[113,3] A colui che occupa una nuova provincia o per armi o
per trattato è molto più vantaggioso il suscitarci e il mantenerci due fazioni,
l'una favorevole e l'altra contraria al nuovo governo, di quello che averla
tutta ubbidiente e sottomessa e indifferente dell'animo. Perchè la prima fazione
essendo ordinariamente più forte della seconda, e perciò questa non potendo
nuocere, si cavano da ciò due vantaggi. L'uno d'indebolire i paesani e renderli
molto più incapaci di riunirsi insieme per intraprender nulla, di quello che se
tutti fossero indifferenti, il che poi viene a dire tacitamente malcontenti.
L'altro di avere un partito per se molto più energico e infervorato di quello
che se non esistesse un partito contrario, perchè i principi non dovendo
aspettarsi di essere amati nè favoriti dai sudditi per se stessi nè per ragione,
debbono cercare di esserlo per odio degli altri, e per passione. Giacchè il
contrasto eccita anche quei sentimenti che in altro caso appena si proverebbero,
e quello che non si farebbe mai per affetto proprio, si fa per l'opposizione
114 altrui, come i migliori cattolici sono quelli che
vivono in paese eretico, e così l'opposto, nè ci ebbe mai tanto ostinati e
infocati partigiani del papa come a tempo dei Ghibellini. V. Montesquieu l.
c. ch. 6. p. 68.
(5. Giugno 1820.) E neanche dai benefizi i principi possono
aspettar tanto quanto dallo spirito di parte e dal contrasto che rende l'affare
come proprio di colui che lo sostiene, laddove la gratitudine è un debito verso
altrui. E l'esperienza di tutti i secoli dimostra quanta gratitudine ispirino i
benefizi de' regnanti e dei grandi. E se bene gli uomini hanno imparato a
regolare i capricci e le passioni loro, queste però naturalmente possono in loro
molto più dell'interesse. (5. Giugno 1820.).
[299,1] I principi non possono essere amati per altra passione
che per quella che consiste nell'amor di parte.
300
L'ambizione, l'avarizia ec. cadono sotto la categoria dell'interesse, consistono
nel freddo calcolo dell'egoismo, e perciò spettano alla ragione, tutto l'opposto
del fervido, irriflessivo e cieco impeto della passione. E chi sacrifica se
stesso al principe per ambizione, avarizia, o altre mire di propria utilità, non
si sacrifica veramente al principe ma a se stesso, e tanto quanto lo crede utile
a se stesso, e in caso diverso, abbandona la sua causa. Ma l'amor di parte
conduce a sacrificarsi furiosamente, e senza riserva nè condizione nè ritegno nè
calcolo veruno, all'oggetto di questo amore, e così la passione primieramente è
più forte della ragione e dell'interesse, e conduce ad affrontare molto maggiori
ostacoli e pericoli; in secondo luogo non è soggetta a cambiar di strada secondo
le circostanze, come l'interesse che da una causa porta a difenderne un'altra,
secondo che meglio torna. I principi dunque non potendo esser favoriti dai
sudditi per altra passione che per la sopraddetta, e l'interesse non essendo nè
così forte, nè molto meno così costante, la ragione poi essendo inoperosissima
(giacchè vediamo tutto giorno che quella parte
301 dei
sudditi la quale ama o favorisce il suo governo per mera persuasione, come anche
quella che lo odia nello stesso modo, è la parte più immobile e più passiva del
popolo) debbono fomentare l'amor di parte. E siccome questo non è attivo anzi
non esiste, se non v'è parte contraria, perciò, quantunque sembri un paradosso,
si può affermare che giova al principe il dar luogo a una fazione contraria alla
sua, quando esista la favorevole, e sia più forte com'è il più naturale e
ordinario. Questa fu la pratica dei romani la quale riuscì loro così bene come
nessuno ignora. E i realisti di francia, e le provincie o
città realiste non sarebbero così ardenti sostenitori del re, se non avessero lo
spirito di parte, e se non esistesse un partito contrario considerabile, il
quale non è più forte, ma se fosse, l'affare sarebbe fuor del caso. E cento
altri esempi e prove simili può fornire la storia antica e moderna e presente.
Quello dunque che ho detto p. 113.
de' conquistatori, si può estendere a tutti i principi e governi (27.
8.bre 1820.)
{{massime monarchici, oligarchici, aristocratici ec. perchè
nelle repubbliche
302 il caso è alquanto diverso, e
le fazioni sono utili per altre ragioni, ma non però che anche questa non si
possa applicare ad esse pure.}}
{{V. p. 1242.}}
[872,1] L'amor proprio dell'uomo, e di qualunque individuo di
qualunque specie, è un amore di preferenza. Cioè l'individuo amandosi
naturalmente quanto può amarsi, si preferisce dunque agli altri, dunque cerca di
soverchiarli in quanto può, dunque effettivamente l'individuo odia l'altro
individuo, e l'odio degli altri è una conseguenza necessaria ed immediata
dell'amore di se stesso, il quale essendo innato, anche l'odio degli altri viene
ad essere innato in ogni vivente. {{V. p. 926. capoverso 1.}}
[1606,1] L'anima de' partiti è l'odio. Religione, partiti
politici, scolastici, letterarii, patriotismo, ordini, tutto cade, tutto langue,
manca di attività, e di amore e cura di se stesso, tutto alla fine si scioglie e
distrugge, o non sopravvive se non di nome, quando non è animato dall'odio, o
quando questo per qualunque ragione l'abbandona. La mancanza di nemici distrugge
i partiti, e per partiti intendo pur le nazioni ec. ec. (2. Sett.
1821.).
[2156,1] Tutto è animato dal contrasto, e langue senza di
esso. Ho detto altrove p. 1606 della religione, de' partiti
politici, dell'amor nazionale ec. tutti affetti inattivi e deboli, se non vi
sono nemici. Ma la virtù, o l'entusiasmo della virtù (e che cosa è la virtù
senza entusiasmo? e come può essere virtuoso chi non è capace di entusiasmo?)
esisterebbe egli, se non esistesse il vizio? Egli è certissimo che
2157 il giovane del miglior naturale, e il meglio
educato, il quale ne' principii dell'età alquanto sensibile e pensante, e prima
di conoscere il mondo per esperienza, suol essere entusiasta della virtù, non
proverebbe quell'amor vivo de' suoi doveri, quella forte risoluzione di
sacrificar tutto ai medesimi, quell'affezione sensibile alle buone, nobili,
generose inclinazioni ed azioni, se non sapesse che vi sono molti che pensano e
adoprano diversamente, e che il mondo è pieno di vizi e di viltà, sebbene egli
non lo creda così pieno com'egli è, e come poi lo sperimenta. (24. Nov. dì
di S. Flaviano. 1821.).
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