Natura e Fortuna; provvidenza ed arte.
Nature and Fortune; providence and art.
542,2 1022,1 1329,3 1558,2[542,2] Della superiorità delle forze della natura, della
fortuna, {dello spontaneo,} dell'amor naturale e
fortuito (materia del pensiero
precedente), sopra quelle della ragione, della provvidenza (umana),
{dell'arte,} dell'amore ragionato e proccurato,
cose sempre deboli, e più eleganti (a tutto dire) che forti e potenti; è degno
di esser veduto un luogo insigne ed elegante di
543
Frontone
(Ad M.
Caes. l. 1. epist. 8. edizione principe. p. 58-61.) simile
in parte ad un altro nelle Lodi della Negligenza. (p. 371.).
(22. Gen. 1821.).
[1022,1] Quanto la natura abbia proccurata la varietà, e
l'uomo e l'arte l'uniformità, si può dedurre anche da quello che ho detto della
naturale, necessaria e infinita varietà delle lingue, p. 952. segg. Varietà maggiore di quello
che paia a prima vista, giacchè non solo produce p. e. al viaggiatore, una
continua novità rispetto alla sola lingua, ma anche rispetto agli uomini,
parendo diversissimi quelli che si esprimono diversamente; cosa favorevolissima
alla immaginazione, considerandosi quasi come esseri di diversa specie quelli
che non sono intesi da noi, nè c'intendono: perchè la lingua è una cosa somma,
principalissima, caratteristica degli uomini, sotto tutti i rapporti della vita
sociale. Per lo contrario, lasciando le altre cure degli uomini per uniformare,
stabilire, regolare ed estendere le diverse lingue; oggi, in tanto e così vivo
commercio di tutte, si può dir, le nazioni insieme, si è introdotta, ed è
divenuta necessaria, una lingua comune, cioè la francese; la quale
1023 stante il detto commercio, e l'andamento presente
della società, si può predire che non perderà più la sua universalità, nemmeno
cessando l'influenza o politica, o letteraria, o civile, o morale ec. della sua
nazione. E certo, se la stessa natura non lo impedisse, si otterrebbe appoco
appoco che tutto il mondo parlasse quotidianamente il francese, e l'imparasse il
fanciullo come lingua materna; e si verificherebbe il sogno di una lingua
strettamente universale. (8. Maggio 1821.).
[1329,3] Non è mai sgraziato un fanciullino che si vergogna,
e parlando arrossisce, e non sa stare nè operare nè discorrere in presenza
altrui. Bensì un giovane poco pratico del buon tratto, e desideroso di esserlo,
o di comparirlo. Non è mai sgraziata una pastorella che non sa levar gli occhi,
trovandosi fra persone nuove, nè ha la maniera di contenersi,
1330 di portarsi ec. Bensì una donna, egualmente o anche meno timida,
e più istruita, ma che volendo figurare, o essere come le altre in una
conversazione, non sappia esserlo o non abbia ancora imparato. Così lo sgraziato
non deriva mai dalla natura (anzi le dette qualità naturali, sono graziose
sempre ec. ec.), ma bensì frequentemente dall'arte, e questa non è mai fonte di
grazia nè di convenienza, se non quando ha ricondotto l'uomo alla natura, o
all'imitazione di essa, cio è[cioè] alla
disinvoltura, all'inaffettato, alla naturalezza ec. E l'andamento necessario
dell'arte, è quasi sempre questo. Farci disimparare quello che già sapevamo
senza fatica, e toglierci quelle qualità che possedevamo naturalmente. Poi con
grande stento, esercizio, tempo, tornarci a insegnare le stesse cose, e
restituirci le stesse qualità, o poco differenti. Giacchè quella modestia,
quella timidezza, quella vergogna naturale ec. si trova bene spesso in molti,
non più naturale, chè l'hanno perduta, ma artifiziale, chè mediante l'arte
appoco appoco e stentatamente l'hanno ricuperata. (15. Luglio
1821.).
[1558,2]
Discorre il Monti (Proposta ec. vol. 1. p. 227.) della separazione da farsi della natura bruta dalla
coltivata.
*
Vedilo. Egli antepone, come si può
{ben} credere, questa a quella. È verissimo. L'arte
emenda, abbellisce, ec. ec. non poche volte la natura. La natura non tocca
dall'arte, spessissimo è intollerabile, dannosa, schifosa
*
(come dice il Monti). Ma come tutto ciò? forse assolutamente? non già; ma
relativamente all'uomo. Or tutto ciò che vuol dire? che la natura ha errato?
ch'ell'è imperfetta nelle sue opere? Così la pensano coloro a' quali par molto
più assurdo che l'uomo non faccia tutto bene, di quello che la natura abbia
1559 fatto ogni cosa male, e sbagliato a ogni tratto, e
vada sempre mendicando l'opera e il soccorso delle sue proprie creature. Ma io
dico. Quelle cose che senza un'infinita arte dell'uomo, non gli giovano, non gli
piacciono, o gli nocciono, o fanno nausea ec. non erano e non son fatte per
l'uomo. Il mondo non è tutto fatto per l'uomo. Quelle cose che eran fatte per
lui, o dovevano aver relazione con lui, ed avercela in quel tal modo, la natura
le ha ordinate con tutta la possibile perfezione al suo bene. Così ha fatto per
tutte le altre cose, il cui bene non sempre si accorda con quello dell'uomo.
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