengono se non a questa o quella delle tre lingue, e che non si ponno
riferire ad alcuna origine conosciuta, ponno esser vestigi delle antiche lingue
nazionali estinte poi dalla latina. Ma ciò più difficilmente potrà supporsi in
quanto appartiene alla lingua italiana ec. E in ogni modo queste tali proprietà,
parole ec. se anche derivano dall'antiche lingue anteriori all'uso della latina
ne' diversi paesi ec., non ponno essersi conservate se non passando pel volgare
latino, il quale ebbe pur certo i suoi idiotismi provinciali, com'è noto, e come
ho detto altrove [pp. 1020-21] parlando dei dialetti latini. (9.
Agos. 1821.).