Fortuna.
Fortune.
Giuochi della fortuna.
Games of chance.
455,2Ragione psicologica dell'idea della Fortuna, e de' lamenti ed odio verso di lei.
Psychological reason behind the notion of Fortune and behind the complaints and hatred against it.
Vedi Natura e fortuna. See Nature and fortune. 4070,1[455,2]
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Tityrus et segetes, Aeneiaque arma legentur
Roma triumphati dum caput orbis erit.
Ovid.
Amorum l. 1.
Fortunati ambo! si quid mea carmina possunt,
Nulla dies umquam memori vos eximet aevo:
456
Dum domus Aeneae
Capitoli immobile saxum
Adcolet, imperiumque pater Romanus habebit.
Virg.
Aen. IX. 446.
Usque ego postera
Crescam laude recens, dum Capitolium
Scandet cum tacita virgine pontifex.
Hor.
Carm. III. od. 30. v. 7.
[4070,1] Gli uomini governati in pubblico o in privato da
altri, e tanto più quanto il governo è più stretto, {(i
fanciulli, i giovani ec.)} accusano sempre, o tendono naturalmente ad
accusare de' loro mali o della mancanza de' beni, delle noie e scontentezze
loro, quelli che li governano, anche in quelle cose nelle quali è evidentissima
l'innocenza di questi, e la impossibilità o d'impedire o rimediare a quei mali o
di proccurar quei beni, e la totale indipendenza e irrelazione di queste cose
con loro. La cagione è che l'uomo essendo sempre infelice, naturalmente tende ad
incolparne altresì sempre non la natura delle cose e degli uomini, molto meno ad
astenersi dall'incolpare alcuno, ma ad incolpar sempre qualche persona o cosa
particolare in cui possa sfogar l'amarezza che gli cagionano i suoi mali, e che
egli possa per cagione di questi fare oggetto e di odio e di querele, le quali
sarebbero assai men dolci di quello che sono a chi soffre se non cadessero
contro alcuno riputato in colpa del suo soffrire. Questa naturale tendenza opera
poi che il misero si persuade anche effettivamente di quello che egli immagina,
e quasi desidera che sia vero. Da ciò è nato che egli ha immaginato i nomi e le
persone di fortuna, di fato, incolpati sì lungamente dei mali umani, e sì
sinceramente odiati dagli antichi infelici, e contro i quali anche oggi, in
mancanza d'altri
4071 oggetti, rivolgiamo seriamente
l'odio e le querele delle nostre sventure. Ma molto più dolce fu agli antichi ed
è a' moderni l'incolpare qualche cosa sensibile, e massime qualche altro uomo,
non solo per la maggior verisimiglianza, e quindi facilità di persuaderci della
sua colpa, che è quello che ci bisogna, ma più ancora perchè l'odio e le querele
sono più dolci quando si rivolgono sopra cose presenti che ne possano essere
testimoni, e sottoposte alla vendetta che noi con esso odio vano e con esse vane
querele intendiamo fare di loro. Massimamente poi è dolce l'odio e il lamento
quando è rivolto sui nostri simili, sì per altre cagioni, sì perchè la colpa non
può veramente appartenere se non a esseri intelligenti. Quelli che ci governano
sono {da noi facilmente} scelti a far questa persona di
rei de' nostri mali, {+che non hanno
altro reo manifesto o accusabile,} e a servir di {soggetto e} scopo della vana vendetta che ci è dolce fare de'
medesimi mali. Essi sono in fatti in tali casi i più adattati, e quelli di cui
ci possiamo dolere esteriormente e interiormente con più di verisimilitudine.
Quindi è che chi governa in pubblico o in privato è sempre oggetto d'odio e di
querele de' governati. Gli uomini sono
sempre scontenti perchè sono sempre infelici. Perciò sono scontenti del
loro stato, perciò medesimo di chi li governa. (Essi sentono e sanno bene di
essere infelici, di patire, di non godere, e in ciò non s'ingannano. Essi
pensano aver diritto di esser felici, di godere, di non patire, e in ciò ancora
non avrebbero il torto, se non fosse che in fatto questo che essi pretendono è,
non che altro, impossibile.)
4072 E come non si può
fare che gli uomini sieno mai felici, e però nè anche che sieno contenti, così
niun governante nè pubblico nè privato, qualunque amore abbia a' soggetti,
qualunque cura del loro bene, qualunque sollecitudine di scamparli o sollevarli
dai mali, qualunque merito insomma verso di loro, non può mai ragionevolmente
sperare che essi non l'odino e non lo querelino, anche i più savi, perchè è
natura nell'uomo il lagnarsi di qualcuno, quasi altrettanto che l'essere
infelice, e questo qualcuno è per l'ordinario e molto naturalmente quello che li
governa. Però circa il governare non v'ha pur troppo che due partiti veramente
savi, o astenersi dal governo, {+sia
pubblico sia privato,} o amministrarlo totalmente a vantaggio proprio
e non de' governati. (17. Aprile. 1824. Sabato Santo.).
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